Il curatore fallimentare di s.r.l. è legittimato all’esercizio sia dell’azione sociale di responsabilità, che dell’azione prevista a favore dei creditori sociali
In materia di responsabilità degli amministratori di s.r.l., deve ribadirsi, in aderenza con la consolidata giurisprudenza di Cassazione formatasi sul punto, la legittimazione in capo al curatore fallimentare di esperire nei confronti dell’organo gestorio di società a responsabilità limitata, non soltanto l’azione sociale di responsabilità, ma anche l’azione dei creditori sociali, nonostante la specifica normativa in materia di s.r.l., diversamente da quella relativa alle s.p.a., a seguito dell’intervenuta riforma, non ne faccia puntuale menzione. Deve, infatti, accogliersi il principio enunciato dalla Corte di Cassazione, secondo il quale, in tema di responsabilità degli amministratori di s.r.l., la riforma societaria di cui al d.lgs. n. 6 del 2003, pur non prevedendo più il richiamo, negli artt. 2476 e 2478 c.c., alle norme in materia di società per azioni, non spiegherebbe alcuna rilevanza abrogativa sulla legittimazione del curatore fallimentare di società a responsabilità limitata all’esercizio dell’azione ai sensi dell’art. 146 L.F., in quanto per tale disposizione, riformulata ad opera del d.lgs. n. 5 del 2006, tale organo è abilitato all’esercizio di qualsiasi azione di responsabilità contro amministratori, organi di controllo, direttori generali e liquidatori di società. Invero, può ritenersi altresì acquisito che il curatore, anche in caso di fallimento di s.r.l., possa esercitare, anche cumulativamente, entrambe le azioni, sia quella sociale che quella spettante ai creditori sociali, atteso il carattere unitario e inscindibile dell’azione di responsabilità prevista dall’art. 146 L.F., sebbene i presupposti di fatto e di diritto delle due azioni rimangano diversi in relazione alla diversa natura delle due azioni.
L’azione sociale di responsabilità mira ad accertare la sussistenza in capo all’amministratore di una responsabilità di natura contrattuale, che presuppone, ai fini della sua configurabilità, l’inadempimento dell’amministratore, consistente nella violazione dei doveri imposti dalla legge o dall’atto costitutivo in spregio della speciale diligenza prevista dall’art. 1176, comma 2, c.c. per il professionista, a cui abbia fatto seguito il prodursi di un danno concreto, ovvero il depauperamento del patrimonio sociale di cui si chiede il ristoro. Diversamente, la responsabilità nei confronti dei creditori sociali, che è di natura extracontrattuale, stante l’assenza di un preesistente vincolo obbligatorio fra le parti, sussiste nel caso in cui il comportamento dell’organo di gestione abbia determinato una diminuzione del patrimonio sociale di entità tale da rendere lo stesso inidoneo, per difetto, ad assolvere la sua funzione di garanzia generica al soddisfacimento dei debiti assunti nei confronti dei creditori sociali, con conseguente responsabilità degli amministratori, tenuti a risarcire il relativo danno.
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Alessio Montanari
Cultore della materia in Diritto Commerciale presso l’Università di Bologna. Avvocato in Bologna presso lo Studio Legale Associato Demuro Russo.(continua)