Il carattere rituale di un lodo statutariamente definito “irrituale”
Qualora davanti al medesimo ufficio giudiziario pendano più cause connesse per pregiudizialità, il giudice della causa pregiudicata non può sospenderla ex art. 295 c.p.c., ma deve rimetterla al presidente del tribunale ai sensi dell’art. 274 c.p.c., perché questi valuti l’opportunità di assegnarla al giudice della causa pregiudicante, a nulla rilevando che i due giudizi siano soggetti a riti diversi, soccorrendo, in tal caso, la regola dettata dall’art. 40 c.p.c.
In caso di domanda di nullità del lodo, la qualificazione dell’arbitrato come rituale o irrituale costituisce un fatto impeditivo, modificativo o estintivo del diritto tutelato, non potendo quindi qualificarsi come domanda o eccezione “nuova”, in quanto non si tratta di questione attinente alla competenza ma di una questione preliminare di merito.
Ai fini della qualificazione di un lodo come rituale o irrituale, nel caso in cui procedimento seguito sia del tutto assimilabile ad un giudizio contenzioso, (e cioè nell’ipotesi in cui, ad esempio, l’arbitro autorizzi lo scambio di memorie e di repliche, nomini un ctu, fissi l’udienza di precisazione delle conclusioni, disattenda un’eccezione di prescrizione e rigetti una domanda riconvenzionale), il lodo deve essere considerato rituale a prescindere da qualsiasi indicazione contenuta nello statuto sociale.
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Alessio Buontempo
Praticante avvocatoLaureato in Giurisprudenza presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, praticante avvocato.(continua)