Natura della responsabilità del direttore generale e documentazione utilizzabile ai fini della decisione
L’azione di responsabilità promossa nei confronti del direttore generale è di natura contrattuale ed è assoggettata alla stessa disciplina in tema di onere di allegazione e ripartizione degli oneri probatori di quella esercitabile nei confronti degli amministratori, di talché la società ha l’onere di dimostrare la sussistenza delle violazioni ed il nesso di causalità fra queste ed il danno verificatosi, mentre incombe sul direttore generale, come sugli amministratori e sindaci, l’onere di dimostrare la non imputabilità a sé del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi imposti. In particolare, per quanto concerne la ripartizione dell’onere probatorio tra società e amministratori, nel caso in cui la responsabilità dedotta dalla società si riferisca ad atti gestori per i quali si alleghi il mancato rispetto del canone di diligenza, parte attrice è tenuta a: (i) dimostrare che la condotta contestata integri l’inadempimento denunciato e possa pertanto essere qualificata come irrazionale o del tutto avventata; (ii) specificare in base a quali elementi si addivenga a tali conclusioni, precisando quali obblighi di diligenza si intendano violati; (iii) provare che tale condotta abbia arrecato un danno alla società, la cui quantificazione compete anch’essa a parte attrice. Una volta che tale prova è stata acquisita al processo, compete all’amministratore evocato in giudizio allegare e provare gli ulteriori fatti – consistenti in cautele, informazioni, verifiche – che sono idonei ad escludere (o attenuare) la sua responsabilità.
Al direttore generale, oltre a funzioni esecutive di alto livello, possono essere attribuiti in ragione delle particolari competenze tecniche e doti professionali, poteri di iniziativa che gli consentono di incidere sulla determinazione delle strategie aziendali, potendo essergli conferita anche una formale ‘‘posizione di autonomia decisionale’’, analoga a quella di un amministratore delegato. Inoltre il direttore generale deve poter disattendere quelle istruzioni degli amministratori la cui esecuzione, a suo giudizio, cagionerebbe (alla società , ai creditori sociali, ai singoli soci o terzi) danni dei quali sarebbe chiamato a rispondere.
L’autorizzazione dell’assemblea alla proposizione dell’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori, richiesta dall’art. 2393 c.c. e operante anche per l’azione promossa nei confronti dei direttori generali, in forza del rinvio di cui all’art. 2396 c.c., costituisce una condizione di procedibilità dell’azione, la cui esistenza va verificata d’ufficio dal giudice; è sufficiente, peraltro, che tale autorizzazione sussista nel momento della pronuncia della sentenza che definisce il giudizio.
Secondo un orientamento consolidato, alla luce del valore informatore del contraddittorio, il giudice ha il potere-dovere di esaminare i documenti prodotti solo nel caso in cui la parte interessata ne faccia specifica istanza, esponendo nei propri scritti difensivi gli scopi della relativa esibizione con riguardo alle sue pretese, derivandone altrimenti per la controparte l’impossibilità di controdedurre e risultando per lo stesso giudice impedita la valutazione delle risultanze probatorie e dei documenti ai fini della decisione [nella specie il Tribunale ha ritenuto che la consulenza tecnica dovesse essere redatta tenendo conto dei soli documenti espressamente richiamati nel corpo degli atti difensivi e purché si trattasse di documenti riferiti a condotte specificamente allegate].
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Marco Novara
Dottorando di ricerca di Diritto commerciale presso l'Università Statale di Milano(continua)