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Tribunale di Roma, 28 Marzo 2023, n. 5034/2023
Risoluzione del contratto di cessione di azienda per mancato pagamento del prezzo
In tema di prova dell’adempimento di un’obbligazione, il creditore che agisce per la risoluzione del contratto, per il risarcimento del danno o per l’adempimento deve limitarsi a provare la fonte...

In tema di prova dell’adempimento di un’obbligazione, il creditore che agisce per la risoluzione del contratto, per il risarcimento del danno o per l’adempimento deve limitarsi a provare la fonte -negoziale o legale - del proprio diritto e il relativo termine di scadenza, potendo semplicemente allegare l’inadempimento della controparte. Incombe invece sul debitore convenuto l’onere di dimostrare il fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento.

Ai fini del riconoscimento del danno da inadempimento, il creditore è tuttavia tenuto ad allegare e provare l’esistenza di una lesione, ossia la diminuzione del bene della vita (patrimonio, salute, immagine, ecc.) di cui chiede ristoro, nonché il nesso causale tra tale lesione e la condotta del debitore. Il danno risarcibile integra infatti un quid pluris rispetto alla semplice condotta inadempiente o illecita, con la conseguenza che, in difetto della sua puntuale allegazione e prova, la domanda di risarcimento risulta priva di oggetto.

Tribunale di Milano, 2 Dicembre 2024
Cessione di partecipazioni sociali e applicazione analogica del divieto di concorrenza ex art. 2557 c.c.
Il divieto di concorrenza ex art. 2557 c.c. può applicarsi analogicamente anche ai soci nell’ipotesi della cessione della partecipazione sociale di governo della società e, nello specifico, del socio di...

Il divieto di concorrenza ex art. 2557 c.c. può applicarsi analogicamente anche ai soci nell’ipotesi della cessione della partecipazione sociale di governo della società e, nello specifico, del socio di riferimento (anche non unico) cui è riconducibile l’attività di impresa allorché sia autonomamente titolare di adeguata conoscenza dei clienti e dell’organizzazione aziendale, sufficiente a consentirgli l’esercizio di concorrenza differenziale nei confronti dell’acquirente. L’operatività di suddetto divieto rimane subordinata ad un giudizio di “idoneità” della nuova impresa a sviare la clientela di quella ceduta.

Nel caso di cessione d’azienda, può integrare una condotta di concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598, n. 3 c.c., la presa di contatto della clientela altrui in maniera sistematica quando si inserisce nel quadro di comportamenti tendenti a svuotare l’azienda trasferita dei mezzi necessari per la sua prosecuzione nell’immediato periodo successivo al trasferimento e ad acquisire l’avviamento di quest’ultima.

Tribunale di Milano, 15 Gennaio 2024
Uso effettivo del marchio valido ad escludere la decadenza per non uso
Ai sensi dell’art. 2556 c.c., per le imprese soggette a registrazione, nei contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà o il godimento dell’azienda è stabilito l’onere della forma...

Ai sensi dell’art. 2556 c.c., per le imprese soggette a registrazione, nei contratti che hanno per oggetto il trasferimento della proprietà o il godimento dell’azienda è stabilito l’onere della forma scritta ad probationem che, se non opera rispetto ai terzi, certamente opera con riguardo alle parti contraenti. Una cessione incrociata di quote societarie non può valere quale contratto di cessione d’azienda, e ciò a fortiori se non vede come parte il soggetto che si sostiene aver acquisito l’azienda.

Risulta ammissibile la domanda di decadenza per non uso di marchio registrato, proposta dall’attrice in via di reconventio reconventionis, in via subordinata e condizionata al rigetto della domanda principale, prima dello spirare del termine fissato dall’art. 183, comma 5, c.p.c. e in conseguenza della domanda riconvenzionale di condanna al pagamento di una somma per l’illecito utilizzo del marchio.

Per orientamento costante l’uso del marchio che impedisce la decadenza deve essere effettivo, non meramente simbolico e non sporadico e deve riguardare quantitativi di prodotti non irrilevanti. In ragione della funzione distintiva che assolve il marchio e per lo statuto di libera appropriabilità dei segni, è meritevole di tutela solo quel marchio che sia oggetto di reale interesse da parte del titolare e che, dunque, raggiunga nel suo utilizzo una certa soglia di significatività attraverso una presenza reale sul mercato, idonea a radicare un collegamento rispetto al prodotto e una seria presenza concorrenziale presso i consumatori. La valutazione dell’effettività dell’uso del marchio deve basarsi sull’insieme dei fatti e delle circostanze atti a provare che esso è oggetto di uno sfruttamento commerciale reale, sicché occorre a tal fine prendere in considerazione in modo specifico gli usi considerati giustificati, nel settore economico interessato, per mantenere o creare quote di mercato per le merci o i servizi tutelati dal marchio, la natura di tali merci o servizi, le caratteristiche del mercato, l’ampiezza e la frequenza dell’uso del marchio. Secondo la giurisprudenza nazionale, l’uso del marchio idoneo ad impedire la decadenza deve essere tale da avere conseguenze economiche sul mercato, onde si richiede la dimostrazione di un’effettiva distribuzione del prodotto presso il pubblico e di una presenza certa sul mercato capace di incidere sulla sfera dei concorrenti.

L’uso idoneo ad evitare la decadenza del marchio può essere ricondotto anche all’attività di un terzo purché vi sia il consenso del titolare. L’art. 24 c.p.i. richiede soltanto che l’uso del marchio sia consentito e, in tal modo, dà rilevanza a qualunque atto permissivo del titolare che non necessariamente deve coincidere con la concessione in uso propria del contratto di licenza.

Colui che agisce per la declaratoria di decadenza di un marchio, e che ha l’onere di provare il non uso di quel marchio nell'intero territorio nazionale, può assolverlo anche in via indiretta e presuntiva, purché con la prova di circostanze significative e concordanti idonee ad evidenziare tale non uso.

Il semplice invio di una diffida stragiudiziale è qualificabile come atto puramente conservativo e non rappresenta una modalità di esercizio del segno in conformità alla sua funzione tipica che è quella di distinguere sul mercato beni o servizi.

Il mero rinnovo della registrazione del marchio non integra un uso effettivo valido ad escluderne la decadenza se non associato ad un utilizzo effettivo in funzione distintiva.

Tribunale di Venezia, 4 Gennaio 2024
Prova della cessione d’azienda e responsabilità per i debiti della cedente
Il creditore può dare prova anche presuntiva della cessione dell’azienda o di suo ramo, al fine di esercitare il credito nei confronti dell’impresa cessionaria. Ai fini della sussistenza della responsabilità...

Il creditore può dare prova anche presuntiva della cessione dell’azienda o di suo ramo, al fine di esercitare il credito nei confronti dell’impresa cessionaria.

Ai fini della sussistenza della responsabilità della cessionaria per i debiti della cedente è necessario che il debito sussistente in capo alla cedente sia anteriore rispetto al momento della cessione.

Costituisce titolo di responsabilità ex art. 2394 c.c. l'incasso in contatti del corrispettivo della vendita di un bene aziendale.

 

Tribunale di Milano, 8 Aprile 2022
Cessione d’azienda e subentro automatico nel contratto di leasing
A differenza dell’ipotesi generale della cessione del  contratto, ex art. 1406 c.c., la cessione d’azienda prescinde del tutto dalla volontà, espressa o tacita, delle parti stipulanti e neppure richiede, per...

A differenza dell’ipotesi generale della cessione del  contratto, ex art. 1406 c.c., la cessione d’azienda prescinde del tutto dalla volontà, espressa o tacita, delle parti stipulanti e neppure richiede, per il suo perfezionamento, il consenso del contraente ceduto. Il subentro del cessionario si verifica automaticamente al momento della cessione, senza necessità del consenso del contraente ceduto, salva la facoltà di quest’ultimo di proporre opposizione, per gravi motivi, entro tre mesi dalla comunicazione dell’avvenuta cessione. Tale comunicazione non condiziona la validità dell’atto di cessione del contratto, ma soltanto la sua opponibilità al terzo.

Tribunale di Roma, 11 Settembre 2023
In Evidenza
Nullità della cessione d’azienda che modifica sostanzialmente l’oggetto sociale della s.r.l. decisa dagli amministratori
La cessione d’azienda è un’operazione straordinaria, avente ad oggetto il trasferimento di un complesso aziendale a fronte di un corrispettivo in denaro o in natura. Ai sensi dell’art. 2112, co....

La cessione d’azienda è un’operazione straordinaria, avente ad oggetto il trasferimento di un complesso aziendale a fronte di un corrispettivo in denaro o in natura. Ai sensi dell’art. 2112, co. 5, c.c., si considera trasferimento d’azienda una qualsiasi operazione, posta in essere in seguito a cessione contrattuale o fusione, che comporti il mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità. Per la cessione di azienda è necessaria la forma ad probationem e non ad substantiam, salvo che la forma scritta non sia resa necessaria per la natura dei beni trasferiti o per il tipo di contratto attraverso il quale avviene il trasferimento. Inoltre, se le imprese cedute sono soggette a registrazione presso il registro delle imprese, gli atti di cessione devono essere iscritti presso il registro delle imprese e redatti con atto pubblico o scrittura privata autenticata, prevedendo il deposito della stessa iscrizione, da parte del notaio, entro trenta giorni.

La cessione d’azienda che trasformi l’attività dell’impresa cedente da produttiva a finanziaria rientra tra gli atti che modificano l’oggetto sociale stabilito nell’atto costitutivo, nonché i diritti dei soci. Il difetto del potere rappresentativo degli amministratori in relazione a tale operazione rende invalido l’atto di cessione stipulato dagli stessi in assenza di delibera assembleare ed è opponibile ai terzi, indipendentemente da qualsiasi indagine sull’elemento soggettivo. Ai sensi dell’art. 1418 c.c., infatti, il contratto è nullo quando è contrario a norme imperative, tra cui quella dell’art. 2479, co. 2, n. 5, c.c., che riserva ai soci il diritto di decidere se compiere operazioni che comportano una sostanziale modificazione dell’oggetto sociale determinato nell’atto costitutivo o una rilevante modificazione dei diritti dei soci.

La cessione di azienda o del ramo di azienda non integra un mero atto ultra vires realizzato dagli amministratori ed occasionalmente estraneo all’oggetto sociale, ma realizza un vero e proprio mutamento del settore di attività della società e del grado di rischio di investimento dei soci. Inoltre, nella categoria generale degli atti ultra vires, si distinguono quelli che, sebbene estranei all’oggetto sociale, non comportano una sua modifica, da quelli estranei in quanto modificativi dell’oggetto sociale. I primi, da individuarsi negli atti aventi contenuto intrinsecamente esorbitante dal perseguimento dello specifico programma economico della società, sono opponibili solo alle condizioni di cui all’art. 2475 bis, co. 2, c.c., mentre i secondi sono sempre opponibili, in quanto posti in essere in violazione di una limitazione legale. Soltanto in relazione a tale ultima categoria di operazioni, quali, appunto, la cessione dell’azienda con modifica di fatto dell’oggetto sociale, il legislatore stabilisce, da un lato, la competenza decisoria dei soci e, dall’altro, l’opponibilità incondizionata ai terzi della violazione di tale regola di competenza da parte degli amministratori. Muovendo da tali premesse, si può affermare che l’art. 2479, co. 2, n. 5, c.c. pone un limite legale inderogabile ai poteri di rappresentanza degli amministratori, la cui violazione – a differenza del superamento dei limiti convenzionali – è sempre opponibile ai terzi. Si esclude, pertanto, che l’atto possa rientrare nella sfera di competenza degli amministratori in forza del carattere generale del loro potere di rappresentanza, sancito dall’art. 2475 bis c.c.

L’assenza di una decisione dei soci configura, così, la violazione di una norma inderogabile posta a presidio dei limiti non convenzionali, bensì legali del potere di rappresentanza degli amministratori, sicché non può essere invocata l’inopponibilità dell’invalidità dell’atto di cessione. Pertanto, se l’atto di disposizione d’azienda o di un suo ramo eccede i poteri che per legge spettano agli amministratori e implica una violazione del riparto legale delle competenze tra assemblea e amministratori, la sanzione va individuata non già nell’annullabilità del contratto, ma nella sua nullità. Non rileva in contrario che l’art. 2479, co. 2, n. 5, c.c. non prevede il rimedio della nullità quale conseguenza della sua violazione, poiché, in presenza di un negozio contrario a norme imperative, la mancanza di un’espressa sanzione di nullità non è rilevante ai fini della nullità dell’atto negoziale in conflitto con il divieto, essendo applicabile l’art. 1418, co. 1, c.c., che rappresenta un principio generale rivolto a prevedere e disciplinare proprio quei casi in cui alla violazione dei precetti imperativi non si accompagna una previsione di nullità.

Il complesso di beni costituito in azienda è una universalità di beni ai sensi dell'art. 816 c.c., per la quale non può trovare applicazione il principio dell'acquisto immediato in virtù del possesso, ai sensi dell'art. 1153 c.c., in virtù dell'esplicita esclusione sancita dall'art. 1156 c.c. La cessione di azienda da parte di chi non è divenuto titolare integra un’ipotesi di acquisto a non domino (e, pertanto, deve qualificarsi come vendita di cosa altrui), anche se l'acquirente non fosse a conoscenza dell’inesistenza di un valido titolo di proprietà dell’azienda in capo al venditore. Nei confronti del proprietario del bene, la cessione a non domino è inefficace, potendo, quindi, egli pretenderne la restituzione da colui che l’ha acquistato da soggetto non legittimato alla vendita.

La responsabilità civile del notaio ha natura contrattuale, ex art. 1218 c.c., rispondendo egli quale professionista incaricato dal suo cliente, in forza di un rapporto riconducibile al contratto di mandato. La prestazione alla quale è tenuto il notaio, quale professionista, non è di risultato, ma di mezzi. Tuttavia, ciò non vuol dire che egli possa limitarsi ad accertare la volontà delle parti e a dirigere la redazione dell'atto notarile. Il notaio deve compiere le attività preliminari e conseguenti all'atto che si rendano necessarie per garantire che lo stesso sia certo e idoneo ad assicurare il raggiungimento dello scopo tipico e del risultato pratico perseguiti dalle parti.

Tribunale di Milano, 24 Novembre 2022
Distinzione tra cessione di quote sociali e cessione di azienda
Il negozio di cessione di quote sociali non può essere riqualificato quale contratto di cessione di azienda che obblighi il cedente a rispondere dei debiti sociali ai sensi dell’art. 2560...

Il negozio di cessione di quote sociali non può essere riqualificato quale contratto di cessione di azienda che obblighi il cedente a rispondere dei debiti sociali ai sensi dell’art. 2560 c.c. Infatti, quale che sia l’attività svolta da una società commerciale e quale la consistenza del suo patrimonio, il trasferimento da un soggetto ad un altro di una quota di partecipazione non è mai qualificabile come trasferimento della proprietà o del godimento di un’azienda, che è il complesso dei beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa ai sensi dell’art. 2555 c.c. Tale equiparazione non può essere neppure operata mediante il richiamo alla disciplina fiscale (cfr. art. 20 d.p.r. 131/86, TUR, come modificato dalla l. 205/2017 e dalla l. 145/2018) che, ai fini dell’imposta di registro, richiama l’intrinseca natura e gli effetti giuridici prodotti dall’atto. A fini fiscali, si è dunque ritenuto che potessero essere riqualificati, quali cessione di azienda, due distinti negozi, di conferimento di azienda in una società di nuova costituzione e di successiva cessione delle partecipazioni della società stessa. Tale prospettazione qui non è corretta tenuto conto che: (i) la cessione totalitaria di partecipazione non ha la stessa natura e non produce gli stessi effetti della cessione di azienda (ad esempio, la prima attribuisce al cessionario un diritto personale di partecipazione alla vita societaria e non un diritto reale sul patrimonio sociale distinto dalla persona dei soci); (ii) i successivi interventi legislativi (art. 1, co. 87, l. 205/2017 e art. 1, co. 1084, l. 145/2018), confermati da due sentenze della Corte Costituzionale n. 158/2020 e 39/2021, impongono di esaminare, anche a fini fiscali, individualmente ogni singolo atto.

Tribunale di Milano, 10 Novembre 2020
Cessione d’azienda e conoscenza del debito da parte della cessionaria
L’iscrizione nei libri contabili obbligatori è elemento costitutivo essenziale della responsabilità dell’acquirente dell’azienda e l’omessa dimostrazione di tale iscrizione determina il mancato adempimento dell’onus probandi in capo alla parte creditrice...

L’iscrizione nei libri contabili obbligatori è elemento costitutivo essenziale della responsabilità dell'acquirente dell'azienda e l’omessa dimostrazione di tale iscrizione determina il mancato adempimento dell’onus probandi in capo alla parte creditrice circa un requisito necessario ai fini della responsabilità solidale del cessionario e, quindi, del titolo a fondamento della relativa pretesa. Ne consegue che la domanda svolta dall’ingiungente nei confronti del cessionario d'azienda ai sensi dell’art. 2560 c.c. deve essere rigettata per mancanza di prova sia in ordine ad un elemento costitutivo "essenziale" consistente nell’iscrizione dei debiti de quibus nei libri contabili obbligatori dell’azienda ceduta, sia, secondo il più recente principio della Corte di legittimità, per mancata allegazione nonché per omessa dimostrazione della circostanza che la cessione d’azienda sia stata utilizzata dai contraenti come strumento fraudolento per spogliare la società debitrice di ogni attivo, precludendo in tal modo il recupero del credito.

Tribunale di Bologna, 2 Dicembre 2022
Prova dell’esistenza di una società di fatto. Responsabilità dell’acquirente per i debiti dell’azienda ceduta
La società di fatto è una società avente tutti i requisiti previsti dall’art. 2247 c.c., senza che i partecipanti all’esercizio in comune dell’attività economica esprimano necessariamente una volizione, tesa all’adozione...

La società di fatto è una società avente tutti i requisiti previsti dall’art. 2247 c.c., senza che i partecipanti all’esercizio in comune dell’attività economica esprimano necessariamente una volizione, tesa all’adozione delle regole organizzative tipiche del fenomeno societario. Sotto il profilo sostanziale, la prova dell’esistenza di una società di fatto deve passare attraverso la dimostrazione della sussistenza, in concreto, di tre elementi fondamentali: il fondo comune, la partecipazione comune dei soci di fatto agli utili e alle perdite dell’attività e, in un’ottica prettamente soggettiva, l’affectio societatis. Sotto il profilo processuale, nell’ambito del giudizio di merito l’esistenza di una società di fatto vada provata, in difetto di un contratto scritto, attraverso il ricorso a qualunque mezzo probatorio contemplato dall’ordinamento giuridico, ivi comprese le presunzioni semplici di cui all’art. 2729 c.c., purché l’accertamento dei tre requisiti sostanziali su cui si fonda la società di fatto avvenga in maniera rigorosa.

Costituisce trasferimento d’azienda ai sensi dell’art. 2112 c.c. qualsiasi operazione che comporti il mutamento della titolarità di un’attività economica qualora l’entità oggetto del trasferimento conservi, successivamente allo stesso, la propria identità, da accertarsi in base al complesso delle circostanze di fatto che caratterizzano la specifica operazione (tra cui il tipo d’impresa, la cessione o meno degli elementi materiali, la riassunzione o meno del personale, il trasferimento della clientela, il grado di analogia tra le attività esercitate). L’art. 2112, co. 2, c.c., che prevede la solidarietà tra cedente e cessionario per i crediti vantati dal lavoratore al momento del trasferimento d’azienda a prescindere dalla conoscenza o conoscibilità degli stessi da parte del cessionario, presuppone la vigenza del rapporto di lavoro al momento del trasferimento d’azienda, con la conseguenza che non è applicabile ai crediti relativi ai rapporti di lavoro esauritisi o non ancora costituitosi a tale momento, salva in ogni caso l’applicabilità dell’art. 2560 c.c., che contempla in generale la responsabilità dell’acquirente per i debiti dell’azienda ceduta, ove risultino dai libri contabili obbligatori. L’iscrizione nei libri contabili obbligatori dell’azienda è un elemento costitutivo essenziale della responsabilità dell’acquirente dell’azienda per i debiti ad essa inerenti. Pertanto, chi voglia far valere i corrispondenti crediti contro l’acquirente dell’azienda ha l’onere di provare, fra gli elementi costitutivi del proprio diritto, anche detta iscrizione, e il giudice, se non può effettuare d’ufficio l’indagine sull’esistenza o meno dell’iscrizione medesima, ben può d’ufficio rilevare che quest’ultima, quale elemento essenziale della responsabilità del convenuto, non sia stata provata.

Tribunale di Milano, 15 Febbraio 2016
Trasferimento d’azienda: nozione ed obblighi di esecuzione del contratto
In tema di trasferimento d’azienda, onde accertare se vi sia stato il trasferimento “di un’entità economica organizzata finalizzata al perseguimento di uno specifico obbiettivo” occorre sussistano una pluralità di elementi 

In tema di trasferimento d’azienda, onde accertare se vi sia stato il trasferimento “di un’entità economica organizzata finalizzata al perseguimento di uno specifico obbiettivo” occorre sussistano una pluralità di elementi  (altro…)

Tribunale di Milano, 10 Luglio 2017
In Evidenza
Collegamento contrattuale tra contratto di cessione di quota e contratto di cessione del ramo d’azienda. Trasferibilità di attestazione SOA. Cessione di quote e interessi moratori
Affinché possa configurarsi un collegamento contrattuale tra il contratto di cessione di quota di società e il contratto di cessione del ramo d’azienda (di cui la quota non è parte)...

Affinché possa configurarsi un collegamento contrattuale tra il contratto di cessione di quota di società e il contratto di cessione del ramo d'azienda (di cui la quota non è parte) è necessario che sussistano: (i) una "unitarietà dell'interesse globalmente perseguito"; (altro…)

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