Dimissioni del collegio sindacale: presupposti e limiti della responsabilità per omessa vigilanza
I sindaci sono responsabili ai sensi dell’art. 2407 co. 2 c.c. qualora, pur essendo consapevoli dello stato di grave tensione finanziaria della società, di alcune irregolarità gestionali e contabili imputabili all’organo amministrativo e della totale mancanza di collaborazione del medesimo, si limitino a convocare l’assemblea sociale ex art. 2406 co. 2 c.c. con contestuale comunicazione delle proprie dimissioni. Il titolo di responsabilità consiste, in tal caso, nell’omessa adozione di reazioni endosocietarie ovvero anche extra-societarie, ulteriori rispetto alla comunicazione delle dimissioni e funzionali al corretto adempimento al dovere di vigilanza.
Anche la mancata attivazione della denuncia ex art. 2409 c.c. può essere in concreto valutata alla stregua di un’omissione di diligente cautela dovuta dai sindaci e integrare una violazione del dovere di vigilanza loro imposto dall’art. 2407 co. 2 c.c.
La condizione essenziale per affermare la responsabilità dei sindaci per omessa vigilanza è l’accertamento, con giudizio ex ante, del nesso causale tra l’omissione del controllo dovuto e le conseguenze dannose che ne siano derivate, al fine di verificare se un diverso e più diligente comportamento dei sindaci nell’esercizio dei loro compiti (tra cui la tempestiva segnalazione della situazione agli organi di vigilanza esterni) sarebbe stato idoneo ad evitare le conseguenze degli illeciti compiuti dagli amministratori.
In punto di individuazione e quantificazione del danno imputabile ai sindaci “colposamente” dimissionari, esso è identificabile nelle ulteriori passività accumulate dalle dimissioni sino alla data del fallimento, sul presupposto che i sindaci fossero pienamente consapevoli delle stesse. Infatti, tali passività ingenti non sarebbero aumentate se i sindaci si fossero adoperati mediante la denuncia ai sensi dell’art. 2409 c.c. e il conseguente arresto dell’attività di impresa. Al contrario, deve essere respinto il criterio di liquidazione del danno che comporta l’accollo ai sindaci dell’intero deficit registrato in sede concorsuale. Invero, la mancata tenuta delle scritture contabili non giustifica già nelle azioni di responsabilità proposte contro gli amministratori che il danno risarcibile sia determinato e liquidato in tale misura, salvo che sia allegato e provato un inadempimento dell’amministratore almeno astrattamente idoneo a porsi come causa di un simile danno (cfr. Cass. SS.UU. n. 9100/2015). Inoltre, deve essere rigettato anche l’alternativo criterio di liquidazione, consistente nell’imputazione del saldo differenziale fra il patrimonio netto contabile alla data in cui i convenuti omisero la denuncia dovuta e quella del fallimento, in quanto esso presupporrebbe l’accertamento di un differente addebito, ossia del concorso dei sindaci con gli amministratori nella violazione della regola di conservazione patrimoniale dettata dall’art. 2486 c.c. (nel caso di specie il Tribunale, mediante una valutazione equitativa necessitata dalla mancanza di completi supporti documentali, ha ritenuto che il danno obiettivamente imputabile ai sindaci consistesse nel costo relativo alle sanzioni e interessi di mora maturati sul debito da omesso versamento di contributi e imposte, accumulatosi dalla data dell’omessa denuncia al Tribunale, coincidente con le dimissioni, alla data del fallimento).