Responsabilità dell’amministratore di s.r.l. fallita per il compimento di operazioni aventi finalità distrattiva e sospensione del processo per contestuale pendenza di un giudizio penale sui medesimi fatti
I principi di diligente e corretta gestione richiamati dagli artt. 2392 e 2476 c.c. impongono agli amministratori di società di capitali, tra l’altro, di astenersi dal compiere ovvero di contrastare la realizzazione di qualsiasi operazione che possa rivelarsi svantaggiosa per la società e lesiva degli interessi dei soci e dei creditori.
L’assenza di documentazione che provi l’esistenza delle operazioni economiche indicate quale causale giustificativa di pagamenti disposti dagli amministratori a beneficio di se stessi o di terzi è sufficiente a dimostrare la finalità distrattiva di tali operazioni e, pertanto, la loro contrarietà ai principi di corretta e diligente gestione.
Ai sensi dell’art. 75, co. 3, c.p.p., in caso di pendenza di un procedimento penale sui medesimi fatti il cui accertamento è oggetto di un giudizio civile, si ha una sospensione di quest’ultimo soltanto qualora l’azione sia stata proposta in seguito alla costituzione di parte civile nel processo penale o dopo la sentenza di primo grado (nel caso concreto, il curatore della fallita instaurava il giudizio civile a seguito della costituzione come parte civile in sede penale, ma emergeva una corrispondenza solo parziale tra le operazioni che si contestano in sede civile e quelle contestate in sede penale. Il Giudice decideva, quindi, di sospendere fino all’emanazione di sentenza penale definitiva il giudizio nei confronti dell’amministratore convenuto con esclusivo riguardo alla domanda di accertamento e dichiarazione della responsabilità e, per l’effetto, di condanna al risarcimento dei danni derivanti da quelle sole operazioni per le quali pendeva a carico del medesimo il procedimento penale).