La perdita di "chance" costituisce un danno patrimoniale risarcibile, quale danno emergente, qualora sussista un pregiudizio certo, anche se non nel suo ammontare, consistente nella perdita di una possibilità attuale ed esige la prova, anche presuntiva, purché fondata su circostanze specifiche e concrete dell'esistenza di elementi oggettivi dai quali desumere, in termini di certezza o di elevata probabilità, della sua attuale esistenza.
In materia di contratto autonomo di garanzia, la previsione, nel testo contrattuale, della clausola "a prima richiesta e senza eccezioni" fa presumere l’assenza dell’accessorietà, la quale, tuttavia, può derivarsi, in difetto, anche dal tenore dell’accordo, ed in particolare dalla presenza di una clausola che fissa al garante il ristretto termine di trenta giorni per provvedere al pagamento dietro richiesta del creditore, insufficiente per l’effettiva opposizione delle eccezioni, e dalla esclusione, al contempo, della possibilità per il debitore principale di eccepire alcunché al garante in merito al pagamento stesso.
Al contratto autonomo di garanzia, in difetto di diversa previsione da parte dei contraenti, non si applica la norma dell’art. 1957 c.c. sull’onere del creditore garantito di far valere tempestivamente le sue ragioni di credito nei confronti del debitore principale, poiché tale disposizione, collegata al carattere accessorio dell’obbligazione fideiussoria, instaura un collegamento necessario e ineludibile tra la scadenza dell’obbligazione di garanzia e quella dell’obbligazione principale e, come tale, rientra tra quelle su cui si fonda l’accessorietà del vincolo fideiussorio, per ciò solo inapplicabile ad una obbligazione di garanzia autonoma.
In tema di accertamento dell’esistenza di intese restrittive della concorrenza vietate dall’art. 2 della l. 287/1990, e con particolare riguardo alle clausole relative a contratti di fideiussione da parte delle banche, il noto provvedimento n. 55 del 2005 della Banca d’Italia di accertamento dell’infrazione, adottato prima delle modifiche apportate dall’art. 19, co. 11, della l. 262/2005, possiede, al pari di quelli emessi dall’Autorità Garante della concorrenza e del mercato, un’elevata attitudine a provare la condotta anticoncorrenziale, indipendentemente dalle misure sanzionatorie che siano in esso pronunciate. Il giudice del merito è, quindi, tenuto, per un verso, ad apprezzarne il contenuto complessivo, senza poter limitare il suo esame a parti isolate di esso, e, per altro verso, a valutare se le disposizioni convenute contrattualmente coincidano con le condizioni oggetto dell’intesa restrittiva, non potendo attribuire rilievo decisivo all’attuazione o meno della prescrizione contenuta nel menzionato provvedimento, con cui è stato imposto dall’ABI di estromettere le clausole vietate dallo schema contrattuale diffuso presso il sistema bancario.
Quel che assume rilievo, ai fini della nullità delle clausole del contratto di fideiussione di cui agli artt. 2, 6 e 8 dello schema ABI è il fatto che costituiscono lo sbocco dell’intesa vietata e cioè che attraverso dette disposizioni si siano attuati gli effetti di quella condotta illecita nei confronti di tutti gli operatori del mercato. Ciò che va accertato, pertanto, è la coincidenza delle convenute condizioni contrattuali col testo di uno schema contrattuale che possa ritenersi espressivo della vietata intesa restrittiva. Il giudice deve dunque valutare se le disposizioni convenute contrattualmente coincidano con le condizioni oggetto dell’intesa restrittiva.
Con riferimento alla fideiussione omnibus, laddove sia accertato che le clausole del contratto siano il frutto o, meglio, l’estrinsecazione di un’intesa illecita ex art. 2 l. 287/1990, può configurarsi, oltre al rimedio del risarcimento del danno, anche quello civilistico della nullità speciale, posta – attraverso le disposizioni di cui agli artt. 101 del TFUE e dell’art. 2 l. 287/1990 – a presidio di un interesse pubblico e, in specie, dell’ordine pubblico economico: dunque, nullità ulteriore a quella che il sistema già conosceva. In tal senso depone la considerazione che siffatta forma di nullità ha una portata più ampia sia della nullità codicistica di cui all'art. 1418 c.c. sia delle altre nullità conosciute dall’ordinamento, in quanto colpisce anche atti o combinazione di atti avvinti da un nesso funzionale, non tutti riconducibili alle suindicate fattispecie di natura contrattuale.
In caso di proposizione di una domanda finalizzata all’accertamento e alla dichiarazione di nullità di una fideiussione riproducente lo schema contrattuale censurato dalla Banca d’Italia con il provvedimento n. 55 del 2005, la relativa cognizione è rimessa alla competenza esclusiva della sezione specializzata per le imprese. Tale principio non deve però essere travisato giungendo conseguentemente a ritenere che la competenza spetti inderogabilmente alla sezione specializzata per le imprese ogniqualvolta venga dedotta o allegata la nullità della fideiussione perché conforme allo schema ABI del 2003, censurato dalla Banca d’Italia. Invero, la riserva di competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa riguarda, per espressa disposizione della lettera dell’articolo 33 l. 287 del 1990, le sole azioni, non anche le eccezioni. Così, nel risolvere la questione del coordinamento tra la competenza funzionale a conoscere dell’opposizione del decreto ingiuntivo e la competenza del tribunale delle imprese in materia di nullità dei contratti per violazione delle norme antitrust, occorre riconoscere che soltanto se l’opponente formula una vera e propria domanda riconvenzionale di accertamento della nullità della fideiussione omnibus, indicata quale modalità di attuazione dell’intesa anticoncorrenziale, sussiste la competenza sul punto delle sezioni specializzate in materia di impresa.
Il contratto autonomo di garanzia (c.d. garantievertrag), espressione dell’autonomia negoziale ex art. 1322 c.c., ha la funzione di tenere indenne il creditore dalle conseguenze del mancato adempimento della prestazione gravante sul debitore principale, contrariamente al contratto del fideiussore, il quale garantisce l’adempimento della medesima obbligazione principale altrui, attesa l’identità tra prestazione del debitore principale e prestazione dovuta dal garante. Inoltre, la causa concreta del contratto autonomo è quella di trasferire da un soggetto a un altro il rischio economico connesso alla mancata esecuzione di una prestazione contrattuale, sia essa dipesa da inadempimento colpevole oppure no, mentre con la fideiussione, nella quale solamente ricorre l’elemento dell’accessorietà, è tutelato l’interesse all’esatto adempimento della medesima prestazione principale. Ne deriva che, mentre il fideiussore è un "vicario" del debitore, l’obbligazione del garante autonomo si pone in via del tutto autonoma rispetto all'obbligo primario di prestazione, essendo qualitativamente diversa da quella garantita, perché non necessariamente sovrapponibile ad essa e non rivolta all’adempimento del debito principale, bensì a indennizzare il creditore insoddisfatto mediante il tempestivo versamento di una somma di denaro predeterminata, sostitutiva della mancata o inesatta prestazione del debitore.
Il contratto autonomo di garanzia si caratterizza rispetto alla fideiussione per l’assenza dell’accessorietà della garanzia, derivante dall’esclusione della facoltà del garante di opporre al creditore le eccezioni spettanti al debitore principale, in deroga all’art. 1945 c.c., dalla conseguente preclusione del debitore a chiedere che il garante opponga al creditore garantito le eccezioni nascenti dal rapporto principale, nonché dalla proponibilità di tali eccezioni al garante successivamente al pagamento effettuato da quest'ultimo, là dove l’accessorietà della garanzia fideiussoria postula, invece, che il garante ha l’onere di preavvisare il debitore principale della richiesta di pagamento del creditore, ai sensi dell’art. 1952, co. 2, c.c., all’evidente scopo di porre il debitore in condizione di opporsi al pagamento, qualora esistano eccezioni da far valere nei confronti del creditore. Peraltro, se l’inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento "a prima richiesta e senza eccezioni" vale di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia, in quanto incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione, salvo quando vi sia un’evidente discrasia rispetto all’intero contenuto della convenzione negoziale, tuttavia, in presenza di elementi che conducano comunque a una qualificazione del negozio in termini di garanzia autonoma, l’assenza di formule come quella anzidetta non è elemento decisivo in senso contrario.
L’onere della prova dell’illecito anticoncorrenziale grava sulla parte che ne assume l’esistenza secondo le regole ordinarie del processo civile, ad eccezione dei casi in cui esso sia stato già oggetto di positivo accertamento da parte dell’autorità amministrativa deputata alla vigilanza sul mercato, potendo in tale caso la parte interessata avvalersi di tale prova privilegiata.
In relazione ai contratti di fideiussione omnibus, il provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 2 maggio 2005 è stato ritenuto costituire prova privilegiata dell’intesa antitrust nel giudizio di nullità, ex art. 33 l. 287/1990.
L’eventuale nullità, discendente dall’intesa illecita, è limitata alle sole clausole contestate e non è estesa all’intero contratto.
La nullità parziale dei contratti di fideiussione è rilevabile d’ufficio solo ove la parte abbia scelto di chiedere l’accertamento della nullità dell’intero contratto.
La competenza per le domande aventi ad oggetto la nullità di una fideiussione per violazione della normativa antitrust, in quanto contratta a valle di un'intesa restrittiva della concorrenza, spetta alle sezioni specializzate in materia di impresa.
Al fine di valutare la validità ed efficacia di clausole contenute in un contratto di fideiussione, il punto dirimente non attiene tanto alla diffusione di un modulo ABI da cui non fossero state espunte le nominate clausole, quanto alla coincidenza delle convenute condizioni contrattuali col testo di uno schema contrattuale che potesse ritenersi espressivo della vietata intesa restrittiva. L’illiceità derivata dalle intese anticoncorrenziali a monte deve essere affermata a patto che il contenuto delle stesse sia effettivamente trasposto nelle singole clausole dei contratti a valle.
In quanto documentazione che raccoglie gli esiti di un'esaustiva istruttoria avente carattere definitivo, le conclusioni assunte dall'Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato, nonché le decisioni del giudice amministrativo che abbiano eventualmente confermato o riformato quelle decisioni, assumono valore di prova privilegiata dell'illecito antitrust.
In caso di domanda avente ad oggetto la nullità di una fideiussione per violazione della normativa antitrust, la nullità del contratto va limitata alle sole clausole illecite (nullità parziale) in conformità al principio generale di conservazione degli effetti giuridici del negozio. La nullità totale del contratto presuppone che la parte attrice fornisca la prova dell'interdipendenza del resto del contratto dalla clausola o dalle clausole nulle.
L’interesse protetto dalla normativa antitrust è principalmente quello del mercato in senso oggettivo, cioè quello della trasparenza e della correttezza del mercato, e non soltanto l’interesse individuale del singolo contraente pregiudicato. Pertanto, chiunque, sia l’imprenditore sia il consumatore, può ritenersi vittima dell’illecito anticoncorrenziale e far valere quindi la nullità del contratto.
Laddove la controversia rientri nelle cause stand alone la parte attrice è onerata dell’allegazione e dimostrazione di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie dell’illecito concorrenziale.
Il provvedimento 55/2005 della Banca d’Italia costituisce una prova privilegiata dell’illecito antitrust nel giudizio di nullità ex art. 33 l. 287/1990 per le fideiussioni omnibus che si collocano nel periodo (ottobre 2002 - maggio 2005) esaminato dal provvedimento stesso, includendo anche i contratti a valle, che costituiscano l'applicazione delle intese illecite concluse a monte, stipulati anteriormente all'accertamento dell'intesa distorsiva della concorrenza da parte della Banca d'Italia.
La nullità, discendente dall’intesa illecita oggetto della pronuncia n. 55/2005 della Banca d’Italia, è limitata alle sole clausole de quibus e non estesa all’intero contratto. La nullità solo parziale dei contratti di fideiussione è rilevabile anche d’ufficio, solo ove vi sia la scelta della parte di chiedere l’accertamento della nullità dell’intero contratto e non anche, in via eventualmente subordinata, delle sole clausole espressione dell’intesa illecita, non essendo consentita, in tale ultima ipotesi, l’esame della questione relativa alla nullità parziale del contratto.
In caso di domanda di nullità di una fideiussione omnibus stipulata in data posteriore al 2005, l’azione va qualificata come stand alone. Tale inquadramento comporta l’onere per parte attrice di allegazione e di dimostrazione di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie, tra i quali rientra quello della perdurante esistenza, all’epoca della sottoscrizione dei contratti in discussione, dell’intesa illecita, pur essendo tale onere probatorio attenuato nel giudizio antitrust in considerazione della frequente asimmetria informativa esistente tra il soggetto che subisce l’illecito e l’autore dello stesso.
In ipotesi di nullità dei contratti a valle delle fideiussioni omnibus, non potendosi maturare preclusioni o giudicati impliciti in materia di nullità rilevabili d’ufficio, il potere di rilievo officioso della nullità del contratto per violazione delle norme sulla concorrenza spetta al giudice investito del gravame relativo a una controversia sul riconoscimento di una pretesa che suppone la validità ed efficacia del rapporto contrattuale oggetto di allegazione, sempre che sia stata decisa dal giudice di primo grado senza che questi abbia prospettato ed esaminato, né le parti abbiano discusso, di tale validità ed efficacia, trattandosi di questione afferente ai fatti costitutivi della domanda ed integrante, perciò, un’eccezione in senso lato, rilevabile d’ufficio anche in appello, ex art. 345 c.p.c.
La fideiussione omnibus che sia stata stipulata successivamente al periodo di accertamento dell’Antitrust (provvedimento della Banca d’Italia n. 55 del 2005) rientra nei giudizi cc.dd. stand alone, nei quali l’opponente, chiamato a dar prova dei fatti costitutivi della domanda, non può giovarsi – come nelle cc.dd. follow on actions – dell’accertamento dell’intesa illecita contenuta in un provvedimento dell’autorità amministrativa competente a vigilare sulla conservazione dell’assetto concorrenziale del mercato. Ciò perché un simile accertamento o manca del tutto o c’è, ma riguarda un periodo diverso da quello in cui si colloca la specifica vicenda negoziale che avrebbe leso la sfera giuridica dell’attore. Ne consegue che parte opponente è onerata dell’allegazione e dimostrazione di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie, tra i quali rientra quello della perdurante esistenza di un’intesa illecita all’epoca della sottoscrizione del contratto impugnato.
In caso di controversia che rivesta le caratteristiche dell’azione stand alone, cioè non direttamente fondata su fatti accertati in sede amministrativa di accertamento della violazione antitrust, secondo le regole proprie del giudizio civile, l’onere probatorio volto a dare fondamento alla contestazione di intesa in relazione al disposto dell’art. 2 l. 287/90 non può che ricadere sulla parte che ha formulato detta contestazione. Pur tenendo conto della situazione di asimmetria informativa indubbiamente gravante sull’attore, nelle cause stand alone l’attore è comunque onerato quantomeno della necessità di fornire elementi, anche indiziari, atti a confermare la prosecuzione dell’intesa illecita anche successivamente al periodo accertato dall’Autorità antitrust.
Nei contratti di fideiussione omnibus, la forma di tutela più appropriata rispetto al complesso degli interessi in conflitto (che comprende anche quello degli istituti di credito a mantenere in vita la garanzia fideiussoria, espunte le clausole contrattuali illecite) è quella della pronuncia di nullità limitata alle clausole che costituiscono pedissequa applicazione degli articoli dello schema ABI, dichiarati nulli dal provvedimento della Banca d'Italia n. 55/2005.
L’art. 1419 c.c. richiama il generale favore dell'ordinamento per la conservazione, in quanto possibile, degli atti di autonomia negoziale, ancorché difformi dallo schema legale, per cui riveste carattere eccezionale l'estensione della nullità che colpisce la parte o la clausola all'intero contratto. Corollario di tale impostazione è la necessità di procedere alla valutazione della potenziale volontà delle parti in relazione all'eventualità del mancato inserimento di tale clausola, e, dunque, in funzione dell'interesse in concreto dalle stesse perseguito. La nullità di singole clausole contrattuali, o di parti di esse, può estendersi, pertanto, all'intero contratto, o a tutta la clausola, solo ove l'interessato dimostri che la porzione colpita da invalidità non ha un'esistenza autonoma, né persegue un risultato distinto, ma è in correlazione inscindibile con il resto, nel senso che i contraenti non avrebbero concluso il contratto senza quella parte del suo contenuto colpita da nullità.
In relazione all’art. 1419 c.c., la nullità parziale non si estende all'intero contenuto della disciplina negoziale se permane l'utilità del contratto in relazione agli interessi con esso perseguiti, secondo quanto accertato dal giudice. Per converso, l’estensione all'intero negozio degli effetti della nullità parziale costituisce eccezione che deve essere provata dalla parte interessata.
Il provvedimento n. 55 del 2 maggio 2005 della Banca d'Italia - in funzione di Autorità garante della concorrenza tra istituti creditizi ex artt. 14 e 20 L. n. 287 del 1990, vigenti fino al trasferimento dei poteri all'AGCM, con la l. n. 262 del 2005, a far tempo dal 12/01/2016, avente ad oggetto il denunziato contrasto tra lo schema contrattuale di fideiussione omnibus predisposto dall'ABI e l'art. 2 della l. n. 287 del 1990 ("Legge Antitrust") - ha statuito, applicando tale norma, la violazione del divieto di intese restrittive della concorrenza, con riferimento agli artt. 2, 6 e 8 dello schema contrattuale uniforme predisposto dall'associazione bancaria italiana ABI e da alcune associazioni di consumatori avente ad oggetto uno schema di fideiussione omnibus a garanzia delle operazioni bancarie.
I contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall'Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con la l. n. 287 del 1990, art. 2, co. 2, lett. a), e art. 101 del TFUE, sono parzialmente nulli, ai sensi dell'art. 2, co. 3, della legge succitata e dell'art. 1419 c.c., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l'intesa dichiarata vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti.
Il provvedimento n. 55/2005 della Banca d’Italia costituisce prova privilegiata solo in relazione alla sussistenza del comportamento accertato o della posizione rivestita sul mercato e del suo eventuale abuso in relazione al periodo rispetto all’arco temporale interessato dall’indagine svolta dall'autorità di vigilanza, compreso tra il mese di ottobre 2002 e il maggio 2005. Inoltre, gli accertamenti della Banca d'Italia non comportano alcun automatismo che conduca alla nullità delle clausole contenute nella singola fideiussione. Pertanto, l’attore che voglia far valere la nullità della singola fideiussione stipulata potrà avvalersi di tale prova privilegiata nella misura in cui vi sia uniformità tra la fideiussione oggetto di lite e lo schema standardizzato predisposto dall’ABI, oggetto del provvedimento del 2005 di Banca d’Italia.
L’onere della prova della nullità della fideiussione grava sull’attore, secondo il principio generale ex art. 2697 c.c. e non può dirsi assolto, se il contratto di cui si controverte è stato stipulato in un periodo successivo rispetto a quello oggetto dell’accertamento effettuato dalla Banca d’Italia – in tal caso, grava sull’attore l’onere di dimostrare l’esistenza di un accordo anticoncorrenziale a monte – né qualora il medesimo contratto non presenti le tre clausole oggetto della decisione della Banca d’Italia, ovvero: (i) la clausola di reviviscenza, in base alla quale "il fideiussore s’impegna a rimborsare alla banca le somme che dalla banca fossero state incassate in pagamento di obbligazioni garantite che dovessero essere restituite a seguito di annullamento, inefficacia o revoca dei pagamenti stessi o per qualsiasi altro motivo" (art. 2 dello schema ABI); (ii) la clausola di sopravvivenza, a mente della quale "qualora le obbligazioni garantite siano dichiarate invalide, la fideiussione garantisce comunque l’obbligo del debitore di restituire le somme allo stesso erogate" (art. 8 dello schema ABI); (iii) la clausola di deroga, a mente della quale "i diritti derivanti alla banca dalla fideiussione restano integri fino a totale estinzione di ogni suo credito verso il debitore, senza che essa sia tenuta ad escutere il debitore o il fideiussore medesimi o qualsiasi altro coobbligato o garante entro i tempi previsti, a seconda dei casi, dall’art. 1957 cod. civ., che si intende derogato" (art. 6 dello schema ABI).