Ai fini dell’iscrizione nel registro delle imprese dell’atto di trasferimento di quote con firma digitale (art. 36, comma 1-bis d.l. 112/2008, conv. nella legge 133/2008), tale atto deve essere in formato digitale ab origine e sottoscritto digitalmente dalle parti dopo essere stato convertito in file con estensione PDF/A. Non sono di contro ammesse procedure di digitalizzazione di secondo grado, come la scansione di un documento cartaceo.
Il registro delle imprese ha assunto, per volontà del legislatore del 1993, le funzioni tipiche di un pubblico registro cui è assegnata una insostituibile funzione informativa e pubblicitaria, costituendo in particolare l’unica fonte con validità legale dei fatti ed atti riguardanti il mondo delle imprese. Il registro, dunque, è destinato a creare nei confronti dei terzi un legittimo affidamento, giuridicamente tutelato, della legalità e validità delle informazioni e dei dati ivi inseriti; la funzione specifica di un pubblico registro consiste nel diritto, riconosciuto ad ogni cittadino, di accedervi ricavandone informazioni che hanno piena valenza giuridica, il che significa che le stesse sono normalmente esatte e veritiere, che possono essere utilizzate in ogni contenzioso da parte dei soggetti in lite e che il giudice le deve assumere come vere.
Con riferimento ai limiti del sindacato devoluto (dapprima) al conservatore del registro e (successivamente) al giudice del registro, si osserva che tali soggetti devono esercitare un controllo formale che si appunta sui requisiti formali della domanda (competenza dell’ufficio, provenienza e certezza giuridica della sottoscrizione, riconducibilità dell’atto da iscrivere al tipo legale, legittimazione alla presentazione dell’istanza di iscrizione). Essi, poi, devono valutare se l’illiceità dell’atto comprometta la riconducibilità al tipo legale giuridico di atto iscrivibile. Tuttavia, un controllo meramente formale non esaurisce i poteri (e la funzione) del conservatore. Al conservatore, infatti, è demandato anche il compito di verificare il concorso delle condizioni richieste dalla legge per l’iscrizione (art. 2189, co. 2, c.c.): tale compito, evidentemente, implica l’accertamento della corrispondenza dell’atto o del fatto del quale si chiede l’iscrizione a quello previsto dalla legge, in ciò sostanziandosi il c.d. controllo qualificatorio. Così, il conservatore non deve limitarsi a ricevere l’atto e a verificare la regolarità e la completezza della domanda sotto il profilo formale, ma deve altresì procedere, appunto, alla qualificazione dell’atto presentato per l’iscrizione, onde accertare se sia conforme al modello di atto previsto dalla legge per il quale è prescritta l’iscrizione. In altre parole, è riconosciuto al conservatore (e, quindi, al giudice del registro) il potere di verificare se l’atto di cui si richiede l’iscrizione integri gli estremi della fattispecie per cui è richiesta l’iscrizione e, quindi, se l’atto da iscrivere corrisponda al modello legale (controllo di tipicità).
Il conservatore ha la funzione di verificare la compatibilità logica-giuridica tra le diverse iscrizioni. Ad opinare diversamente – nel senso, cioè, che il conservatore non possa verificare la compatibilità dell’atto con le risultanze del registro – verrebbe ad essere vanificata la stessa funzione del registro delle imprese, in quanto si verificherebbe la possibilità di iscrizione tra loro incompatibili, con conseguente venir meno di ogni possibile legittimo affidamento da parte dei terzi in ordine alla legalità ed alla validità delle informazioni contenute nel registro stesso. La verifica della continuità delle iscrizioni e, in particolare, la verifica della compatibilità delle diverse iscrizioni può implicare una attività di interpretazione sotto il profilo giuridico del contenuto dell’atto o del provvedimento da iscrivere.
Esula dai poteri del conservatore – e, quindi, del giudice del registro – il controllo sul merito di una possibile lite tra i soci. Così, un atto o una deliberazione devono essere considerati come validamente assunti finché non interviene l’annullamento o la revoca in via giudiziale o stragiudiziale.
Il controllo ha ad oggetto la formale verifica della corrispondenza tipologica dell’atto da iscrivere a quello previsto dalla legge, senza alcuna possibilità di accertamento in ordine alla validità negoziale dell’atto, poiché tale controllo potrà essere fatto unicamente in sede giurisdizionale. La radicale illiceità dell’atto può venire in rilievo solo se compromette la riconducibilità al tipo giuridico di atto iscrivibile.
Il controllo di tipicità non può sconfinare in una valutazione di merito dell’atto depositato, non potendo implicare un giudizio relativo all’eventuale non corrispondenza al vero di quanto in esso rappresentato. La previsione ex art. 2485 c.c. di accertamento da parte degli amministratori in ordine alla ricorrenza di causa di scioglimento di società disegna in capo all’organo gestorio una specifica ed esclusiva competenza dichiarativa in ordine a tale evento, non sindacabile nell’ambito del controllo c.d. qualificatorio spettante al conservatore in sede d’iscrizione ex art. 2189 c.c., ma semmai solo controvertibile in sede contenziosa.
Il patto di prelazione inserito nello statuto di una società di capitali avente ad oggetto l’acquisto delle azioni sociali, poiché è preordinato a garantire un particolare assetto proprietario, ha efficacia reale e, in caso di violazione, è opponibile anche al terzo acquirente. La violazione della clausola statutaria contenente un patto di prelazione comporta l’inopponibilità nei confronti della società e dei soci titolari del diritto di prelazione – stante, appunto, l’efficacia reale del patto inserito nello statuto sociale – della cessione della partecipazione societaria (che resta, però, valida tra le parti stipulanti), nonché l’obbligo di risarcire il danno eventualmente prodotto, alla stregua delle norme generali sull’inadempimento delle obbligazioni. Per contro, siffatta violazione non comporta anche il diritto potestativo di riscattare la partecipazione nei confronti dell’acquirente, atteso che il c.d. retratto non integra un rimedio generale in caso di violazioni di obbligazioni contrattuali, ma solo una forma di tutela specificatamente apprestata dalla legge e conformativa dei diritti di prelazione, previsti per legge, spettanti ai relativi titolari. L’efficacia reale comporta di per sé l’opponibilità erga omnes della clausola, ma nel solo senso della inefficacia rispetto alla società dell’atto di trasferimento eseguito in violazione della clausola, potendo la società rifiutare di riconoscere quale socio l’acquirente della partecipazione il cui acquisto si sia verificato in violazione della clausola di prelazione. Al contrario, salvo il caso di espressa previsione statutaria, l’efficacia reale non implica la configurabilità di un diritto del socio pretermesso di riscattare la partecipazione oggetto della cessione non preceduta da adeguata denuntiatio. Il patto di prelazione vincola il socio nei confronti degli altri soci, nonché, se recepito nello statuto, anche nei confronti della società, ma non comporta la nullità del negozio traslativo nel rapporto tra socio cedente e terzo cessionario.
Il conservatore (e, quindi, il giudice del registro) non può operare, al momento dell’iscrizione di un atto di compravendita di partecipazioni sociali, una verifica del rispetto della clausola statutaria di prelazione, non afferendo tale valutazione al giudizio di corrispondenza tra l’atto da iscrivere ed il modello legale. In tali casi, infatti, la cessione delle partecipazioni sociali è perfettamente sussumibile nella fattispecie legale tipica a prescindere dal rispetto della clausola suddetta. La cessione delle quote o delle azioni corrisponde al modello legale cui aspira ad appartenere ancorché quella cessione sia intervenuta in violazione della clausola statutaria di prelazione proprio perché il rispetto di quest’ultima non assurge ad elemento costitutivo, sotto il profilo tipologico, della fattispecie. D’altra parte, anche a volere aderire all’orientamento più estensivo circa il perimetro dei controlli operabili dal conservatore e dal giudice del registro, la violazione della clausola di prelazione non sarebbe comunque verificabile in quanto da sua violazione non comporterebbe giammai la nullità del negozio traslativo.
I doveri di cui all’ultimo comma dell’art. 2487-bis c.c. incombono ex lege sugli amministratori uscenti e non sul liquidatore entrante.
Costituisce principio generale desumibile dalla specifica disciplina dell’efficacia delle vicende traslative della titolarità della quota sociale, prevista dall’art. 2470, co. 1 e 2, c.c. in funzione delle esigenze di certezza e trasparenza dell’organizzazione dell’ente, che, ai fini della corretta individuazione del soggetto legittimato all’esercizio dei diritti sociali nell’ambito endo-societario e, in particolare, all’esercizio del potere di voto in assemblea, rilevi solo l’iscrizione nel Registro delle Imprese del trasferimento, a prescindere dal momento in cui si sia prodotto l’effetto traslativo fra le parti o dalla conoscenza che ne avesse l’organo sociale.
La specifica disciplina dell’art. 2470, co. 1, c.c., secondo cui il trasferimento della partecipazione sociale ha effetto nei confronti della società solo dal momento del deposito dell’atto traslativo per l’iscrizione nel Registro delle Imprese, comporta di per sé che in ambito endo-societario la qualità di socio di s.r.l. vada attribuita specificatamente ai soggetti il cui atto di acquisto della partecipazione risulti iscritto nel Registro delle Imprese, senza che tale qualità possa quindi essere contestata, sempre a fini endo-societari, dagli organi sociali in riferimento a vicende di cessione pur realizzatesi tra i soci (o tra i soci e terzi) uti singuli ma non iscritte nel Registro delle Imprese.
La disciplina dell’art. 2470 c.c., co. 1, c.c., in quanto ispirata da esigenze di trasparenza e certezza delle situazione dominicali o organizzative connesse alla partecipazione sociale e genericamente riferita all’effetto del trasferimento della partecipazione sociale nei confronti della società include, in via di interpretazione estensiva, tutte le vicende della quota sociale traslative o costitutive, volontarie o forzose, che incidano con carattere di realità sulla disponibilità della partecipazione e sull’esercizio dei diritti ad essa connessi, oltre che tutte le vicende della partecipazione che, comunque, ammettano all’esercizio dei diritti sociali un soggetto diverso dal titolare. L’interpretazione estensiva della norma richiamata non collide, infatti, con il principio di tassatività delle iscrizioni nel Registro delle Imprese ed è funzionale alle esigenze di pubblicità e certezza delle vicende delle partecipazioni sociali che incidono sensibilmente sull’organizzazione dell’ente.
Anche l’acquisizione a seguito di vendita forzata della partecipazione sociale e la nomina di un custode, ai sensi dell’art. 520 c.p.c., legittimato all’esercizio del diritto di voto in luogo del socio debitore, sono vicende che devono essere iscritte nel Registro delle Imprese affinché possano avere efficacia nei confronti della società. E che anche ai fini della corretta individuazione del soggetto legittimato all’esercizio del diritto di voto in assemblea relativamente alla quota sociale espropriata, debba farsi esclusivo riferimento alle risultanze del Registro delle Imprese in ordine al soggetto che al momento della sua convocazione o riunione rivestiva la qualità di socio o la qualità di un diverso soggetto legittimato ad esprimerlo, ai sensi dell’art. 2471 bis c.c. e dell’art. 2352 c.c.
Sin dal momento della comunicazione delle proprie dimissioni l’amministratore perde la legittimazione a comunicare al Registro delle Imprese qualunque atto della società, incluse quindi le proprie dimissioni; pertanto, l’amministratore dimissionario può fare istanza in via amministrativa al Conservatore del Registro delle Imprese, che è tenuto ad attivare il procedimento di cui all’art. 2190 c.c. se rileva che un’iscrizione obbligatoria non sia stata effettuata.
L’opposizione di cui all’art. 2257 c.c. costituisce esercizio del potere gestorio che l’amministratore può esercitare con l’ampiezza della discrezionalità che gli compete, in tutti i campi in cui le scelte amministrative debbono esplicarsi: conseguentemente, non è dato, in sede giudiziale, sindacarne l’esercizio e lo stesso può ben estendersi alla decisione di partecipare o meno ad un’assemblea della società partecipata.
Per le società di persone l’iscrizione nel Registro delle Imprese dell’atto costitutivo e delle modifiche dei patti sociali ha natura normativa e non costitutiva; conseguentemente, è ben possibile per un soggetto - che formalmente non sia tra i sottoscrittori e/o gli aderenti successivi al contratto sociale - essere riconosciuto come socio (occulto) e richiedere l'esercizio dei propri diritti sociali (tra i quali il diritto alla corresponsione dell’utile): il socio occulto assume, dunque, tutti i diritti e le obbligazioni scaturenti dalla partecipazione ad una società di persone.
Grava sul soggetto che agisce per il riconoscimento della sua qualità di socio occulto di società di persone l’onere di dimostrare la propria natura di socio e l’accordo intervenuto con gli altri soci (anche con riguardo poi alla ripartizione degli utili e delle percentuali); onere che può essere espletato anche mediante elementi indiziari o presuntivi, non essendo necessaria l’esistenza di una scrittura privata inter partes ai fini della configurabilità della partecipazione occulta al rapporto sociale. In effetti, nel caso di specie la domanda avanzata dal socio (dichiaratosi) occulto era stata respinta non solo perché la scrittura invocata a fondamento della esistenza dell’accordo sociale si era rivelata non veritiera ma anche perché l’attore non aveva introdotto altri elementi di prova utili e l’interrogatorio formale dei convenuti non aveva prodotto una confessione sul punto.
Esula dai poteri del Conservatore - e, quindi, del Giudice del Registro - il controllo sul merito di una (possibile) lite tra i soci e, dunque, la valutazione in ordine alla validità sostanziale dell’atto. Così, un atto o una deliberazione devono essere considerati come validamente assunti finché non interviene
l’annullamento o la revoca in via giudiziale o stragiudiziale. In particolare, deve affermarsi che all’ufficio ed al Giudice del Registro compete soltanto la formale verifica della corrispondenza tipologica dell'atto da iscrivere a quello previsto dalla legge, senza alcuna possibilità di accertamento in ordine alla validità negoziale dell'atto, poiché tale controllo potrà essere svolto unicamente in sede giurisdizionale.
Nella categoria e nell'ambito del controllo c.d. qualificatorio viene fatto rientrare il controllo circa la legittimità dell'atto da iscrivere nella misura in cui il vizio di nullità da cui l'atto sia affetto sia tale da escludere che l'atto stesso possa essere ricondotto nello schema tipico previsto per quell'atto dal legislatore. In quest'ottica, è stato ammesso un controllo di legalità dato dalla verifica della corrispondenza tipologica dell'atto o del fatto del quale si chiede l'iscrizione a quello previsto dalla legge e, anche in tale ottica, un controllo di legittimità sostanziale limitato alla rilevazione di quei vizi di validità che siano individuabili prima facie e tali da rendere l'atto presentato immeritevole di iscrizione perché non corrispondente a quello previsto dalla legge. In altre parole, la radicale illiceità dell'atto può venire in rilievo solo se compromette la riconducibilità al "tipo" giuridico di atto iscrivibile (fermo restando che il controllo di tipicità non può sconfinare in una valutazione di merito dell'atto depositato, non potendo implicare un giudizio relativo all'eventuale non corrispondenza al vero di quanto in esso rappresentato).
Alla dichiarazione di inefficacia di un trasferimento di quote posto in essere in violazione della clausola di prelazione statutaria consegue l’ordine di cancellazione dal Registro delle Imprese dell’iscrizione di tale trasferimento.
Ai fini del rispetto del principio di continuità e completezza delle trascrizioni – il quale vuole che vengano iscritti tutti i mutamenti succedutisi nel tempo nella titolarità delle quote sociali, allo scopo di tutelare il legittimo affidamento dei terzi nei confronti del registro delle imprese – la domanda di iscrizione della cessione di singole frazioni di quote ereditarie presuppone non solo l’iscrizione del trasferimento mortis causa, ma altresì dell’atto divisionale che comporta l’assegnazione delle frazioni di quota a ciascuno dei condividenti e quindi delle modifiche nella titolarità e nell’esercizio delle situazioni soggettive che fanno capo ai singoli eredi. Mancando uno di questi atti sarà possibile disporre – ex art. 2191 c.c. – la cancellazione d’ufficio dal registro delle imprese dell’iscrizione dell’atto di trasferimento quote.
Deve essere accolta la domanda con cui l’attore – che ha ceduto il 50% delle proprie quote di partecipazione ad una S.r.l. ad altro soggetto tramite scrittura privata autenticata – chiede di ordinare al Conservatore del Registro delle Imprese l’iscrizione di tale cessione, previa esecuzione di tutte quelle formalità a ciò necessarie ma alle quali cui non era stato possibile provvedere a causa dell’indisponibilità e della mancata collaborazione in tal senso da parte dell’amministratore unico della S.r.l.
Deve invece ritenersi infondata ogni considerazione sul carattere fraudolento della cessione (su cui la convenuta S.r.l., nel caso di specie, ha fondato la propria domanda riconvenzionale), non solo in quanto materia estranea alla controversia – che verte in tema di mancata iscrizione di un atto di cessione di quote sociali e non di cancellazioni di iscrizioni eseguite in assenza delle condizioni di legge - ma anche in ragione della tardiva introduzione di una prospettazione difensiva del tutto nuova nel giudizio.
Condizione per la legittimazione all'esercizio dei diritti sociali in una s.r.l. (nel caso di specie il diritto a ricevere il pagamento di dividendi) è l'iscrizione dell'acquisto della quota di partecipazione nel registro delle imprese o, quantomeno, il deposito a registro imprese, per l'iscrizione, dell'atto recante il trasferimento della quota.
Al riguardo, l'art. 2470 cod. civ. - secondo cui il trasferimento delle partecipazioni ha effetto di fronte alla società dal momento del deposito del relativo atto - è una norma volta alla certezza nell'individuazione dei soci di S.r.l. all'evidente fine di assicurare certezza e stabilità ai processi interni alla società di capitali - deliberativi ed esecutivi di deliberazioni - e pertanto s'appoggia a un indice segnaletico di tipo formale, i.e. l'iscrizione a registro delle imprese, per l'individuazione del titolare dei diritti nei confronti della società, "senza che tale qualità possa essere contestata dagli organi sociali relativamente a vicende di invalidità riguardanti i rapporti tra cedente e cessionario delle partecipazioni (i.e. rapporti tra i soci quali privati e non in quanto soci)".
Pertanto, l'eventuale iscrizione, di domande giudiziali aventi ad oggetto la rivendicazione della titolarità delle quote, la pronuncia, ex art. 2932 cod. civ., di una sentenza costitutiva di trasferimento delle quote de quibus o, ancora, la contestazione circa la validità e/o l'efficacia di atti iscritti, non è suscettibile di modificare la "situazione soggetta a iscrizione", poichè tale modificazione può conseguire soltanto dall'eventuale accoglimento della domanda, rectius dal suo passaggio in giudicato. Trattasi, infatti, di iscrizioni atipiche che assolverebbero a una mera funzione di pubblicità-notizia. Nè alcuna efficacia costitutiva potrebbe derivare dall'eventuale esercizio, da parte di altro socio, di un'opzione di acquisto delle quote, giacché l'opzione configura un contratto preparatorio finalizzato alla conclusione del trasferimento della quota tramite di atto autentico notarile o di sentenza costitutiva passata in giudicato. Fino ad allora, il socio iscritto conserva, a tutti gli effetti, la titolarità dei diritti sociali connessi alla sua posizione.
L’atto notarile (iscritto nel competente Registro delle Imprese) con cui (i) il socio unico di una S.r.l. unipersonale ha donato l’intera partecipazione al proprio coniuge e (ii) quest’ultimo ha dichiarato di revocare l’amministratore unico, di sostituirsi ad esso, nonché di trasferire la sede sociale, integra, ex art. 2191 cod. civ., una fattispecie di iscrizione avvenuta in assenza delle condizioni richieste dalla legge, in quanto la revoca del vecchio amministratore, la nomina di quello nuovo e il trasferimento della sede sociale non erano contenuti in una delibera assembleare e, quindi, cristallizzati in un verbale assembleare, ma in un atto pubblico di donazione che non può dirsi in alcun modo riconducibile allo schema tipico della deliberazione o decisione dei soci, che deve essere assunta seguendo le regole procedurali previste dal codice civile. Ne deriva, dunque, l’impossibilità di procedere alla relativa iscrizione nel Registro delle Imprese, atteso che la specifica funzione di quest’ultimo è di tipo informativo e pubblicitario, con la conseguente necessità di tutelare i terzi che sulla legalità e validità delle informazioni ivi contenute fanno affidamento. Deve essere pertanto rigettato il ricorso ex art. 2192 cod. civ. con il quale il donatario della partecipazione si è opposto al provvedimento con cui il Giudice del Registro delle Imprese ha accolto il ricorso ex art. 2191 cod. civ. presentato dall’amministratore unico della S.r.l. unipersonale disponendo la cancellazione dal Registro della suddetta iscrizione.