Non ha natura cautelare l’autorizzazione alla fusione nonostante l’opposizione dei creditori
Tenuto conto degli effetti connessi alla proposizione dell’opposizione alla delibera di fusione ed alla natura della operazione di fusione, deve ritenersi che l’autorizzazione alla fusione nonostante l’opposizione dei creditori prevista dall’ultimo comma dell’art. 2445 c.c. sia un provvedimento destinato semplicemente a rimuovere un ostacolo al compimento di un atto di autonomia privata, estraneo all’ambito dell’accertamento in via cautelare e anticipatoria di diritti soggettivi della società o del creditore opponente. La proposizione dell’opposizione del creditore rappresenta uno degli ostacoli alla esecuzione della fusione, che può tuttavia essere rimosso ottenendo l’autorizzazione del Tribunale: provvedimento che consente di superare l’effetto sospensivo determinato dalla proposizione della opposizione. Del resto, anche esaminando la formulazione letterale della norma, l’ultimo comma dell’art. 2445 c.c. stabilisce che il Tribunale dispone che l’operazione abbia luogo nonostante l’opposizione, senza fare alcun riferimento ad una eventuale provvisorietà degli effetti, che invece è caratteristica tipica dei provvedimenti cautelari. Provvisorietà, peraltro, che mal si concilierebbe con la irretrattabilità degli effetti della fusione, una volta eseguite le iscrizioni, prevista dall’art. 2504 quater c.c.
La prestazione della “idonea garanzia” vincola il tribunale ad autorizzare l’immediata esecuzione della delibera, la quale produrrà i suoi effetti erga omnes in via definitiva e in maniera verosimilmente irreversibile, e ciò prescindendo da ogni valutazione giudiziale in ordine alla sussistenza del fumus boni iuris della opposizione proposta dal creditore e del periculum in mora dallo stesso paventato.