Estinzione del processo per rinuncia agli atti del giudizio
Secondo l’art. 306, co. 1, c.p.c., il processo si estingue quando la rinuncia è accettata dalle parti costituite che potrebbero avere interesse alla prosecuzione. Se ne desume che, ai fini della declaratoria di estinzione, è irrilevante la mancata accettazione di parti che non hanno interesse alla prosecuzione del giudizio. Più in particolare: (i) se la rinuncia è accettata il processo si estingue immediatamente (arg. ex art. 306, co. 3, c.p.c.), residuando in capo al giudice soltanto il potere/dovere di dichiarare l’avvenuta estinzione e di provvedere in punto di spese processuali, o recependo l’accordo intervenuto in proposito tra le parti, o, in mancanza di accordo, ponendo le spese in capo alla parte rinunciante; (ii) se la rinuncia non è accettata il processo prosegue al fine di verificare la presenza, in capo alla parte non accettante, di un suo interesse alla prosecuzione del giudizio. In questo caso, occorre distinguere due ipotesi: (a) il processo si estingue se, all’esito di tale verifica, si accerta che la parte che non ha accettato non ha interesse alla prosecuzione del processo e le spese sono regolate considerando che la parte non accettante ha indebitamente determinato la prosecuzione del processo così interrompendo il nesso di causalità processuale tra rinuncia/accettazione/estinzione nel rapporto processuale attore/convenuto e rinuncia/accettazione/estinzione nel rapporto processuale convenuto/terzo chiamato; (b) il processo prosegue ulteriormente se, all’esito di tale verifica, si accerta che la parte che non ha accettato ha interesse alla prosecuzione del processo e le spese sono regolate in base al principio di soccombenza.
Il fatto che l’attore, rinunciando agli atti del giudizio, non abbia offerto materialmente le spese autorizza il convenuto a chiedere al giudice istruttore la loro liquidazione con l’ordinanza di estinzione del processo, ma non giustifica la opposizione del convenuto stesso alla immediata declaratoria di estinzione e la richiesta di rimessione della causa al collegio per la decisione di questioni pregiudiziali o di merito. Pertanto, in tale ipotesi, il giudice cui sia stata rimessa la causa può condannare il convenuto al rimborso delle spese in favore dell’attore.
In caso di rinuncia agli atti da parte dell’attore, si applica ex art. 306 c.p.c. il principio di causalità processuale e non quello di soccombenza, talché costui deve essere condannato a rifondere le spese processuali sostenute dal terzo chiamato, qualora la chiamata in giudizio da parte del convenuto fosse giustificata in base alle domande svolte nei suoi confronti dall’attore medesimo.