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Tribunale di Milano, 13 Maggio 2024, n. 5007/2024
Il riparto interno di responsabilità tra controllante e controllata nelle sanzioni antitrust
Nel diritto dell’Unione la nozione di “impresa” assume un significato e una portata “funzionale” agli obiettivi che la disciplina che la contempla intende perseguire, sicché diverse entità giuridicamente indipendenti possono...

Nel diritto dell’Unione la nozione di “impresa” assume un significato e una portata “funzionale” agli obiettivi che la disciplina che la contempla intende perseguire, sicché diverse entità giuridicamente indipendenti possono essere considerate come costituenti un’unica impresa, se le società interessate non determinano in modo autonomo il loro comportamento sul mercato.

L’onere di dimostrare la estraneità all’intesa in ragione di un’eterodirezione puramente tecnico-finanziaria quale holding pura, spetta a chi la invoca quale titolo della pretesa di essere manlevata integralmente dalla controllata degli oneri della corresponsabilità (già accertata o da accertarsi) sul piano dei rapporti interni.

Nell' attività di direzione e coordinamento della società controllata, per definizione, l'ente dirigente non agisce compiendo esso stesso atti di gestione della società eterodiretta rilevanti verso i terzi, ma influenza o determina le scelte gestorie operate dagli amministratori della società diretta, che si tradurranno in atti gestori compiuti - in esecuzione delle direttive - dagli amministratori della società diretta. I quali, è opportuno da subito chiarire (essendo rilevante per quanto riguarda la pretesa speculare della controllata, di essere manlevata integralmente dalla sua ex controllante, della cui infondatezza che in seguito meglio si dirà) sono vincolati dalle direttive ed atti di indirizzo nella misura in cui essi siano leciti, valendo la regola generale dettata nell’art. 2392 c.c. per cui gli amministratori della società devono adempiere all’incarico gestorio con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze, nel rispetto dei doveri loro imposti dalla legge e dallo statuto.

L’attività di direzione e coordinamento è, quindi, un quid pluris rispetto al controllo, in quanto manifestazione di un potere di ingerenza più intenso e pregnante, che si esprime principalmente come influenza dominante sulle scelte e determinazioni gestorie degli amministratori della società eterodiretta che ne sono i naturali referenti e destinatari; perciò per attività di direzione e coordinamento deve intendersi l'esercizio in concreto di una pluralità sistematica e costante di atti di indirizzo idonei ad incidere sulle decisioni gestorie dell'impresa, cioè sulle scelte strategiche e operative di carattere finanziario, industriale, commerciale che attengono alla conduzione degli affari sociali: un potere di ingerenza che si esplica attraverso un flusso costante di istruzioni impartite alla società eterodiretta che si traspongono in decisioni dei suoi organi, e che involgono momenti significativi della vita della società, quali le scelte imprenditoriali, il reperimento dei mezzi finanziari, le politiche di bilancio e la conclusione di contratti importanti.

Nel giudizio di cognizione ordinario che si instaura con la proposizione di una domanda mediante atto di citazione, l’attore non può proporre domande diverse rispetto a quelle originariamente formulate nell’atto di citazione, trovando peraltro tale principio una deroga nel caso in cui, per effetto di una domanda riconvenzionale proposta dal convenuto, l’attore venga a trovarsi, a sua volta, in una posizione processuale di convenuto, così che al medesimo, rispetto alla nuova o più ampia pretesa della controparte, non può essere negato il diritto di difesa mediante la cd. “reconventio reconventionis”. E tuttavia la cd. “reconventio reconventionis” non è – per vero – assimilabile tout court alla domanda riconvenzionale proposta dal convenuto (…) costituente un’azione autonoma che in quanto tale – per trovare ingresso nel medesimo processo – deve presentare identità di titolo con la domanda proposta dall’attore, ai sensi dell’art. 36 cod. proc. civ., atteso che essa è caratterizzata dal fatto che viene introdotta esclusivamente per l’esigenza di rispondere ad una riconvenzionale del convenuto, ossia per assicurare all’attore un’adeguata difesa di fronte alla domanda riconvenzionale e/o alle eccezioni del convenuto. Ed è questa la ragione per cui l’art. 183, comma 4, cod. proc. civ. (nel testo applicabile ratione temporis) prevede che la c.d. “reconventio reconventionis” debba essere formulata in conseguenza della domanda riconvenzionale o delle eccezioni proposte dal convenuto. In ogni altro caso, all’attore è inibito proporre nuove domande nell’udienza di trattazione, rispetto a quelle proposte nell’atto introduttivo della lite, come si desume dalla previsione di ammissibilità, in deroga al suddetto divieto implicito, delle sole domande conseguenti alle difese articolate dal convenuto.

Con la scissione il patrimonio di una società è scomposto e trasferito, in tutto o in parte, ad altre società, preesistenti o di nuova costituzione, con contestuale assegnazione ai soci della prima delle azioni o quote delle società beneficiarie del trasferimento patrimoniale; in particolare, con la scissione parziale la società scissa resta in vita ma con un patrimonio (attività e passività) ridotto e continua l’attività, parallelamente alle società beneficiarie, di cui entrano a fare parte i soci della prima fattispecie effettivamente traslativa, che comporta l'acquisizione da parte della nuova società di valori patrimoniali prima non esistenti nel suo patrimonio.

La scissione ha per finalità la riorganizzazione di una pregressa attività imprenditoriale attraverso la riallocazione complessiva dell’intero patrimonio della società scissa, o di una sua parte (scissone parziale); donde l’esigenza di una più forte tutela dei creditori di quest’ultima società, i quali maggiormente rischiano di vedere affievolita la garanzia generica del loro credito; tutela che si realizza attraverso la responsabilità solidale della società scissa e della società beneficiaria, la quale risponde anche per passività sorte in capo alla scissa che - a differenza del caso di cessione d’azienda - non necessariamente siano evidenziate nelle scritture contabili al momento della scissione, ma, tuttavia, siano riconducibili all’attività imprenditoriale svolta dalla società scissa sino a quel momento (prima, dunque, che la scissione si sia perfezionata ed abbia avuto effetto); si tratta, infatti, pur sempre di elementi già esistenti nel patrimonio della società scissa, benché non ancora “ben esplicitati”, che, in quanto non assegnati nel progetto di scissione all’una o all’altra società, sono destinati a gravare solidalmente su entrambe le società; questo principio, ovvero la garanzia dei creditori e segnatamente di quelli della “scissa”, ispira le previsioni tanto del legislatore europeo (dell’art. 3, par. 3, lett. b) della Sesta direttiva 82/891/CEE del 17 dicembre 1982, relativa alle scissioni delle società per azioni), quanto di quello nazionale (art. 2506-bis 3° comma c.c.) e vale quanto ai rapporti esterni.

Tribunale di Napoli, 2 Aprile 2024
Sull’ammissibilità della revocatoria ordinaria di un atto di scissione societaria
È ammissibile l’azione revocatoria ordinaria di un atto di scissione societaria, che si attesta come rimedio diverso e complementare rispetto all’opposizione dei creditori ex art. 2503 c.c., in quanto l’azione...

È ammissibile l’azione revocatoria ordinaria di un atto di scissione societaria, che si attesta come rimedio diverso e complementare rispetto all’opposizione dei creditori ex art. 2503 c.c., in quanto l’azione revocatoria è finalizzata a ottenere l’inefficacia relativa dell’atto, al fine di renderlo inopponibile al solo creditore pregiudicato, avendo natura di rimedio successivo perché contesta un atto dispositivo già perfezionato, il cui effetto sia pregiudizievole per l’azione esecutiva. Diversamente, l’opposizione dei creditori sociali ex art. 2503 c.c. è finalizzata a far valere l’invalidità dell’atto.

In caso di scissione societaria - conformemente al disposto di cui all’art 2901 c.c., a mente del quale l’oggetto della revocatoria è rappresentato dagli atti con cui il debitore dispone del proprio patrimonio - l’atto oggetto di revocatoria dovrebbe individuarsi nell’assegnazione patrimoniale della società scissa alle società beneficiarie, quale momento indefettibile e necessario della scissione, che in quanto tale comporta una riduzione di parte o dell’intero patrimonio della società scindenda a favore dell’unica beneficiaria o della pluralità di beneficiarie.

Quando sia soggetto a revoca l’atto di scissione, stipulato in esecuzione di una delibera, occorre provare il carattere fraudolento di quest’ultima, da cui è sorto l'obbligo di stipula dell’atto di scissione poi adempiuto, e tale prova può essere data nel giudizio introdotto con la domanda revocatoria dell’atto di assegnazione, indipendentemente da un'apposita domanda volta a far dichiarare l'inefficacia della delibera, fermo restando che la sussistenza del presupposto dell'eventus damni per il creditore va accertata con riferimento alla stipula della scissione.

Tribunale di Milano, 31 Maggio 2022
Legittimazione della società incorporante ad agire nei confronti dei promittenti venditori della società incorporata in forza del contratto preliminare di cessione di quote di s.r.l. da quest’ultima sottoscritto
Nell’ambito di un contratto preliminare di cessione di quote di s.r.l. da eseguirsi mediante preventiva scissione parziale della società obiettivo (target) e successiva fusione ex art. 2501 bis c.c. della...

Nell’ambito di un contratto preliminare di cessione di quote di s.r.l. da eseguirsi mediante preventiva scissione parziale della società obiettivo (target) e successiva fusione ex art. 2501 bis c.c. della s.r.l. promissaria acquirente di nuova costituzione (newco) in target, spetta ex art. 2504 bis c.c. all’incorporante target la legittimazione attiva sostanziale e processuale ad agire nei confronti dei promittenti venditori per ottenere la rifusione dei costi professionali relativi alle operazioni di scissione e fusione previste dalla struttura dell’operazione di cessione delle partecipazioni e la condanna al risarcimento dei danni in applicazione delle garanzie previste nel contratto preliminare (l’incorporante target non è invece legittimata attiva ex art. 81 c.p.c. alla domanda di condanna dei promittenti venditori convenuti al pagamento della penale a favore dei promissari acquirenti diversi dalla società incorporante – nel caso di specie, i nuovi soci amministratori dell’incorporante e attrice target).

Tribunale di Milano, 7 Marzo 2022
Responsabilità ex art. 2395 c.c. per informazioni decettive nel bilancio: la riserva di rivalutazione a seguito di scissione
L’azione ex art 2395 c.c. non è azione della massa e al relativo esercizio sono legittimati i creditori anche se la società è stata dichiarata fallita. In tema di azioni...

L’azione ex art 2395 c.c. non è azione della massa e al relativo esercizio sono legittimati i creditori anche se la società è stata dichiarata fallita. In tema di azioni nei confronti dell’amministratore di società, a norma dell’art. 2395 c.c., il terzo (o il socio) è legittimato, anche dopo il fallimento della società, all’esperimento dell’azione, di natura aquiliana, per ottenere il risarcimento dei danni subiti nella propria sfera individuale, in conseguenza di atti dolosi o colposi compiuti dall’amministratore, solo se questi siano conseguenza immediata e diretta del comportamento denunciato e non il mero riflesso del pregiudizio che abbia colpito l’ente, ovvero il ceto creditorio per effetto della cattiva gestione, dovendosi proporre, altrimenti, l’azione, contrattuale, di cui all’art. 2394 c.c., esperibile, in caso di fallimento della società, dal curatore, ai sensi dell’art. 146 l. fall.

Gli amministratori sono responsabili della formazione dei bilanci portati all’approvazione dell’assemblea, ma nell’ambito della responsabilità ex art 2395 c.c. per informazioni decettive trasmesse con i bilanci occorre valutare in concreto la portata ingannatoria delle informazioni non veritiere dei dati di bilancio in rapporto alla capacità di lettura dei medesimi da parte di chi si assume ingannato.

In tema di obbligazioni derivanti da una pluralità di illeciti ascrivibili a differenti soggetti, qualora soltanto il fatto di un obbligato sia anche reato, mentre quelli degli altri costituiscano illeciti civili, la possibilità di invocare utilmente il più lungo termine di prescrizione stabilito dall’art. 2947, co. 3, c.c. per le azioni di risarcimento del danno se il fatto è previsto dalla legge come reato è limitata all’obbligazione nascente dal reato, né, a tal fine, assume rilievo la citazione nel processo penale, quale responsabile civile, del soggetto obbligato civilmente per una condotta distinta ed autonoma da quella penalmente illecita.

In tema di risarcimento del danno, l’impossibilità di far valere il diritto quale fatto impeditivo della decorrenza della prescrizione ex art. 2935 c.c. è solo quella che deriva da cause giuridiche che ne ostacolino l’esercizio e non comprende, quando il danno sia percepibile all’esterno e conoscibile da parte del danneggiato, gli impedimenti soggettivi o gli ostacoli di mero fatto, tra i quali l’ignoranza, da parte del titolare, del fatto generatore del suo diritto, o il dubbio soggettivo sulla esistenza di tale diritto od il ritardo indotto dalla necessità del suo accertamento.

Tribunale di Roma, 21 Dicembre 2022
Simulazione e invalidità della scissione, azione revocatoria
Alla luce del combinato disposto di cui agli artt. 2504-quater e 2506-ter, co. 5 c.c., deve ritenersi preclusa in radice qualsivoglia statuizione che implichi la caducazione degli effetti dell’operazione straordinaria...

Alla luce del combinato disposto di cui agli artt. 2504-quater e 2506-ter, co. 5 c.c., deve ritenersi preclusa in radice qualsivoglia statuizione che implichi la caducazione degli effetti dell’operazione straordinaria di scissione, ivi compresa l’asserita simulazione del negozio, posto che l’eventuale esito vittorioso determinerebbe – diversamente dall’azione revocatoria, che in caso di accoglimento ne comporterebbe soltanto l’inefficacia – una profonda e irreversibile modificazione degli assetti societari, in spregio alle esigenze di certezza e stabilità cui tende il disposto dell’art. 2504-quater c.c., richiamato dall’art. 2506-ter c.c. Trattasi di disposizione che, in quanto posta a garanzia della certezza e della stabilità dell’operazione straordinaria, anche e soprattutto nell’interesse dei terzi, non è suscettibile di deroga pattizia.

Di contro, l'azione revocatoria dell'atto di scissione societaria deve ritenersi sempre esperibile, in quanto mira a ottenere l'inefficacia relativa dell'atto, che lo rende inopponibile al solo creditore pregiudicato, al contrario di ciò che si verifica nell'opposizione dei creditori sociali prevista dall'art. 2503 c.c., finalizzata, viceversa, a farne valere l'invalidità.

Tribunale di Bologna, 30 Novembre 2021
Principi sostanziali e processuali in materia di responsabilità di amministratori e sindaci
Il potere-dovere di controllo dei sindaci non è limitato alla sola verifica del rispetto della legge e dello statuto, ma si estende alla valutazione dei principi di corretta amministrazione, compresa...

Il potere-dovere di controllo dei sindaci non è limitato alla sola verifica del rispetto della legge e dello statuto, ma si estende alla valutazione dei principi di corretta amministrazione, compresa la verifica che il procedimento decisionale che ha determinato l’organo amministrativo nella scelta di gestione sia completo e corredato di tutte le informazioni del caso concernenti i potenziali rischi nel contesto della situazione economico-patrimoniale e finanziaria della società. Inoltre, il dovere di vigilanza e controllo dei sindaci, pur non potendo travalicare sulla opportunità e la convenienza delle scelte gestionali, il cui apprezzamento è riservato agli amministratori, si estende alla legittimità sostanziale dell’attività sociale.

I doveri di controllo imposti ai sindaci ex artt. 2403 ss. c.c. sono configurati con particolare ampiezza, estendendosi a tutta l’attività sociale, in funzione della tutela non solo dell’interesse dei soci, ma anche di quello, concorrente, dei creditori sociali; né riguardano solo il mero e formale controllo sulla documentazione messa a disposizione dagli amministratori, essendo loro conferito il potere-dovere di chiedere notizie sull’andamento generale e su specifiche operazioni, quando queste possono suscitare perplessità, per le modalità delle loro scelte o della loro esecuzione. Compito essenziale è di verificare il rispetto dei principi di corretta amministrazione, che la riforma ha esplicitato e che già in precedenza potevano ricondursi all’obbligo di vigilare sul rispetto della legge e dell’atto costitutivo, secondo la diligenza professionale ex art. 1176 c.c.: dovere del collegio sindacale è di controllare in ogni tempo che gli amministratori compiano la scelta gestoria nel rispetto di tutte le regole che disciplinano il corretto procedimento decisionale, alla stregua delle circostanze del caso concreto.

Affinché si configuri la violazione del dovere di vigilanza da parte dell’organo di controllo, non è necessaria l’individuazione di specifici comportamenti che si pongano espressamente in contrasto con tale dovere, ma è sufficiente che essi non abbiano rilevato una macroscopica violazione o comunque non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità, eventualmente anche mediante la denuncia al tribunale di cui all’art. 2409 c.c.

Il vincolo solidale ex art. 2055 c.c. tra sindaci e amministratori trova il proprio presupposto nell’unicità dell’evento dannoso, ancorché determinato dall’azione/omissione di più soggetti e indipendentemente dalla colpa (intesa come apporto causale) di ciascun partecipe, la quale rileva unicamente nei rapporti interni per l’eventuale regresso. Infatti, il diverso rilievo causale di quanti (sindaci ed amministratori) abbiano concorso alla causazione del danno, inteso come insufficienza patrimoniale della società, assume rilievo nei soli rapporti interni tra coobbligati (ai fini dell’eventuale esercizio dell’azione di regresso) e non anche nei rapporti esterni che legano gli autori dell’illecito al danneggiato.

Per dimostrare l’esistenza di una supersocietà di fatto che abbia eterodiretto altre società, abusando del proprio potere direzionale e di controllo, non è sufficiente la prova della sussistenza di un operare concertato e finalizzato, né della circostanza che i componenti di una stessa famiglia si siano alternati nei ruoli gestori in più società, connotazioni di per sé non anomale in un contesto di gruppo societario di fatto.

È improduttiva di effetti giuridici, perché tardiva, la costituzione in giudizio del convenuto che, a seguito di interruzione del processo e successiva riassunzione, si sia costituito con il deposito della comparsa conclusionale: con la rimessione della causa al collegio ex art. 190 c.p.c. solo le parti già ritualmente costituite possono interloquire con gli scritti conclusivi e non sono ammissibili ulteriori attività processuali; ne consegue che, espletate le attività ex art. 190 c.p.c., la parte contumace non può più costituirsi in giudizio e l’eventuale costituzione nei termini assegnati per il deposito delle memorie conclusionali e delle repliche va dichiarata inammissibile, con conseguente preclusione dell’esame dell’atto eventualmente depositato.

Tribunale di Napoli, 4 Marzo 2019
In Evidenza
Scissione asimmetrica e manifestazione del consenso unanime ex art. 2506, co. 2 c.c. in sede non assembleare
Nella “scissione asimmetrica” – ossia quella in cui ad alcuni soci non vengono distribuite azioni o quote di una delle società beneficiarie della scissione, ma azioni o quote della società...

Nella “scissione asimmetrica” – ossia quella in cui ad alcuni soci non vengono distribuite azioni o quote di una delle società beneficiarie della scissione, ma azioni o quote della società scissa – il consenso unanime richiesto dall’art. 2506, co. 2 c.c. si atteggia a diritto individuale dei soci ad accettare un particolare trasferimento di ricchezza che non rispetta il criterio della proporzionalità dell’assegnazione delle quote fra le varie società coinvolte.

Il consenso unanime condiziona l’efficacia ma non l’assunzione della delibera di approvazione del progetto di scissione asimmetrica, e non configura perciò un “co-elemento procedimentale della delibera”. Non è richiesto alcun quorum unanimistico all’adozione della decisione inerente alla scissione: ciò che è necessario è il consenso individuale del solo socio che subisce il sacrificio della perdita della propria qualità di socio di una delle società risultanti dall’operazione.

Il consenso prestato dal singolo socio, chiamato dunque a manifestarlo uti singulus e non uti socius, serve a realizzare la sua estromissione da una o più delle società partecipanti alla scissione, e potrebbe essere manifestato anche in sede non assembleare, purché in tempi, modalità e forme compatibili con la certezza degli effetti dell’operazione, anche a tutela dei terzi. La pacifica manifestazione del consenso all’operazione di scissione del socio in sede di accettazione della proposta giudiziale ex art. 185-bis c.p.c. non consente quindi più al medesimo di ritornare sui propri passi, al fine dilatorio di bloccare la riorganizzazione degli assetti societari.

Tribunale di Torino, 7 Ottobre 2019
Scissione societaria e patti connessi
Il patto di opzione di vendita previsto in un accordo contrattuale in stretta connessione con un’operazione di scissione deve ritenersi venuto meno per fatti concludenti se non risulti più riprodotto...

Il patto di opzione di vendita previsto in un accordo contrattuale in stretta connessione con un'operazione di scissione deve ritenersi venuto meno per fatti concludenti se non risulti più riprodotto né nel progetto di scissione, né nell'atto di scissione definitivo, né nei verbali assembleari di approvazione dell'operazione.

Tribunale di Roma, 24 Marzo 2020
In Evidenza
Applicabilità dell’art. 184 l. fall. e dell’art. 2506-quater c.c. nell’ambito di una scissione eseguita in attuazione di un concordato preventivo
L’art. 184 l. fall. che prevede, da un lato, l’obbligatorietà del concordato omologato per tutti i creditori e, dall’altro, la salvezza dei diritti dei creditori (senza alcun limite) nei confronti...

L'art. 184 l. fall. che prevede, da un lato, l'obbligatorietà del concordato omologato per tutti i creditori e, dall'altro, la salvezza dei diritti dei creditori (senza alcun limite) nei confronti dei coobligati e fideiussori, non è applicabile  in relazione ad una società beneficiaria neo-costituita in sede di scissione eseguita in attuazione di un concordato preventivo. Ciò in quanto "i coobligati, i fideiussori del debitore e gli obbligati in via di regresso" richiamati dall'art. 184, primo comma, secondo periodo, l. fall. sono soltanto quelli anteriori al decreto di apertura della procedura di concordato preventivo (oggi alla pubblicazione nel registro delle imprese del ricorso di cui all'articolo 161 l. fall.), con la conseguenza che non può rientrare in tale categoria la società beneficiaria neo-costituita in sede di scissione, non essendo essa neppure esistente in epoca anteriore alla procedura concordataria.

Il piano di concordato che preveda, per la sua attuazione, l'esecuzione di una operazione di scissione, può legittimamente determinare quale delle società coinvolte nella scissione sia tenuta - in via esclusiva - a provvedere al soddisfacimento di una data classe di creditori. E va da sè che l'approvazione, da parte dei creditori, del piano concordatario renda quella determinazione "intangibile" con conseguente esclusione dell'applicazione, alla fattispecie, della regola ordinaria della responsabilità solidale di tutte le società coinvolte nell'operazione straordinaria ai sensi dell'art. 2506-quater c.c.

Tuttavia, ove il concordato preventivo venga dichiarato risolto, tornano ad applicarsi le regole societarie ordinarie e, dunque, non potendo predicarsi una qualche forma di invalidazione dell'operazione di scissione e la conseguente "riunificazione" dei patrimoni oramai definitivamente assegnati alle singole beneficiarie (stante il principio di irretrattabilità degli effetti della scissione di cui all'art. 2504-quater c.c. richiamato dall'art. 2506-ter, u.c., c.c.), anche la responsabilità solidale delle società coinvolte nella scissione.

 

Tribunale di Roma, 30 Luglio 2020
In caso di scissione al socio dissenziente spetta il diritto di recesso che non può essere surrogato da forme di attribuzioni patrimoniali diverse
Ai sensi dell’art. 2473 c.c., il socio, ove non consenta alla deliberazione di scissione, ha «in ogni caso» diritto di recedere dalla società. Trattasi di una ipotesi di recesso che...

Ai sensi dell’art. 2473 c.c., il socio, ove non consenta alla deliberazione di scissione, ha «in ogni caso» diritto di recedere dalla società. Trattasi di una ipotesi di recesso che non può essere eliminata né dallo statuto né dalla deliberazione di scissione e ciò anche nel caso in cui la delibera di scissione preveda, in luogo del recesso, l’attribuzione al socio dissenziente di quote proporzionali nelle società di nuova costituzione.

Tribunale di Torino, 8 Novembre 2019
Responsabilità solidale di società a seguito di scissione
Ai sensi dell’art. 2506-quater, ultimo comma, c.c., ogni società partecipante alla scissione può essere chiamata a rispondere solidamente di un debito, rispondendone per intero solo la società cui il debito...

Ai sensi dell’art. 2506-quater, ultimo comma, c.c., ogni società partecipante alla scissione può essere chiamata a rispondere solidamente di un debito, rispondendone per intero solo la società cui il debito è trasferito o mantenuto, mentre le altre sono responsabili solidali, secondo un beneficium ordinis, solo nei limiti della quota di patrimonio netto di loro spettanza, come determinato al momento della scissione, atteso che la suddetta norma tende a mantenere integre le garanzie dei creditori sociali ma non anche ad accrescerle; l’eventuale mancata opposizione del creditore alla scissione non preclude l’esperimento dell’azione nei confronti della società beneficiaria. (altro…)

Tribunale di Milano, 5 Agosto 2016
Natura della responsabilità della società beneficiaria di una scissione per debiti della società scissa e rapporto con l’istituto dell’opposizione
Ai sensi dell’art. 2506-quater co. 3 c.c.,  a seguito del prodursi degli effetti della scissione, ciascuna società in essa coinvolta «è solidalmente responsabile, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto...

Ai sensi dell'art. 2506-quater co. 3 c.c.,  a seguito del prodursi degli effetti della scissione, ciascuna società in essa coinvolta «è solidalmente responsabile, nei limiti del valore effettivo del patrimonio netto ad essa assegnato o rimasto, dei debiti della società scissa non soddisfatti dalla società cui fanno carico». (altro…)

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