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Mancato sviluppo della società e responsabilità dell’amministratore
L’azione di responsabilità sociale promossa contro amministratori di società di capitali ha natura contrattuale, il che comporta l’onere, in capo...

L'azione di responsabilità sociale promossa contro amministratori di società di capitali ha natura contrattuale, il che comporta l’onere, in capo all’attore, di provare la sussistenza delle violazioni contestate e il nesso di causalità tra queste e il danno verificatosi, mentre sul convenuto incombe l'onere di dimostrare la non imputabilità del fatto dannoso alla sua condotta, fornendo la prova positiva dell'osservanza dei doveri e dell'adempimento degli obblighi imposti. All'amministratore convenuto a cui viene contestato il mancato sviluppo della società è sufficiente dimostrare di aver diligentemente amministrato, non sussistendo  alcun obbligo in capo allo stesso di garantire un certo risultato economico nell’attività gestoria che svolge.

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Della responsabilità di amministratori e sindaci di s.p.a.
Ai fini della responsabilità individuale extracontrattuale degli amministratori ex art. 2395 c.c. non è sufficiente l’inadempimento contrattuale astrattamente imputabile alla...

Ai fini della responsabilità individuale extracontrattuale degli amministratori ex art. 2395 c.c. non è sufficiente l’inadempimento contrattuale astrattamente imputabile alla società né una cattiva amministrazione del patrimonio sociale ma è richiesta la compresenza dei seguenti elementi: i) una condotta illecita dolosa o colposa ascrivibile al singolo amministratore; ii) un danno diretto al patrimonio del terzo; iii) il nesso eziologico tra la suddetta condotta ed il danno diretto sofferto. Non è sufficiente per integrare la fattispecie la presenza di carenze organizzative con riferimento ai presidi sulle situazioni di conflitto di interessi e di verifica del rispetto della normativa in materia di adeguatezza degli investimenti. Per configurare la responsabilità degli amministratori per danno diretto a terzi ex art. 2395 c.c., muovendo dall’inadempimento di obblighi organizzativi interni e rispetto a comportamenti che si prospettano in primis integranti inadempimenti contrattuali imputabili alla società amministrata [nel caso di specie investimenti negligenti e non avveduti], il terzo deve provare non solo che l’ assetto organizzativo ed amministrativo non era adeguato rispetto alla natura ed alle dimensioni dell’impresa finanziaria, ma anche e soprattutto, in modo preciso e puntuale: (i) quali sarebbero stati, ex ante ed evitando fuorvianti ricostruzioni ex post, gli specifici assetti adeguati rispetto all’impresa; (ii) che l’implementazione di tali adeguati assetti avrebbe evitato il prodursi dell’evento dannoso.

Il sistema di diritto societario configura in capo ai sindaci, ai sensi dell'art. 2407 c.c., una responsabilità per fatto proprio omissivo, da correlarsi alla condotta degli amministratori.
I doveri di controllo imposti ai sindaci sono certamente contraddistinti da una particolare ampiezza, poichè si estendono a tutta l'attività sociale, in funzione della tutela e dell'interesse dei soci e di quello, concorrente, dei creditori sociali. Di modo che ad affermarne la responsabilità può ben esser sufficiente l'inosservanza del dovere di vigilanza.
Questo accade, in particolare, quando i sindaci non abbiano rilevato una macroscopica violazione o non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità, poiché in tal caso il mantenimento di un comportamento inerte implica che non si sia vigilato adeguatamente sulla condotta degli amministratori (o dei liquidatori) pur nella esigibilità di un diligente sforzo per verificare la situazione anomala e porvi rimedio, col fine di prevenire eventuali danni. Come in tutti i casi di concorso omissivo nel fatto illecito altrui, è però altrettanto certo che la fattispecie dell'art. 2407 c.c. richiede la prova di tutti gli elementi costitutivi del giudizio di responsabilità. E quindi: (i) dell'inerzia del sindaco rispetto ai propri doveri di controllo; (ii) dell'evento da associare alla conseguenza pregiudizievole derivante dalla condotta dell'amministratore (o, come nella specie, del liquidatore); (iii) del nesso causale, da considerare esistente ove il regolare svolgimento dell'attività di controllo del sindaco avrebbe potuto impedire o limitare il danno. Il nesso, in particolare, va provato da chi agisce in responsabilità nello specifico senso che l'omessa vigilanza è causa del danno se, in base a un ragionamento controfattuale ipotetico, l'attivazione del controllo lo avrebbe ragionevolmente evitato (o limitato). Il sindaco non risponde, cioè, in modo automatico per ogni fatto dannoso che si sia determinato pendente societate, quasi avesse rispetto a questo una posizione generale di garanzia. Egli risponde ove sia possibile dire che, se si fosse attivato utilmente (come suo dovere) in base ai poteri di vigilanza che l'ordinamento gli conferisce e alla diligenza che l'ordinamento pretende, il danno sarebbe stato evitato. Pertanto, l’assenza di una condotta illecita dolosa o colposa imputabile all’organo gestorio e foriera di danno diretto nei confronti del terzo ex art. 2395 c.c. conduce de plano ad escludere qualsivoglia responsabilità dell’organo di controllo per i medesimi addebiti.

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Azione di responsabilità del socio ex art. 2395 c.c.
L’azione di responsabilità prevista dall’art. 2395 c.c., di natura aquiliana, è esperibile dal socio o dal terzo al fine di...

L’azione di responsabilità prevista dall’art. 2395 c.c., di natura aquiliana, è esperibile dal socio o dal terzo al fine di ottenere il risarcimento del danno direttamente subito nella propria sfera giuridica in conseguenza di fatti illeciti compiuti dagli amministratori e, al pari di ogni altra azione risarcitoria, richiede l’accertamento della condotta contra legem dell’amministratore e la prova del nesso di causalità immediata e diretta che la lega al pregiudizio lamentato dal danneggiato. Dalla natura extracontrattuale della responsabilità invocata deriva, altresì, l’onere da parte dell’attrice di provare in giudizio tutti gli elementi costitutivi del fatto illecito descritto ed, in particolare, la specifica condotta dolosa o colposa attribuita all’amministratore ed il nesso causale di derivazione diretta da essa del pregiudizio lamentato, non essendo sufficiente a fondare la pretesa risarcitoria il mero inadempimento della società alle obbligazioni contrattuali assunte nei confronti del terzo danneggiato.

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Responsabilità extracontrattuale degli amministratori per inadempimento contrattuale della società
Se la società è inadempiente per non avere rispettato gli obblighi ad essa derivanti da un rapporto contrattuale stipulato con...

Se la società è inadempiente per non avere rispettato gli obblighi ad essa derivanti da un rapporto contrattuale stipulato con un terzo, di questi danni risponde la società e soltanto la società; se viceversa, accanto a questo inadempimento sociale, vengono dedotti specifici comportamenti degli amministratori, dolosi o colposi, che di per se stessi abbiano cagionato ai terzi un danno diretto, di questo risponderanno gli amministratori, la cui responsabilità, di natura extra-contrattuale (con ciò che ne consegue circa il regime probatorio) potrà eventualmente aggiungersi - senza sostituirla o sopprimerla - a quella della società per l'inadempimento. Peraltro, la responsabilità ex art. 2395 c.c. dell'amministratore di società, data la sua natura extracontrattuale, non si estende al danno derivato all'altro contraente dall'inadempimento del contratto stipulato all'esito dell'attività suindicata del quale risponde la società, a titolo di responsabilità contrattuale, ma concerne solo il danno direttamente ricollegabile, con nesso di causalità immediata, ai predetti fatti illeciti dell'amministratore, unicamente di questi ultimi potendosi far carico al medesimo, ai fini del risarcimento del danno all'altro contraente danneggiato.

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La responsabilità per danni diretti ex art. 2395 c.c. e onere probatorio
L’art. 2395 c.c. costituisce la norma di chiusura del sistema codicistico della responsabilità civile degli amministratori di società di capitali,...

L’art. 2395 c.c. costituisce la norma di chiusura del sistema codicistico della responsabilità civile degli amministratori di società di capitali, la cui applicazione richiede la verifica in ordine alla sussistenza di fatti illeciti imputabili agli amministratori stessi, vale a dire di comportamenti dolosi o colposi cui siano riconducibili in via immediata i danni derivati direttamente nel patrimonio del socio o del terzo, secondo le regole in tema di responsabilità extracontrattuale. In specie, l’azione individuale prevista dalla norma in commento postula la lesione di un diritto soggettivo patrimoniale del socio o del terzo che non sia conseguenza del depauperamento del patrimonio della società. Orbene, la responsabilità dell’amministratore nei confronti del terzo non scaturisce dal mero inadempimento contrattuale posto in essere nella gestione della società e ad essa imputabile, bensì deve concretizzarsi in un’ulteriore azione degli amministratori costituente illecito extracontrattuale, direttamente lesiva di un diritto soggettivo patrimoniale del terzo. Costituisce, dunque, illecito rilevante ai sensi dell’art. 2395 c.c. ogni fatto, doloso o colposo, commesso dagli amministratori in occasione dell’esercizio delle loro funzioni gestorie, che rechi al terzo un danno ingiusto tale da riverberarsi direttamente nel suo patrimonio.

Trattandosi di responsabilità aquiliana, il terzo danneggiato è onerato della prova dei presupposti, soggettivi e oggettivi, di tale responsabilità. Tanto premesso, l’accoglimento dell’azione risarcitoria proposta a norma dell’art. 2395 c.c. richiede l’accertamento non solo della condotta contra legem ma anche, al pari di ogni altra azione risarcitoria, l’allegazione e prova del danno lamentato e del nesso causale intercorrente tra questo e la condotta stessa.

Tra le condotte contra legem suscettibili di generare responsabilità in capo agli amministratori e alla società vi è la propalazione di informazioni false o incomplete o comunque decettive in ordine alla situazione economico-patrimoniale della società stessa, informazioni in base alle quali il socio o il terzo abbiano determinato proprie scelte di investimento, o disinvestimento, relative alla società stessa, quali acquisti di partecipazioni da altri soci, vendite di partecipazioni, sottoscrizioni di aumenti di capitale, ecc.

In presenza di una domanda risarcitoria ex art. 2395 c.c., incombe sul terzo danneggiato l’onere di provare, sulla scorta del principio del “più probabile che non”, la ricorrenza delle falsità e l’idoneità della prospettazione non veritiera a trarre in inganno il contraente, di fatto determinando la conclusione del contratto. In particolare, incombe sull’acquirente l’onere di allegare e dimostrare che per effetto della rappresentazione illegittima della situazione patrimoniale ed economica contenuta nel bilancio, egli abbia acquistato le azioni di quella società.

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Non sussiste responsabilità dell’amministratore nei confronti del singolo socio per danni riflessi
L’art. 2395 c.c. fa riferimento alle disposizioni che immediatamente lo precedono, disciplinanti la responsabilità degli amministratori nei confronti della società...

L’art. 2395 c.c. fa riferimento alle disposizioni che immediatamente lo precedono, disciplinanti la responsabilità degli amministratori nei confronti della società per i comportamenti, di tipo commissivo ovvero omissivo, costituenti violazione del dovere di diligenza nell'esercizio dell'attività gestoria loro affidata dall'assemblea che li ha nominati, con la conseguenza che la loro responsabilità nei confronti dei soci e dei terzi ben può essere affermata per violazione degli obblighi di vigilanza e controllo loro imposti dall'art. 2392, co. 2, c.c., sussistente anche nel caso di deleghe conferite in applicazione del precedente art. 2381 c.c. e sempre che il danno cagionato al socio o al terzo non costituisca solo il riflesso di quello cagionato alla società.

L'azione individuale del socio nei confronti dell'amministratore di una società di capitali non è esperibile quando il danno lamentato costituisca solo il riflesso del pregiudizio al patrimonio sociale, giacché l'art. 2395 c.c. esige che il singolo socio sia stato danneggiato "direttamente" dagli atti colposi o dolosi dell'amministratore, mentre il diritto alla conservazione del patrimonio sociale appartiene unicamente alla società; la mancata percezione degli utili e la diminuzione di valore della quota di partecipazione non rappresentano danno diretto del singolo socio, poiché gli utili fanno parte del patrimonio sociale fino all'eventuale delibera assembleare di distribuzione e la quota di partecipazione è un bene distinto dal patrimonio sociale la cui diminuzione di valore è conseguenza soltanto indiretta ed eventuale della condotta dell'amministratore.

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Il danno da violazioni fiscali ha natura indiretta per gli ex soci di società estinta
Non sussiste danno diretto per il socio in conseguenza delle violazioni degli amministratori in materia fiscale qualora l’imposizione di maggiori...

Non sussiste danno diretto per il socio in conseguenza delle violazioni degli amministratori in materia fiscale qualora l’imposizione di maggiori oneri fiscali per il socio sia conseguenza dell’avvenuta estinzione della società debitrice. In tal caso, l’incidenza della pretesa tributaria sul patrimonio del socio non è la conseguenza diretta della violazione tributaria, bensì di una circostanza estranea - l’estinzione della società -, che ha reso esigibile la pretesa tributaria nei confronti degli ex soci. Questa circostanza non muta la natura del danno, che resta un danno patrimoniale per la società. Ciò è vero, a fortiori, se l’accertamento è stato diretto ai soci in seguito alla cancellazione della società con distribuzione dell’attivo.

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Azione personale del socio nei confronti dell’amministratore di una società di capitali
L’azione individuale del socio nei confronti dell’amministratore di una società di capitali non è esperibile quando il danno lamentato costituisca...

L’azione individuale del socio nei confronti dell'amministratore di una società di capitali non è esperibile quando il danno lamentato costituisca solo il riflesso del pregiudizio al patrimonio sociale, giacché l’art. 2395 c.c., in tema di s.p.a., e l’art. 2476, co. 7, c.c., in tema di s.r.l., esigono che il singolo socio sia stato danneggiato direttamente dagli atti colposi o dolosi dell’amministratore, mentre il diritto alla conservazione del patrimonio sociale appartiene unicamente alla società. La mancata percezione degli utili e la diminuzione di valore della quota di partecipazione non costituiscono danno diretto del singolo socio, poiché gli utili fanno parte del patrimonio sociale fino all'eventuale delibera assembleare di distribuzione e la quota di partecipazione è un bene distinto dal patrimonio sociale la cui diminuzione di valore è conseguenza soltanto indiretta ed eventuale della condotta dell'amministratore.

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Mancata percezione degli utili e diminuzione di valore della partecipazione
L’azione individuale del socio nei confronti dell’amministratore di una società di capitali non è esperibile quando il danno lamentato costituisca...

L’azione individuale del socio nei confronti dell’amministratore di una società di capitali non è esperibile quando il danno lamentato costituisca solo il riflesso del pregiudizio al patrimonio sociale, giacché tanto l’art. 2395 c.c. - in materia di S.p.A. -  quanto l’art. 2476, comma 7, c.c. - in materia di S.r.l. - esigono che il singolo socio o il terzo sia stato danneggiato ‘direttamente’ dagli atti colposi o dolosi dell’amministratore, mentre il diritto alla conservazione del patrimonio sociale appartiene unicamente alla società.

La mancata percezione degli utili e la diminuzione di valore della quota di partecipazione non costituiscono danno diretto del singolo socio, poiché gli utili fanno parte del patrimonio sociale fino all’eventuale delibera assembleare di distribuzione e la quota di partecipazione è un bene distinto dal patrimonio sociale la cui diminuzione di valore è conseguenza soltanto indiretta ed eventuale della condotta dell’amministratore.

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Azione di responsabilità esercitata dal terzo per danni diretti nel caso di appropriazione indebita di merci depositate in conto deposito
In caso di contratto di conto deposito merci stipulato tra due società, l’appropriazione indebita da parte della depositaria delle merci...

In caso di contratto di conto deposito merci stipulato tra due società, l'appropriazione indebita da parte della depositaria delle merci di appartenenza della società depositante può giustificare l'accoglimento, in favore di quest'ultima, dell'azione di responsabilità di cui all'art. 2395 c.c. nei confronti dell'amministratore unico della società depositaria. Non vale ad escludere la responsabilità del convenuto amministratore unico della società depositaria la circostanza per cui non fosse quest'ultimo a presidiare direttamente il sito presso cui erano depositate le merci, né tantomeno l'espressa pattuizione, presente nel contratto di conto deposito merci, secondo cui della gestione del deposito, della movimentazione dei prodotti e delle eventuali differenze tra giacenze reali e contabili dovesse ritenersi responsabile la società depositante.

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L’azione di responsabilità contro gli amministratori di fatto esercitata dal socio o dal terzo
L’art. 2395 cc delinea un sistema di responsabilità volto a tutelare i soci ed i terzi che si fonda sul...

L’art. 2395 cc delinea un sistema di responsabilità volto a tutelare i soci ed i terzi che si fonda sul presupposto di un pregiudizio arrecato direttamente al patrimonio del singolo senza che da ciò derivi un danno per la società: infatti, l’elemento di diversità dell’azione individuale di responsabilità rispetto all’azione sociale (art. 2393 cc) ed a quella dei creditori sociali (art. 2394 cc) è rappresentato dall’incidenza diretta del danno sul patrimonio del socio o del terzo: mentre l’azione sociale è finalizzata al risarcimento del danno al patrimonio sociale, che incide solo indirettamente sul patrimonio dei soci per la perdita di valore delle loro azioni, e l’azione dei creditori sociali mira al pagamento dell’equivalente del credito insoddisfatto a causa dell’insufficienza patrimoniale causata dall’illegittima condotta degli amministratori, e quindi ancora una volta riguarda un danno che costituisce il riflesso della perdita patrimoniale subita dalla società, l’azione individuale in argomento postula la lesione di un diritto soggettivo patrimoniale del socio o del terzo che non sia conseguenza del depauperamento del patrimonio della società (nel caso di specie, la sottrazione non giustificata  da parte dell'amministratore alla società debitrice di risorse finanziarie necessarie per adempiere ad un mutuo della società aveva contribuito a porre la stessa in condizione di subire l’iniziativa espropriativa della banca mutuante e la conseguenza di tale azione è stata sopportata anche dal terzo assegnatario degli immobili costruiti dalla società, impendendosi la stipula degli atti di assegnazione entro il termine previsto contrattualmente).

L'interlocuzione sistematica con le banche e con gli altri soci, figurando nella veste di rappresentante della società, così come l'intervento continuo nella gestione dell’impresa, impartendo istruzioni rilevanti per il perseguimento dell’oggetto sociale, costituiscono prove sufficienti dello svolgimento dell'attività di amministratore di fatto il quale richiede lo svolgimento di funzioni gestorie con carattere di sistematicità e completezza tali da concretarsi nell’impartire direttive rilevati anche per le scelte operative della società.

 

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