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Fideiussioni omnibus: clausole anticoncorrenziali e prova dell’intesa illecita nel giudizio stand alone
In un giudizio c.d. stand alone, l’attore è chiamato a dar prova di tutti i fatti costitutivi della domanda e...

In un giudizio c.d. stand alone, l’attore è chiamato a dar prova di tutti i fatti costitutivi della domanda e non può, invece, giovarsi – come nelle cc.dd. “follow on actions” – dell’accertamento dell’intesa illecita, contenuto in un provvedimento dell’autorità amministrativa competente a vigilare sulla conservazione dell’assetto concorrenziale del mercato, in quanto un simile accertamento o manca del tutto o c’è, ma riguarda un periodo diverso da quello in cui si colloca la specifica vicenda negoziale, che avrebbe leso la sfera giuridica dell’attore, onerando di conseguenza quest’ultimo dell’allegazione e della dimostrazione di tutti gli elementi della fattispecie, tra i quali l’esistenza della stessa intesa illecita.

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Il risarcimento del danno nell’ambito di intese restrittive della concorrenza
In materia antitrust è indispensabile che la vittima dell’illecito sia in condizione di conoscere l’identità dell’autore della violazione per poter...

In materia antitrust è indispensabile che la vittima dell’illecito sia in condizione di conoscere l’identità dell’autore della violazione per poter proporre un’azione di risarcimento del danno; pertanto, in caso di intese, la decorrenza del termine di prescrizione quinquennale va individuato nella data in cui il provvedimento sanzionatorio della Commissione europea è pubblicato.

In relazione al disposto di cui all’art. 16 Reg. UE 1/03, il giudice nazionale nel pronunciarsi su accordi, decisioni e pratiche ai sensi dell'articolo 101 TFUE già oggetto di una decisione della Commissione europea, non può prendere decisioni che siano in contrasto con la decisione adottata dalla Commissione. Di conseguenza tali accertamenti risultano per il giudice nazionale vincolanti rispetto all’accertamento dell’esistenza degli accordi illeciti valutati e definiti nella Decisione in esame tra i soggetti sopposti a sanzione.

Il consulente nominato dall'ufficio può sempre avvalersi dell'opera di esperti specialisti, al fine di acquisire, mediante gli opportuni e necessari sussidi tecnici, tutti gli elementi di giudizio, senza che sia necessaria una preventiva autorizzazione del giudice, né una nomina formale, purché egli assuma la responsabilità morale e scientifica dell'accertamento e delle conclusioni assunte dal collaboratore.

Ai fini della responsabilità solidale di cui all'art. 2055, comma 1, c.c., è richiesto solo che il fatto dannoso sia imputabile a più persone, ancorché le condotte lesive siano fra loro autonome - e pure se diversi siano i titoli di responsabilità, contrattuale ed extracontrattuale -in quanto la norma considera essenzialmente l'unicità del fatto dannoso, e riferisce tale unicità unicamente al danneggiato, senza intenderla come identità delle norme giuridiche violate. La fattispecie di responsabilità implica che sia accertato il nesso di causalità tra le condotte caso per caso, in modo da potersi escludere se a uno degli antecedenti causali possa essere riconosciuta efficienza determinante e assorbente tale da escludere il nesso tra l'evento dannoso e gli altri fatti, ridotti al semplice rango di occasioni (così da ultimo Cass. SS.UU. 13143/22).

La mera allegazione dei possibili teorici elementi che potrebbero influire sulla sussistenza dell’effetto di traslazione a valle del sovrapprezzo non può determinare per se stessa la prova in concreto dell’esistenza del fenomeno stesso nella fattispecie indagata, posto che ciò determinerebbe in radice l’impossibilità di conseguire il risarcimento di qualsiasi danno e dunque ostacolerebbe indebitamente il corretto sviluppo del private enforcement come elemento concorrente ed integrativo dell’intervento sanzionatorio degli organismi comunitari e nazionali di tutela della concorrenza.

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Contratto autonomo di garanzia e intesa concorrenziale
L’inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento a prima richiesta e senza eccezioni vale di per...

L’inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento a prima richiesta e senza eccezioni vale di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia. Ciononostante, in materia di contratto autonomo di garanzia, la previsione, nel testo contrattuale, della clausola “a prima richiesta e senza eccezioni” fa presumere l’assenza dell’accessorietà, la quale, tuttavia, può derivarsi, in difetto, anche dal tenore dell’accordo, e in particolare dalla presenza di una clausola che fissa al garante il ristretto termine di trenta giorni per provvedere al pagamento dietro richiesta del creditore, insufficiente per l’effettiva opposizione delle eccezioni, e dalla esclusione, al contempo, della possibilità per il debitore principale di eccepire alcunché al garante in merito al pagamento stesso.

Al contratto autonomo di garanzia, in difetto di diversa previsione da parte dei contraenti, non si applica la norma di cui all’art. 1957 c.c. sull’onere del creditore garantito di far valere tempestivamente le sue ragioni di credito nei confronti del debitore principale, poiché tale disposizione, collegata al carattere accessorio dell’obbligazione fideiussoria, instaura un collegamento necessario e ineludibile tra la scadenza dell’obbligazione di garanzia e quella dell’obbligazione principale e, come tale, rientra tra quelle su cui si fonda l’accessorietà del vincolo fideiussorio, per ciò solo inapplicabile a una obbligazione di garanzia autonoma.

Il provvedimento n. 55/2005 della Banca d’Italia si riferisce solo alla fattispecie delle fideiussioni omnibus.

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Fideiussioni omnibus: la prova privilegiata dell’intesa restrittiva della concorrenza
La produzione in giudizio del provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 2 maggio 2005 costituisce idonea prova dell’esistenza dell’intesa...

La produzione in giudizio del provvedimento della Banca d'Italia n. 55 del 2 maggio 2005 costituisce idonea prova dell'esistenza dell'intesa restrittiva della concorrenza invocata a fondamento dell'invalidità degli atti negoziali in relazione alla fideiussione omnibus sottoscritta all'interno del perimetro temporale oggetto dell'accertamento della Banca d'Italia (2003-2005). Infatti l'accertamento compiuto dall'autorità amministrativa, con specifico riferimento a uno schema contrattuale elaborato per quella determinata tipologia di operazioni, ha efficacia di prova privilegiata nell'azione di nullità ex art. 33 della legge n. 287 del 1990, trattandosi di documentazione che, raccogliendo gli esiti di un'esaustiva istruttoria avente carattere definitivo, assume valore intrinseco di fonte probatoria privilegiata dell'illecito antritrust.

L'art. 1957 c.c., nell'imporre al creditore di proporre la sua istanza contro il debitore entro sei mesi dalla scadenza per l'adempimento dell'obbligazione garantita dal fideiussore, a pena di decadenza dal suo diritto verso quest'ultimo, tende a far sì che il creditore stesso prenda sollecite e serie iniziative contro il debitore principale per recuperare il proprio credito, in modo che la posizione del garante non resti indefinitamente sospesa; pertanto, il termine "istanza" si riferisce ai vari mezzi di tutela giurisdizionale del diritto di credito, in via di cognizione o di esecuzione, che possano ritenersi esperibili al fine di conseguire il pagamento, indipendentemente dal loro esito e dalla loro idoneità a sortire il risultato sperato.

La fideiussione specifica si pone al di fuori del perimetro dell’accertamento condotto dalla Banca d’Italia, cui è seguita la pubblicazione del provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005; pertanto, l’azione volta ad accertarne la nullità si configura quale azione stand alone. Tale inquadramento dell’azione comporta l’onere per parte attrice di allegazione e di dimostrazione di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie, tra i quali rientra quello della perdurante esistenza, all’epoca della sottoscrizione del contratto, dell’intesa illecita, pur essendo tale onere probatorio attenuato nel giudizio antitrust in considerazione della frequente asimmetria informativa esistente tra il soggetto che subisce l’illecito e l’autore dello stesso.

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La prova dell’intesa illecita nel giudizio stand alone
Nel giudizio c.d. stand alone l’attore, chiamato a dar prova dei fatti costitutivi della domanda, non può giovarsi – come...

Nel giudizio c.d. stand alone l’attore, chiamato a dar prova dei fatti costitutivi della domanda, non può giovarsi – come nella c.d. follow on action – dell’accertamento dell’intesa illecita contenuto in un provvedimento dell’autorità amministrativa competente a vigilare sulla conservazione dell’assetto concorrenziale del mercato, e ciò perché un simile accertamento o manca del tutto o c’è, ma riguarda un periodo diverso da quello in cui si colloca la specifica vicenda negoziale che avrebbe leso la sfera giuridica dell’attore.

Qualora venga dedotta la nullità di una fideiussione, in quanto contratta a valle di un'intesa restrittiva della concorrenza, come avviene nel caso relativo alle norme bancarie uniformi in materia di fideiussioni omnibus, la controversia va deferita alla competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa.

La legge n. 130 del 1999, in materia di operazioni di cartolarizzazione dei crediti, ha previsto, avuto riguardo alle società appositamente costituite (c.d. società veicolo o “special pourpose vehicle”), per espressa disposizione di legge (art. 3, co. 2) che i crediti che formano oggetto di ciascuna operazione di cartolarizzazione costituiscono un vero e proprio patrimonio separato, destinato in via esclusiva al soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli emessi per finanziare l'acquisto dei crediti, nonché al pagamento dei costi dell'operazione. Accedere a una ricostruzione diversa significherebbe annullare – quasi per “sublimazione” – la distinzione stessa tra cessione del credito e cessione del contratto, conferendo a quella prevista dalla legge n. 130 del 1999 i caratteri propri della fattispecie ex art. 1411 c.c. Un esito, questo, che non solo collide con la natura e la finalità dell'operazione di cartolarizzazione disciplinata dalla legge citata, ma che non si pone in linea con il dettato normativo da essa recato.

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Operatività dell’art. 1957 c.c. e nullità parziale della fideiussione
Qualora il fideiussore sia tenuto al pagamento a prima o a semplice richiesta, o comunque entro un tempo convenzionalmente determinato,...

Qualora il fideiussore sia tenuto al pagamento a prima o a semplice richiesta, o comunque entro un tempo convenzionalmente determinato, il rispetto dell’art. 1957 c.c. da parte del creditore garantito deve ritenersi soddisfatto con la stessa richiesta rivolta al fideiussore entro il termine di sei mesi dalla scadenza dell’obbligazione principale, con la conseguenza che, una volta tempestivamente effettuata la richiesta di pagamento al fideiussore il creditore non è più tenuto ad agire giudizialmente contro il debitore. Infatti, in una pattuizione contrattuale in cui la garanzia si stabilisce a prima richiesta e, nel contempo, si prevede l’applicazione del primo comma dell’art. 1957 c.c., il criterio di esegesi di cui all’art 1363 c.c. impone di leggere il rinvio a detta norma, tanto più se espresso, con un riferimento al termine di cui ad essa e non ad altro dei suoi contenuti, nel senso che il termine deve osservarsi con una mera richiesta stragiudiziale e non con l’inizio dell’azione giurisdizionale. Diversamente interpretando, vi sarebbe contraddizione tra le due clausole contrattuali, non potendosi considerare “a prima richiesta” l’adempimento subordinato all’esercizio di un’azione in giudizio.

Una volta che il fideiussore tenuto al pagamento a prima o a semplice richiesta sia invitato dal creditore a provvedervi per affermato inadempimento del debitore principale, per un verso è obbligato a farlo secondo il meccanismo proprio del solve et repete, in quanto solo dopo l'avvenuto pagamento può eventualmente agire in ripetizione verso il creditore facendo valere tutti i diritti che competono al debitore nel rapporto principale; e, per altro verso, è reso immediatamente edotto dell'inadempimento del debitore. Al contrario, se non paga, non solo si rende inadempiente, ma si pone anche volontariamente nella condizione di non potersi immediatamente surrogare ex art. 1949 c.c., dopo aver pagato, nei diritti che il creditore aveva contro il debitore, così dando luogo ad una situazione nella quale risulta fortemente incisa la ragione della tutela assicurata al fideiussore dall’art. 1957 c.c.

I contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall'Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, co. 2, lett. a), l. n. 287 del 1990 e 101 TFUE, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, co. 3, della legge citata e dell'art. 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducono quelle dello schema unilaterale costituente l'intesa vietata - perché restrittive, in concreto, della libera concorrenza - salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti provata, una diversa volontà delle parti.

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Danno da perdita di chance per intese anticoncorrenziali: è necessaria la prova di un pregiudizio certo
La perdita di chance costituisce un danno patrimoniale risarcibile, quale danno emergente, qualora sussista un pregiudizio certo, anche se non...

La perdita di chance costituisce un danno patrimoniale risarcibile, quale danno emergente, qualora sussista un pregiudizio certo, anche se non nel suo ammontare, consistente nella perdita di una possibilità attuale ed esige la prova, anche presuntiva, purché fondata su circostanze specifiche e concrete dell'esistenza di elementi oggettivi dai quali desumere, in termini di certezza o di elevata probabilità, della sua attuale esistenza.

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Il provvedimento n. 55 del 2005 di Banca d’Italia non costituisce prova privilegiata per le fideiussioni specifiche
Lo schema contrattuale oggetto di analisi da parte della Banca d’Italia con il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005...

Lo schema contrattuale oggetto di analisi da parte della Banca d’Italia con il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 era stato predisposto dall’Associazione bancaria italiana nel corso dell’anno 2003 e riguardava unicamente le fideiussioni omnibus rilasciate a garanzia di operazioni bancarie. Dunque, la mera corrispondenza di alcune clausole contenute in una fideiussione specifica allo schema ABI non determina la nullità delle predette clausole, in essa riprodotte, poiché non vige il criterio presuntivo secondo cui tale fideiussione rappresenti il frutto di un’intesa vietata, cioè non può avvalersi del valore di prova privilegiata del provvedimento sanzionatorio della Banca d’Italia. Ne discende che l’onere probatorio relativo all’esistenza di una intesa illecita in violazione della concorrenza all’epoca della stipula dei contratti di fideiussione grava sulla parte che eccepisce la nullità delle fideiussioni per violazione della normativa antitrust. Inoltre, non è sufficiente l’allegazione di moduli contenenti le clausole censurate, predisposte da vari istituti di credito, al fine dell’assolvimento della prova dell’illiceità dell’intesa a monte, in quanto la standardizzazione contrattuale non produce necessariamente effetti anticoncorrenziali, né costituisce elemento dirimente per accertare l’accordo illecito tra gli istituti di credito.

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Nullità della fideiussione omnibus
La domanda di nullità di un contratto va sempre proposta nei confronti della controparte negoziale e, in caso di cessione...

La domanda di nullità di un contratto va sempre proposta nei confronti della controparte negoziale e, in caso di cessione del credito (anche in blocco, nell’ambito delle operazioni di cartolarizzazione), l’azione deve indirizzarsi verso il soggetto cedente e non verso il cessionario, rimasto estraneo a quel rapporto. La cartolarizzazione dà infatti luogo ad un fenomeno di cessione del credito e non anche del contratto da cui il credito deriva, con la conseguenza che eventuali vizi sostanziali del negozio giuridico possono essere fatti valere nei soli confronti della società cedente, titolare del rapporto originario.

Il debitore ceduto può opporre al cessionario tutte le eccezioni opponibili al cedente: sia quelle attinenti alla validità del titolo costitutivo del credito, sia quelle relative ai fatti modificativi ed estintivi del rapporto anteriori alla cessione o anche posteriori al trasferimento, ma anteriori all’accettazione della cessione o alla sua notifica o alla sua conoscenza di fatto.

L’accertamento da parte della Banca d’Italia dell’illiceità di alcune clausole delle Norme Bancarie Uniformi trasfuse nella modulistica contrattuale predisposta in attuazione delle suddette intese non esclude che in concreto la nullità del contratto a valle debba essere valutata dal giudice adito alla stregua degli artt. 1418 ss. c.c. e che possa trovare applicazione l’art. 1419 c.c., laddove l’assetto degli interessi in gioco non venga pregiudicato da una pronuncia di nullità parziale, limitata alle clausole rivenienti dalle intese illecite.

I contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall'Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, co. 2, lett. a), l. n. 287 del 1990 e 101 del TFUE, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, co. 3 della legge citata e dell’art. 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducono quelle dello schema unilaterale costituente l'intesa vietata - perché restrittive, in concreto, della libera concorrenza -, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti.

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Intese anticoncorrenziali e tutela del consumatore che stipula il contratto a valle
Il provvedimento n. 55 del 2/5/2005 emesso dalla Banca d’Italia in funzione di Autorità garante della concorrenza tra istituti creditizi...

Il provvedimento n. 55 del 2/5/2005 emesso dalla Banca d'Italia in funzione di Autorità garante della concorrenza tra istituti creditizi possiede, al pari di quelli emessi dall'Autorità Garante della concorrenza e del mercato, un'elevata attitudine a provare la condotta anticoncorrenziale, indipendentemente dalle misure sanzionatorie che siano in esso pronunciate. Il giudice del merito è tenuto, per un verso, ad apprezzarne il contenuto complessivo, senza poter limitare il suo esame a parti isolate di esso, e, per altro verso, a valutare se le disposizioni convenute contrattualmente coincidano con le condizioni oggetto dell'intesa restrittiva, non potendo attribuire rilievo decisivo all'attuazione o meno della prescrizione contenuta nel menzionato provvedimento con cui è stato imposto all'ABI di estromettere le clausole vietate dallo schema contrattuale diffuso presso il sistema bancario. Inoltre, va allocato in capo all’attore l’onere della prova dell’adesione, da parte della banca convenuta, alla ipotizzata intesa restrittiva anticoncorrenziale, inclusa la circostanza che la fideiussione omnibus rilasciata sia conforme al modello contrattuale, che si assume lesivo della normativa antitrust e che la libertà di scelta del fideiussore sia stata effettivamente lesa.

La l. 287/1990 detta norme a tutela della libertà di concorrenza aventi come destinatari non soltanto gli imprenditori, ma anche gli altri soggetti del mercato, ovvero chiunque abbia un interesse processualmente rilevante alla conservazione del suo carattere competitivo, al punto da poter allegare uno specifico pregiudizio conseguente alla rottura, o alla diminuzione, di tale carattere per effetto di un’intesa vietata, tenuto conto, da un lato, che, di fronte a un’intesa restrittiva della libertà di concorrenza, il consumatore,  acquirente finale del prodotto offerto dal mercato, vede eluso il proprio diritto a una scelta effettiva tra prodotti in concorrenza e, dall'altro, che il cosiddetto contratto a valle costituisce lo sbocco dell'intesa vietata, essenziale a realizzarne e ad attuarne gli effetti. Pertanto, siccome la violazione di interessi riconosciuti rilevanti dall’ordinamento giuridico integra, almeno potenzialmente, il danno ingiusto ex art. 2043 c.c., il consumatore finale, che subisce un danno da una contrattazione che non ammette alternative per l’effetto di una collusione a monte, ha a propria disposizione, ancorché non sia partecipe di un rapporto di concorrenza con gli imprenditori autori della collusione, l'azione di accertamento della nullità dell'intesa e di risarcimento del danno, di cui all'art. 33 della l. 287/1990.

La nullità per violazione della disciplina antitrust è espressamente prevista per le intese illecite tra imprenditori, non anche per i contratti stipulati a valle, rispetto ai quali, qualora costituiscano lo sbocco delle intese illecite e ne rappresentino l'esecuzione, l'ordinamento giuridico riconosce soltanto la tutela risarcitoria a favore del contraente danneggiato.

La nullità dell’intesa a monte non si comunica al contratto collegato a valle. Infatti, per affermare la nullità derivata di un contratto a valle rispetto a quella dichiarata del contratto a monte tra soggetti diversi, salva la prova della illiceità e contrarietà a norma imperativa della convenzione, è necessario dimostrare un nesso di dipendenza delle fideiussioni con la deliberazione dell'ABI ovvero un collegamento negoziale nel suo significato tecnico. Tuttavia, la circostanza che l'impresa collusa uniformi al programma anticoncorrenziale le manifestazioni della propria autonomia privata non appare sufficiente a privare il successivo contratto a valle di una autonoma ragione pratica. Inoltre, i contratti conclusi in aderenza alla prassi di seguire gli schemi ABI neppure possono qualificarsi come illeciti ex se, atteso che sebbene l'art. 2 della legge 287/1990 vieti le suddette intese sancendone la nullità ad ogni effetto, nulla dispone circa le sorti dei rapporti commerciali tra le imprese parti dell’intesa anticoncorrenziale e altri contraenti. Non è sufficiente la semplice violazione della norma imperativa dell’art. 2 della legge 287/1990, ma occorre che per effetto di tale violazione si determini una situazione di oggettiva incompatibilità tra il precetto posto dalla disposizione antimonopolistica e la regola negoziale contenuta nei contratti a valle dell’intesa. È dunque necessario che la proibizione contenuta nella norma, che fa divieto alle imprese di conformare la propria condotta e le proprie scelte strategiche secondo standard comportamentali illeciti, investa anche il precetto che le parti si sono date e in base al quale intendono disciplinare i propri rapporti a valle.

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Sul contratto autonomo di garanzia
L’inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento a prima richiesta e senza eccezioni vale di per...

L’inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento a prima richiesta e senza eccezioni vale di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia. Ciononostante, in materia di contratto autonomo di garanzia, la previsione, nel testo contrattuale, della clausola “a prima richiesta e senza eccezioni” fa presumere l’assenza dell’accessorietà, la quale, tuttavia, può derivarsi, in difetto, anche dal tenore dell’accordo, ed in particolare dalla presenza di una clausola che fissa al garante il ristretto termine di trenta giorni per provvedere al pagamento dietro richiesta del creditore, insufficiente per l’effettiva opposizione delle eccezioni, e dalla esclusione, al contempo, della possibilità per il debitore principale di eccepire alcunché al garante in merito al pagamento stesso

Dalla qualificazione di un contratto come contratto autonomo di garanzia discende l’inapplicabilità dell’art. 1957 c.c., in difetto di diversa previsione da parte dei contraenti, poiché tale disposizione, collegata al carattere accessorio dell’obbligazione fideiussoria, instaura un collegamento necessario ed ineludibile tra la scadenza dell’obbligazione di garanzia e quella dell’obbligazione principale e, come tale, rientra tra quelle su cui si fonda l’accessorietà del vincolo fideiussorio, per ciò solo inapplicabile ad una obbligazione di garanzia autonoma.

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La distinzione tra contratto autonomo di garanzia e fideiussione
Il contratto autonomo di garanzia (c.d. garantievertrag), espressione dell’autonomia negoziale ex art. 1322 c.c., ha la funzione di tenere indenne...

Il contratto autonomo di garanzia (c.d. garantievertrag), espressione dell’autonomia negoziale ex art. 1322 c.c., ha la funzione di tenere indenne il creditore dalle conseguenze del mancato adempimento della prestazione gravante sul debitore principale, contrariamente al contratto del fideiussore, il quale garantisce l’adempimento della medesima obbligazione principale altrui, attesa l’identità tra prestazione del debitore principale e prestazione dovuta dal garante. Inoltre, la causa concreta del contratto autonomo è quella di trasferire da un soggetto ad un altro il rischio economico connesso alla mancata esecuzione di una prestazione contrattuale, sia essa dipesa da inadempimento colpevole oppure no, mentre con la fideiussione, nella quale solamente ricorre l’elemento dell’accessorietà, è tutelato l’interesse all’esatto adempimento della medesima prestazione principale.

Mentre il fideiussore è un vicario del debitore, l’obbligazione del garante autonomo si pone in via del tutto autonoma rispetto all'obbligo primario di prestazione, essendo qualitativamente diversa da quella garantita, perché non necessariamente sovrapponibile ad essa e non rivolta all’adempimento del debito principale, bensì a indennizzare il creditore insoddisfatto mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, sostitutiva della mancata o inesatta prestazione del debitore.

Il contratto autonomo di garanzia si caratterizza rispetto alla fideiussione per l’assenza dell’accessorietà della garanzia, derivante dall’esclusione della facoltà del garante di opporre al creditore le eccezioni spettanti al debitore principale, in deroga all’art. 1945 c.c., dalla conseguente preclusione del debitore a chiedere che il garante opponga al creditore garantito le eccezioni nascenti dal rapporto principale, nonché dalla proponibilità di tali eccezioni al garante successivamente al pagamento effettuato da quest'ultimo, là dove l’accessorietà della garanzia fideiussoria postula, invece, che il garante ha l’onere di preavvisare il debitore principale della richiesta di pagamento del creditore, ai sensi dell’art. 1952, co. 2, c.c., all’evidente scopo di porre il debitore in condizione di opporsi al pagamento, qualora esistano eccezioni da far valere nei confronti del creditore. Peraltro, se l’inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento "a prima richiesta e senza eccezioni" vale di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia, in quanto incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione, salvo quando vi sia un’evidente discrasia rispetto all’intero contenuto della convenzione negoziale, tuttavia, in presenza di elementi che conducano comunque ad una qualificazione del negozio in termini di garanzia autonoma, l’assenza di formule come quella anzidetta non è elemento decisivo in senso contrario.

Se la durata della fideiussione è correlata non alla scadenza dell’obbligazione principale ma al suo integrale adempimento, l’azione del creditore nei confronti del fideiussore non è soggetta al termine di decadenza di cui all’art. 1957 c.c.

Nel caso di condizioni generali di contratto, l’obbligo della specifica approvazione per iscritto a norma dell’art. 1341 c.c. della clausola vessatoria è rispettato anche nel caso di richiamo numerico a clausole, onerose e non, purché non cumulativo, salvo che, in quest’ultima ipotesi, non sia accompagnato da un’indicazione, benché sommaria, del loro contenuto, ovvero che non sia prevista dalla legge una forma scritta per la valida stipula del contratto.

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