Simulazione di un atto di compravendita e donazione di partecipazioni sociali
Non è legittimata ex art. 563 c.c. a far valere l’azione di simulazione con riferimento ad atti di disposizione del proprio futuro dante causa la mera futura legittimaria, poiché non è configurabile una lesione di legittima in ordine ad un patrimonio non ancora relitto, dovendosi escludere, a norma dell’art. 1415, co. 2, c.c., che il coniuge sia legittimato a far valere in quanto legittimario la simulazione di una compravendita intercorsa tra l’altro coniuge e un figlio (nel caso di specie, l’attrice allegava che il coniuge e i figli avrebbero simulato la cessione di quote di varie s.r.l., ponendo in realtà in essere un atto di donazione).
In tema di simulazione, la c.d. “controdichiarazione” costituisce un atto di riconoscimento o di accertamento soggetto ad un requisito di forma scritta ad probationem tantum, che può non essere coevo all’atto simulato e provenire dalla sola parte contro il cui interesse è redatta la quale voglia manifestare il riconoscimento della simulazione.
Nell’ambito di un giudizio di simulazione, se i documenti prodotti in giudizio dalla parte interessata a far valere la simulazione di un atto negoziale sono redatti per iscritto, provenienti dalla persona contro la quale è diretta la domanda e idonei a far apparire verosimile il fatto allegato, quand’anche non configurino delle “controdichiarazioni” in senso proprio, possono essere ritenuti un principio di prova scritta legittimante ex art. 2724 c.c. il superamento del divieto di prova testimoniale e per presunzioni vigente in materia di prova della simulazione tra le parti.