La mancata approvazione del bilancio costituisce sintomo della causa di scioglimento della società ex art. 2484, comma 1, n. 3, cod. civ. ove tale omissione concerna almeno due bilanci di esercizio. La circostanza che, attraverso la locazione degli immobili oggetto di attività sociale, nel corso degli anni siano state ricavate risorse finanziarie e pagati i debiti sociali, non esclude che non debba prendersi atto dell’impossibilità di funzionamento dell’assemblea e della sua perdurante inattività, causa di scioglimento della società ai sensi della norma codicistica, alla quale non può sopperire un’attività di fatto slegata dal controllo e dalle determinazioni dell’ organo collegiale.
È legittima la condanna alle spese giudiziali nel procedimento promosso in sede di reclamo, ex art. 739 cod. proc. civ., avverso provvedimento reso in camera di consiglio, atteso che ivi si profila comunque un conflitto tra parte impugnante e parte destinataria del reclamo, la cui soluzione implica una soccombenza che resta sottoposta alle regole dettate dagli articoli 91 ss. cod. proc. civ., e che, inoltre, se lo sviluppo del procedimento nella fase di impugnazione non può ovviamente conferire al procedimento stesso carattere contenzioso in senso proprio, si deve tuttavia riconoscere che - in tale fase - le posizioni delle parti con riguardo al provvedimento dato assumono un rilievo formale autonomo, che dà fondamento alla applicazione estensiva dell’art. 91 citato.
In mancanza di analitiche previsioni statutarie, l'esclusione dell'associato dall'associazione non riconosciuta - regolata dall'art.24 c.c. dettato per le associazioni riconosciute ma applicabile anche a quelle prive di tale requisito formale - può essere deliberata solo per gravi motivi che devono consistere in inadempimenti rilevanti all'accordo associativo e che devono essere previsti in modo sufficientemente specifico nello statuto, con facoltà per l'escluso di ricorrere all'autorità giudiziaria entro sei mesi dal giorno in cui gli è stata notificata la deliberazione.
L'elencazione specifica dei gravi motivi contenuta nell'atto costitutivo arresta la verifica giudiziale al mero accertamento della puntuale ricorrenza o meno dei fatti che lo statuto contempla come causa di esclusione, mentre nel caso della loro generica elencazione il giudice, in applicazione dell'art. 24 c.c., da un lato, valuta la proporzionalità tra le conseguenze del comportamento addebitato all'associato e l'entità della lesione da lui arrecata agli altrui interessi e, dall'altro, verifica la radicalità del provvedimento espulsivo che definitivamente elide l'interesse del singolo a permanere nell'associazione.
Allo statuto dell'associazione è demandato, quale lex specialis, il compito di regolare i reciproci rapporti tra gli associati anche con la previsione di particolari modalità procedimentali applicabili al consesso collettivo sulla base dell'accordo inizialmente concluso tra i soggetti fondatori e suscettibile di estensione ai successivi aderenti per cui, nel caso di assenza di regolamentazione, l'associato può essere escluso senza la sua previa convocazione o contestazione degli addebiti, modalità che non possono ritenersi imposte né da una regola di specie né da un principio generale dell'ordinamento giuridico.
Ove lo statuto preveda la previa contestazione degli addebiti, deve ritenersi che, nell’accertare se l’esclusione sia stata deliberata nel rispetto delle regole procedurali stabilite dalla legge e dallo statuto, il giudice debba verificare anche la specificità della contestazione, al fine di accertare la puntuale ricorrenza o meno, nel caso di specie, di quei fatti che l'atto costitutivo contempla come causa di esclusione o (quando nessuna indicazione specifica sia contenuta nell’atto costitutivo o nello statuto o quando si sia in presenza di formule generali ed elastiche) al fine di verificare l’effettiva gravità del fatto.