Questioni varie in materia di brevetti del settore della meccanica
Il giudizio nazionale di nullità di una frazione di privativa brevettuale europea deve avvenire con riferimento alle norme convenzionali che trovano applicazione nel procedimento di rilascio e di opposizione avanti all’EPO, in tal senso deponendo anche il disposto dell’art. 138 CBE (norma internazionale pattizia che, ratificata con L. 260/78, vincola anche l’interprete nazionale) che definisce autonomamente le cause di nullità del brevetto europeo.
Nell’ambito delle rivendicazioni brevettuali, l’uso del termine “in particolare” non ha alcun effetto limitativo, in considerazione degli usi brevettuali in sede EPO (espressi nelle Guidelines, parte C., cap. III 4.9) che pur non avendo portata normativa generale vengono a costituire il linguaggio delle privative come generalmente riconosciuto in ambito tecnico, anche a prescindere dalla diversa utilizzazione del termine nella lingua comune del Paese di nazionalizzazione.
Vi è una necessaria distinzione tra la figura dell’esperto del ramo a cui riferirsi per la valutazione del requisito di attività inventiva (Art. 48 CPI) e la figura dell’esperto del ramo a cui riferirsi per la valutazione del requisito della sufficienza di descrizione (Art. 51 CPI). Pur se dimostrano le medesime abilità e le medesime conoscenze tecniche generali comuni al settore tecnico di pertinenza, il primo, oltre alle conoscenze tecniche generali comuni, ha accesso alla tecnica anteriore del settore di pertinenza ed è altresì fortemente stimolato a cercare soluzioni in tutta la tecnica anteriore del settore per risolvere il problema tecnico posto (e dunque ha presumibilmente accesso anche a quelle conoscenze del settore non propriamente generiche – la cosiddetta “Enhanced Knowledge” – quali brevetti anteriori o pubblicazioni scientifiche o manuali tecnici specifici), mentre il secondo ha a disposizione, oltre alle già dette conoscenze generali comuni del settore, il brevetto esaminato, e la tecnica anteriore citata nel brevetto stesso, ma non è indotto, e neppure si può pretendere che sia costretto, a cercare nella tecnica anteriore documenti e soluzioni occorrenti ad interpretare il brevetto in esame.
Il consulente dell’ufficio non deve e non può coincidere con la figura dell’esperto del ramo, ma deve semplicemente essere in grado di ricostruirne il sapere secondo i criteri sopra indicati, utilizzando i documenti forniti dalle parti secondo il loro onere probatorio (che incombe integralmente su chi chiede la nullità di una privativa, senza possibilità di surroga da parte degli ausiliari dell’ufficio).
Se per la valutazione del requisito di novità possono considerarsi anche eventuali caratteristiche implicite derivabili da un documento appartenente allo stato della tecnica, le stesse devono risultare leggibili dall’esperto del ramo, da quel documento direttamente e senza ambiguità. Viceversa, non possono considerarsi, ai fini della valutazione del requisito della novità dell’oggetto di una data rivendicazione, tutte quelle caratteristiche implicite, ma equivocabili, descritte in relazione ad una certa anteriorità, e neppure si considereranno quelle caratteristiche estrapolate arbitrariamente dalla descrizione di una anteriorità, senza tenere conto delle relative relazioni funzionali con le restanti caratteristiche.
Quanto all’altezza inventiva, ex art. 48 CPI, è necessario fare riferimento al “problem-and-solution approach”, che impone innanzitutto di determinare la “tecnica anteriore più vicina” – individuando quella anteriorità che costituisce il punto di partenza più promettente per giungere alla soluzione rivendicata della privativa in esame e che normalmente ha il maggior numero di caratteristiche in comune con la soluzione oggetto di rivendicazione, o che permette il minimo numero di modifiche per giungere alla soluzione rivendicata – selezionando poi le caratteristiche (“caratteristiche distintive”) che ne distinguono la soluzione rivendicata. Individuate le “caratteristiche distintive” e determinato il “problema tecnico oggettivo” risolto dalle stesse, va considerato se la mutua combinazione della “tecnica anteriore più vicina” con una diversa anteriorità, ad esempio costituita da una realizzazione illustrata in un altro documento anteriore, o talora anche con gli insegnamenti generali comuni del settore, consenta di ottenere la medesima soluzione oggetto della rivendicazione in esame, utilizzando il c.d. criterio “Could-Would”.
Per determinare la presenza o meno di attività inventiva nella soluzione rivendicata sotto esame, la combinazione di due anteriorità, ossia quella individuata come “tecnica anteriore più vicina” con un’altra differente anteriorità, è logicamente ammissibile solo se le anteriorità da combinare, ivi comprese le conoscenze comuni generali del settore, appartengano al medesimo settore della tecnica, se sia poi probabile che l’esperto del ramo combini tali anteriorità cercando una soluzione al suddetto “problema tecnico oggettivo”, e dunque vi sia un qualche collegamento logico tra le anteriorità da combinare, quale ad esempio la risoluzione di un identico problema tecnico in un contesto fisico simile, o ancora la presenza di suggerimenti o puntatori verso soluzioni presenti in altra tecnica anteriore nota, che spinga l’esperto del ramo a cercare in una anteriorità differente dalla tecnica anteriore più vicina la soluzione al problema tecnico individuato nella privativa in esame.