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Tribunale di Milano, 12 Dicembre 2024, n. 10757/2024
L’uso del cognome per attività professionali dopo la cessione del marchio patronimico è lecito purchè non determini un effetto confusorio
Il patronimico, quando corrisponde a un marchio, può essere utilizzato purché tale uso non determini un effetto confusorio. Chi registra il proprio cognome come marchio patronimico e lo cede in...

Il patronimico, quando corrisponde a un marchio, può essere utilizzato purché tale uso non determini un effetto confusorio. Chi registra il proprio cognome come marchio patronimico e lo cede in seguito a terzi può continuare a utilizzare il cognome esclusivamente in funzione descrittiva per le proprie attività professionali, ma solo a condizione di non provocare un effetto di agganciamento e confusione con il marchio. Pertanto, sussiste la contraffazione quando il marchio accusato contenga il patronimico protetto, pur se accompagnato da altri elementi.

L'articolo 2557 c.c. , in tema di divieto di concorrenza, trova  applicazione analogica nel caso in cui, anziché l'azienda, siano cedute le partecipazioni di controllo di una società che esercita un'impresa commerciale.

Tribunale di Milano, 16 Gennaio 2024, n. 483/2024
Procedibilità e improcedibilità delle domande relative a un marchio in titolarità di una società fallita
È da ritenersi procedibile di fronte alla Sezione specializzata in materia di Impresa la domanda di nullità del marchio in titolarità di una società medio tempore fallita, proposta con un’azione...

È da ritenersi procedibile di fronte alla Sezione specializzata in materia di Impresa la domanda di nullità del marchio in titolarità di una società medio tempore fallita, proposta con un’azione dichiarativa della nullità del marchio, a cui non consegue alcun obbligo restitutorio, ma soltanto l'inibitoria relativa all’uso del medesimo, poiché non è ravvisabile alcun rapporto di strumentalità necessaria con richieste restitutorie o di condanna al pagamento di somme che potrebbero comportare un depauperamento del patrimonio fallimentare. Ugualmente è procedibile, anche in caso di fallimento, la domanda di accertamento della contraffazione e degli illeciti concorrenziali cui consegue l’emanazione di provvedimenti inibitori.

Non sono procedibili l’azione di rivendica ex art. 118 c.p.i. e la domanda di trasferimento delle registrazioni e dei domain names, in quanto la regola dell'assoggettamento al concorso formale di ogni credito, dettata dall'art.52 L.F., con nesso di strumentalità e complementarità rispetto al divieto delle azioni esecutive individuali, ex art.51 L.F., non consente la proposizione in sede ordinaria di azione di condanna o anche di accertamento, prodromica ad azione di condanna, perché nessuna fattispecie satisfattoria di posizioni creditorie particolari, incidente con effetto depauperatorio sul patrimonio del fallito vincolato al soddisfacimento paritetico dei creditori può legittimamente trovare luogo al di fuori del concorso.

Tribunale di Milano, 22 Dicembre 2021
Limiti all’inserimento nel marchio di un patronimico identico al marchio celebre di un terzo
L’inserimento, nel marchio, di un patronimico coincidente con il nome della persona che in precedenza l’abbia incluso in un marchio registrato, divenuto celebre, e poi l’abbia ceduto a terzi, non...

L'inserimento, nel marchio, di un patronimico coincidente con il nome della persona che in precedenza l'abbia incluso in un marchio registrato, divenuto celebre, e poi l'abbia ceduto a terzi, non è conforme alla correttezza professionale se non sia giustificato, in una ambito strettamente delimitato, dalla sussistenza di una reale esigenza descrittiva inerente all'attività, ai prodotti o ai servizi offerti dalla persona che ha certo il diritto di svolgere una propria attività economica ed intellettuale o creativa ma senza trasformare la stessa in un'attività parallela a quella per la quale il marchio anteriore sia non solo stato registrato ma abbia anche svolto una rilevante sua funzione distintiva.

Tribunale di Torino, 28 Giugno 2019
Confondibilità tra marchio patronimico e denominazione sociale
Il nome di un collaboratore di un’azienda (per quanto noto e con funzioni rilevanti) non può essere considerato come preuso di un segno distintivo da poter far valere nei confronti...

Il nome di un collaboratore di un’azienda (per quanto noto e con funzioni rilevanti) non può essere considerato come preuso di un segno distintivo da poter far valere nei confronti di un marchio o di una ditta successivamente registrati.

L’ipotesi contenuta nell’art. 21 c.p.i. lett. A) può essere esemplificata ideologicamente nell’esigenza di consentire l’uso di segni con funzioni descrittive di dati reali del prodotto, del produttore e dell’uso del prodotto, con il limite che subordina tali facoltà, eccezionali rispetto al diritto di esclusiva, alla circostanza che esso sia conforme ai principi della correttezza professionale ed avvenga in funzione descrittiva. Un'impresa può bensì inserire nella propria ditta una parola che già faccia parte del marchio di cui sia titolare altra impresa, anche quando entrambe operino nello stesso mercato, ma non è lecito che essa utilizzi quella parola anche come marchio. Nel giudizio di confondibilità non si deve tener conto degli elementi descrittivi o generici ma solo del nucleo caratteristico e predominante, definito “cuore del segno”. Si ritiene che esso vada desunto dalla obiettiva composizione dei segni distintivi usati, con riguardo al risultato percettivo, che l’insieme degli elementi nella loro globale composizione può determinare nella clientela di media diligenza ed attenzione e che, una volta accertati gli elementi d’identità, somiglianza e diversità, si debba effettuare un giudizio finale per sintesi.  
In aggiunta, l’identità del patronimico, sebbene vi sia uguaglianza tra i prodotti commercializzati, non riguarda il nucleo ideologico caratterizzante il messaggio, non essendo il patronimico, come già affermato, il cuore della ditta dell’azienda convenuta. Vi è confondibilità solo nel caso in cui vi sia appropriazione del nucleo centrale dell’ideativo messaggio individualizzante del marchio anteriore, con riproduzione od imitazione di esso nella parte atta ad orientare le scelte dei potenziali acquirenti; detto nucleo centrale, peraltro, non è identificabile nel mero riferimento a situazioni e contesti ricollegabili ad un determinato settore merceologico, ma riguarda quel quid pluris che connoti, all'interno di quel settore, una specifica offerta.

Tribunale di Torino, 18 Maggio 2016
Criteri di legittimità per l’uso del patronimico coincidente con l’altrui marchio
L’uso del proprio patronimico coincidente con l’altrui marchio per contraddistinguere la propria attività deve essere considerato legittimo se conforme alla correttezza professionale, circostanza da ritenere sussistente qualora l’utilizzo avvenga a...

L’uso del proprio patronimico coincidente con l'altrui marchio per contraddistinguere la propria attività deve essere considerato legittimo se conforme alla correttezza professionale, circostanza da ritenere sussistente qualora l'utilizzo avvenga a fini meramente identificativi/distintivi dell’autore delle prestazioni svolte, il che (altro…)

Tribunale di Milano, 25 Febbraio 2016
Nozione di marchio rinomato e principio di unitarietà dei segni distintivi
Affinché un marchio possa definirsi rinomato è sufficiente che il segno sia conosciuto da una parte significativa del pubblico interessato ai prodotti o servizi contraddistinti.Il requisito della rinomanza del marchio...

Affinché un marchio possa definirsi rinomato è sufficiente che il segno sia conosciuto da una parte significativa del pubblico interessato ai prodotti o servizi contraddistinti.Il requisito della rinomanza del marchio deve essere valutato tenendo conto a) della quota di mercato detenuta dal marchio, b) dell’ intensità (altro…)

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