Uso tollerato del proprio marchio da parte di terzi ai fini della convalida e della coesistenza tra segni
Alla mera tolleranza dell’uso del proprio marchio da parte di terzi non può essere attribuito il significato di rinuncia al diritto sul segno, dal momento che, al di fuori dell’ipotesi della convalida, a tale atteggiamento non può esser ricondotto alcun effetto di rinuncia da parte del titolare o di acquisito di un diritto su di esso da parte di terzi. È consolidato l’orientamento giurisprudenziale di legittimità che esclude l’applicabilità della convalidazione a segni diversi dai marchi registrati, in considerazione dell’eccezionalità dell’istituto, non suscettibile di interpretazione analogica. Anche la Corte di Giustizia, con la pronuncia C-482/09 nel caso “Budweiser”, ha escluso che si possa dare rilievo, agli effetti della convalidazione, all’uso di un marchio posteriore non registrato.
Nell’ambito della coesistenza di due marchi simili, nella quale è venuto in concreto a mancare il rischio di confusione, occorre valuatare, a monte della questione, se ricorrono i presupposti per assicurare tutela alla funzione distintiva del marchio, ai sensi dell’art. 20 lettera b) c.p.i.. È quindi necessaria una preliminare verifica circa l’idoneità in concreto dei due segni oggetto di causa a generare confusione nei consumatori, anche solo nei limiti di un rischio di associazione tra i segni, peraltro tenendosi conto del fatto che i consumatori, nel caso di specie, sono operatori qualificati. Tuttavia, va anche considerato che la convivenza protrattasi per molti anni sul mercato nazionale dei due segni ha determinato una diffusa consapevolezza della differente provenienza imprenditoriale, che esclude ogni rischio di confusione e, quindi, la possibilità di invocare la tutela prevista dall’art. 20 lett. b) c.p.i.. La rilevanza da attribuire alla pacifica coesistenza fra marchi protrattasi per anni è conforme all’orientamento già espresso da questo tribunale in fattispecie analoghe.