Lo storno di dipendenti quale pratica di concorrenza sleale
La competenza dell’ufficio giudiziario si determina al momento della proposizione della domanda ai sensi dell’art. 5 c.p.c., senza che abbiano rilevanza rispetto ad essa i successivi mutamenti della legge o dello stato di fatto. Compete dunque alla Sezione Specializzata una domanda di accertamento di concorrenza sleale interferente, non avendo rilievo le successive deduzioni delle parti circa la configurazione della stessa.
In tema di concorrenza sleale, per poter ravvisare gli estremi della fattispecie dello storno di dipendenti di un’azienda non è sufficiente il mero trasferimento di collaboratori da un’impresa ad un’altra concorrente, né la contrattazione che un imprenditore intrattenga con il collaboratore altrui, ma tale condotta deve essere caratterizzata dall’”animus nocendi”, il quale va desunto dall’obiettivo che l’imprenditore concorrente si proponga – attraverso il trasferimento dei dipendenti – di vanificare lo sforzo di investimento del suo antagonista, creando nel mercato l’effetto confusorio, o discreditante, o parassitario capace di attribuire ingiustamente, a chi lo cagiona, il frutto dell’investimento (ossia, l’avviamento) di chi lo subisce. Al fine di verificare la sussistenza del requisito dell’animus nocendi, si valuta non solo se lo storno sia stato realizzato in violazione delle regole della correttezza professionale, ma principalmente se le caratteristiche e le modalità del trasferimento evidenzino la finalità di danneggiare l’altrui azienda, in misura eccedente il normale pregiudizio che può derivare dalla perdita di prestatori di lavoro trasferiti ad altra impresa, non essendo sufficiente che l’atto in questione sia diretto a conquistare lo spazio di mercato del concorrente. A tal fine, per potersi configurare un’attività di storno di dipendenti, alla luce del requisito dell’animus nocendi, assumono rilievo i seguenti elementi: a) la quantità e la qualità dei dipendenti stornati; b) il loro grado di fungibilità; c) la posizione che i dipendenti rivestivano all’interno dell’azienda concorrente; d) la tempistica dello sviamento; e d) la portata dell’organizzazione complessiva dell’impresa concorrente.
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Alberto Agresti
Laurea in giurisprudenza a pieni voti presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Avvocato presso RPLT RP Legalitax, si occupa principalmente di diritto societario (M&A) e diritto dell'arte.(continua)