Imitazione di prodotti non oggetto di privative industriali e concorrenza sleale parassitaria.
La creatività deve ritenersi tutelata nel nostro ordinamento solo per un tempo determinato, fino a quando cioè può considerarsi originale. Quando l’originalità può considerarsi esaurita, ovvero quando quel determinato modo di produrre e/o commercializzare sia divenuto ormai patrimonio comune di conoscenze e di esperienze di tutti quanti operano nel settore, imitare quell’attività che, originale al suo nascere e formarsi, si è poi generalizzata e spersonalizzata, non costituisce più un atto contrario alla correttezza professionale ed idoneo a danneggiare l’altrui azienda. L’imitazione può cioè considerarsi illecita soltanto se effettuata a breve distanza di tempo da ogni singola iniziativa del concorrente e nella concorrenza parassitaria diacronica per “breve” deve intendersi quell’arco di tempo per tutta la durata del quale l’ideatore della nuova iniziativa ha ragione di attendersi particolari utilità (di incassi, di pubblicità, di avviamento) dal lancio della novità, ovvero fino a quando essa è considerata tale dal pubblico dei clienti e si impone, quindi, alla loro attenzione nella scelta del prodotto.
Appare del tutto connaturato ad una normale logica di mercato e di corretta concorrenza che – in assenza di specifiche privative e di sottrazione di formulazioni che potrebbero in astratto costituire know how tutelabile – sia consentito ad imprese concorrente di sviluppare autonome formulazioni di prodotti tese a riprodurre i medesimi effetti estetici già propri di prodotti della concorrenza, rispetto ai quali non pare potersi riservare alcuna esclusività.
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Carmine Di Benedetto
Dottorando di ricerca in Diritto privato, diritto romano e cultura giuridica europea presso l'Università di Pavia. Laurea in Giurisprudenza (110/110 con lode) presso Università Commerciale Luigi Bocconi, Milano, 2013....(continua)