Nomina del c.d.a mediante “voto di lista”: soci legittimati a presentare le liste e sommatoria dei quozienti
Ove la compagine societaria sia composta da soci, alcuni dei quali legati da vincoli familiari ma non da un patto parasociale, non si può ritenere che questi ultimi costituiscano un unico centro di interesse. Di conseguenza, ove lo statuto preveda la nomina del consiglio di amministrazione mediante il c.d. “voto di lista”, deve considerarsi legittima l’ammissione al voto di tante liste di candidati, quanti sono i soci partecipanti al capitale, senza che i soci avvinti da legami familiari possano perciò solo considerarsi un’unica minoranza (nel caso di specie, il Tribunale ha respinto la censura di illegittimità mossa avverso la delibera di nomina del c.d.a. secondo il meccanismo del voto di lista, per il fatto che i diversi soci-familiari non fossero stati considerati come un unico centro di interesse e, pertanto, come legittimati a presentare un’unica lista di candidati).
E’ illegittima la delibera assembleare di nomina del consiglio di amministrazione secondo il meccanismo del c.d. voto di lista, in cui, posta la ricorrenza di identici candidati in diverse liste, i risultati finali siano dati dalla sommatoria dei quozienti ottenuti da tali candidati in ciascuna lista. Infatti, pur preservando il principio della redazione dopo il voto di un’unica lista con quozienti decrescenti al fine di individuare i candidati che abbiano ottenuto i quozienti più alti e quindi risultino eletti, non possono essere sommati i quozienti derivanti da liste diverse perché, così facendo, non solo si elimina il principio delle liste concorrenti ma, andando contro il principio di democrazia interna, si falsa la stessa volontà di chi quelle liste ha presentato, in quanto il quoziente realizzato da ogni candidato all’interno di liste diverse dipende dalla posizione di questi nella lista presentata. In quest’ipotesi, l’istanza cautelare di sospensione della delibera può essere accolta. Sul piano della valutazione comparativa del pregiudizio,infatti, si deve ritenere che la società non subirebbe un danno irreparabile dalla pronuncia della sospensione poichè, anche in caso di annullamento per illegittimità della delibera di nomina del nuovo c.d.a., troverebbe applicazione il principio della prorogatio del precedente organo amministrativo, così da assicurare la contestualità tra cessazione e sostituzione dell’organo amministrativo.
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Giorgio Grossi
AmministratoreAvvocato, già tirocinante ex art. 73 d.l. n. 69/2013 presso la Sezione Specializzata in materia d'Impresa del Tribunale di Milano. Cultore della materia presso la cattedra di Diritto Commerciale dell'Università...(continua)