Compensi, rimborsi spese dell’amministratore di s.r.l. e responsabilità per omessa adozione di assetti organizzativi adeguati
L’art. 2389, comma 1 c.c., ai sensi del quale “i compensi spettanti ai membri del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo sono stabiliti all’atto della nomina o dall’assemblea”, è applicabile in via analogica anche alle s.r.l.
La deliberazione assembleare che stabilisce il compenso è in genere valida anche se approvata con il voto determinante dell’amministratore stesso che sia anche socio, salvo il caso in cui il compenso sia fissato in misura irragionevole tenuto conto del fatturato, della dimensione economico finanziaria dell’impresa e dell’impegno chiesto per la gestione. In tale ipotesi, infatti, la delibera è annullabile per conflitto di interesse del socio ex art. 2373 c.c., ma ciò non implica la non spettanza all’amministratore del alcun compenso.
Il diritto dell’amministratore di società di capitali di ottenere il rimborso delle spese, pure non essendo previsto dall’art. 2389 c.c., deriva dall’applicazione analogica dell’art. 1720 c.c. in tema di mandato. Ne deriva che il rimborso andrà limitato a quelle perdite economiche sostenute dall’amministratore a causa, e non semplicemente in occasione, del proprio incarico (sulla base di tale criterio il Tribunale ha riconosciuto il diritto di percepire il rimborso delle spese chilometriche sostenute dall’amministratore per recarsi nei diversi cantieri della società, mentre ha negato il diritto al rimborso delle spese per il pranzo).
La qualità di amministratore non è di per sé incompatibile con lo svolgimento, da parte dell’amministratore, di prestazioni professionali a favore della società, che siano “estranee” all’amministrazione della società e che, in tal caso, l’amministratore ha diritto a ricevere un autonomo compenso per l’attività prestata, ulteriore a quello eventualmente previsto per la carica. A questo proposito devono dirsi “estranee” soltanto le attività che abbiano carattere episodico e occasionale e invece inerenti all’amministrazione quelle che abbiano carattere regolare e continuativo rispetto al perseguimento dell’oggetto sociale.
Devono considerarsi responsabili per la violazione dei doveri di dotare la società di un assetto contabile adeguato ex art. 2381 c.c. gli amministratori che non adottino procedure contabili ex ante idonee alla ricostruzione a posteriori delle operazioni aziendali, là dove da tale omissione derivi il sostenimento di spese non documentate di cui non sia possibile risalire al giustificativo (e dunque valutare l’inerenza rispetto all’oggetto sociale) e i cui importi siano non trascurabili in relazione alle dimensioni dell’impresa. In tali ipotesi il danno deve quindi liquidarsi, anche in via di equità, in misura pari all’ammontare dell’uscita non documentata.
Le scelte operative dell’amministratore sono insindacabili nel merito, secondo la c.d. business judgement rule, salvo il limite della valutazione di ragionevolezza, da compiersi ex ante, e tenendo conto – sempre nell’ordine del limite – della mancata adozione delle cautele, delle verifiche e delle informazioni preventive, normalmente richieste per una scelta di quel tipo e della diligenza mostrata nell’apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all’operazione da intraprendere.
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Chiara Presciani
Laurea in giurisprudenza con 110 e lode presso l'Università degli studi di Bergamo Dottorato di ricerca in Diritto Commerciale (XXIX ciclo) presso l'Università degli studi di Brescia. Avvocato iscritto all'Ordine di...(continua)