Divieto assoluto per i candidati politici di recitare in fiction televisive, in pendenza di campagna elettorale
L’art. 1, comma 5 della l. 10/12/1993, n. 515, vieta tassativamente – nel periodo che va dalla convocazione dei comizi elettorali alla chiusura delle operazioni di voto – la presenza di candidati, di esponenti di partiti e movimenti politici, membri del Governo, delle Giunte e Consigli regionali e degli enti locali sia nei programmi informativi non riconducibili alla responsabilità di una testata giornalistica, sia nei programmi che non rientrano né nei programmi di informazione né in quelli di comunicazione politica. La legge pone un divieto assoluto, riferito a tutti i programmi che non rientrano né fra quelli di informazione né fra quelli di comunicazione politica, e quindi anche a tutti i programmi di intrattenimento, compresi quelli di fiction. La norma di chiusura, che pone il divieto assoluto, costituisce il necessario completamento della disciplina che regola gli spazi all’interno dei quali la presenza di politici e candidati non solo è consentita ma è necessaria perché sia assicurato il confronto pubblico fra le varie posizioni, con modalità predeterminate dirette ad assicurare parità di condizioni; poiché la presenza in televisione di politici e candidati al di fuori di tali spazi, in cui è regolata nelle modalità, non può che essere vietata e l’estensione del divieto non può che ricomprendere, conformemente al tenore letterale della disposizione di chiusura, qualunque tipo di trasmissione, relativa sia a programmi di intrattenimento realizzati in uno studio televisivo sia ad opere narrative riconducibili alla nozione di opera cinematografica definita dalla legge sul diritto di autore. E’ fatto notorio del resto che gran parte della propaganda elettorale si basa sulla mera diffusione dell’immagine e del nome del candidato, ed è evidente quindi che anche la loro diffusione in un contesto non politico, come un programma di fiction, è potenzialmente idonea ad incidere sull’orientamento degli elettori. La ratio del divieto coerentemente si deve individuare nella necessità di evitare che politici e i candidati possano beneficiare dell’effetto indiretto di notorietà derivante dalla partecipazione a programmi televisivi al di fuori delle regole previste per le competizioni elettorali, poiché la loro presenza nell’ambito di trasmissioni televisive nel periodo che precede le votazioni – indipendentemente da qualsiasi manifestazione diretta o indiretta di pensiero volta a influire sul diritto di voto dei cittadini – assume pur sempre una immediata efficacia evocativa che attribuisce alla loro presenza un significato diverso da quello dell’apparizione di un qualsiasi elettore.
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Federico Manfredi
Dottore in Giurisprudenza (Università Bocconi) e Dottore in Economia e Amministrazione delle Imprese (Università di Milano-Bicocca) cum laude – Avvocato presso Trifirò & Partners Avvocati - Socio Mensa...(continua)