15 Settembre 2016

Uso del nome ed uso del patronimico come marchio nel settore della moda

Quando il nome di uno stilista appaia ‘spersonalizzato’ in ragione del fatto che è da tempo utilizzato come marchio, non sussistono i presupposti della tutela di cui all’art. 7 c.c. ma permane in capo allo stilista personalmente il diritto alla tutela di cui all’art 8 c.p.i., tanto ex comma 2° che ex comma 3° c.p.i., la quale è norma che può essere invocata a prescindere dalla tutela del diritto esclusivo di cui all’art. 20 c.p.i..

L’art. 8 c.p.i. introduce, rispetto alla regola per cui è generalmente lecito scegliere un nome altrui come marchio, l’eccezione relativa al caso in cui ciò non permetta di compromettere la fama o il credito del titolare che appare invero compromessa nell’ipotesi di uso di un marchio identico al nome di uno stilista onde contraddistinguere la medesima attività e il medesimo tipo di prodotti cui la persona è stata ed è tuttora collegata (nella specie, attraverso una diversa società produttrice) sussistendo il pericolo di una lesione della sua fama e del suo credito in ragione, sia della ‘confusione’ che, obiettivamente, siffatto utilizzo può generare nel mercato, sia dell’effetto ‘decettivo’ che il medesimo può avere, stante la pregressa collaborazione con il medesimo stilista, così che il pubblico potrebbe essere portato a ritenere persistente – senza che, in effetti, vi sia più – un rapporto di collaborazione, né lo stilista stesso possa di incidere sull’immagine, lo stile e la politica commerciale dei prodotti che rimandano al suo nome.

Stante la notorietà del marchio costituito dal nome di uno stilista, sussistono anche i presupposti di una lesione dell’altrui notorietà in termini parassitari, rispetta alla quale il 3° comma dell’art. 8 c.p.i. mira a fornire tutela, in coerenza con la regola più generale del diritto della concorrenza per cui nessuna impresa ha facoltà di appropriarsi senza alcun merito o costo di vantaggi competitivi che potrebbero essere oggetto di interesse anche da parte di altri concorrenti, poiché il senso della norma è quello di concedere il diritto di impedire che altri approfittino in generale commercialmente, in modo parassitario, del successo legato al nome notorio e alle emozioni che essa suscita nel pubblico.

Il titolare di un segno notorio può invocarne tutela rispetto a un segno simile al marchio registrato per prodotti o servizi anche non affini” (nella specie, servizi di ristorazione) poiché stante la sua rinomanza nello Stato, il suo uso consentirebbe al terzo di trarne indebitamente vantaggio nè la diffusione di segni simili (nel settore alberghiero e della ristorazione) sembra rilevante agli effetti di escludere l’effetto confusorio e di agganciamento parassitario, quando il terzo associ all’uso nel proprio locale del segno registrato e notorio (in quanto intensamente utilizzato per molti anni nel settore della moda) elementi figurativi che lo ricordano.

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Maria Luigia Franceschelli

Maria Luigia Franceschelli

Associate

Dottorato di Ricerca in Proprietà Industriale, Università degli Studi di Milano Avvocato presso Hogan Lovells Studio Legale, IP team(continua)

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