Sospensione cautelare dell’esecuzione delle delibere assembleari. Comproprietà di partecipazione sociale ed esercizio dei “diritti dei comproprietari”
In tema di sospensione dell’esecuzione di delibere assembleari impugnate, la sussistenza del requisito del periculum in mora di cui all’art. 2378, 4° comma, c.c. – a differenza del previgente art. 2378 c.c. in cui si faceva riferimento ai ‘gravi motivi’ – implica una valutazione comparativa tra l’irreparabilità del pregiudizio che potrebbe subire il ricorrente dall’esecuzione (e/o permanente efficacia) del la deliberazione impugnata e il pregiudizio che viceversa potrebbe subire la società, in base a quanto rappresentato dagli organi societari, da un eventuale provvedimento di sospensione dell’esecuzione della deliberazione impugnata.
Benché l’art. 2378 c.c. faccia espressamente riferimento solo al periculum in mora, è pur sempre necessaria, ai fini della possibile sospensione cautelare, la sussistenza anche del requisito del fumus boni iuris.
La deliberazione di nomina dell’organo amministrativo, ancorché già “eseguita” con l’insediamento del soggetto nominato, è pur sempre destinata a produrre i suoi effetti per l’intero periodo di gestione della società, per cui deve garantirsi la possibilità di assicurare una tutela cautelare al fine di evitare che un amministratore non correttamente nominato possa porre in essere atti gestori a danno della società o del soggetto impugnante
La comproprietà della partecipazione sociale si risolve in una ipotesi di comunione ordinaria avente per oggetto la quota sociale, intesa quale bene immateriale equiparato al bene mobile, dovendosi ritenere che il carattere patrimoniale della partecipazione, assumendo un carattere di prevalenza rispetto ai suoi profili obbligatori, e cioè al complesso dei diritti e obblighi con nessi con lo status di socio, connota la quota come bene e cioè come oggetto unitario di diritti.
Alla comproprietà della partecipazione sociale è applicabile in via diretta la disciplina della comunione ordinaria e la speciale regola dettata dall’ultimo comma dell’art. 2468 c.c. si limita ad introdurre una deroga espressa a tale disciplina, avente per oggetto la necessità, e non soltanto la possibilità, della nomina del rappresentante comune, la cui nomina, funzione e attività sono disciplinate, per tutti gli altri aspetti, dagli artt. 1105 e 1106 c.c.. Il rappresentante comune, da equipararsi all’amministratore, assume il ruolo di mandatario dei comproprietari.
In caso di comunione, i diritti sociali divengono “diritti dei comproprietari” (art. 2347, co. 1, c.c. e 2468, u.c.) e devono essere esercitati dal rappresentante comune, non potendosi ammettere una iniziativa autonoma e/o concorrente da parte del singolo comproprietario; ne consegue che l’esercizio dei diritti sociali deve essere veicolato attraverso il rappresentante (ad es., esercizio del diritto di voto, del potere di impugnazione e, anche, esercizio del potere di controllo da parte dei soci non amministratori ex art. 2476, 2° comma, c.c.).