Ambito dell’azione di responsabilità ex art. 146 l.f., liquidazione del danno derivante da illegittima prosecuzione dell’attività sociale e amministratore di fatto.
Non è affetta da nullità (per indeterminatezza del petitum) la domanda di citazione in giudizio degli amministratori di s.r.l. per responsabilità avanzata ai sensi dell’art. 146 l.f. qualora il curatore non abbia precisato se la responsabilità sia verso la società o verso i creditori sociali. L’azione ex art. 146 l.f. proposta dal curatore, infatti, cumula in sé quella sociale e quella proposta dai creditori, con la conseguenza che diviene sostanzialmente superfluo chiedersi quale rimedio il curatore abbia deciso di attivare, essendo la sua iniziativa volta a tutelare sia la società che i suoi creditori.
Anche a voler dubitare dell’ammissibilità dell’azione di responsabilità a tutela dei creditori di s.r.l., il nuovo art. 146 l. fall., rinviando, in maniera aperta e generica, a tutte le azioni di responsabilità contro i titolari delle funzioni di gestione e controllo, non richiama più gli artt. 2393 e 2394 c.c. (riferimento, questo, che prima della riforma poteva prestare il fianco all’interpretazione restrittiva, che escludeva l’azione di massa nella s.r.l.). Deve quindi ritenersi che il curatore sia abilitato all’esercizio di qualsiasi azione di responsabilità contro amministratori, organi di controllo, direttori generali e liquidatori di società.
Il soggetto non formalmente investito della carica di amministratore può essere chiamato a rispondere, in solido con gli amministratori di diritto, per la violazione degli obblighi gravanti su costoro quando sia provato ch’egli abbia in concreto gestito la società esercitando con sistematicità e completezza le funzioni tipiche dell’amministratore di diritto (da solo o anche insieme a questi).
Quando dalla nota integrativa di bilancio risulti un deficit netto contabile tale da assorbire integralmente il capitale sociale, incombono sull’amministratore gli obblighi di cui agli art. 2485 e 2486 c.c. in ordine all’accertamento della causa di scioglimento e al divieto di svolgere attività non meramente conservative del patrimonio societario.
Occorre defalcare dall’ammontare del danno gli oneri che la s.r.l. avrebbe dovuto comunque sostenere anche in caso di istanza di fallimento in proprio o liquidazione in bonis. Si possono genericamente indentificare quattro categorie di costi privi di nesso causale rispetto alla condotta negligente ascritta agli amministratori: 1) gli oneri conservativi del patrimonio aziendale; 2) le rettifiche di valore; 3) gli oneri e le perdite straordinarie che si sarebbero dovute fare anche in caso di cessazione dell’attività; 4) i costi per il godimento di beni e servizi di terzi per il tempo necessario per addivenire alla risoluzione dei relativi contratti. Ai fini della quantificazione del danno trova poi applicazione il principio della cd. compensatio lucri cum damno: quando il medesimo fatto generatore di pregiudizio per la società (la prosecuzione dell’attività dopo la perdita del capitale) le ha arrecato al tempo stesso un vantaggio, questo deve essere portato in compensazione del danno.
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gabriele.scaglia
Notaio con sede in Triuggio (MB) e operante in tutta la Lombardia. Dottore di ricerca presso la Scuola di Dottorato "Impresa, lavoro e Istituzioni" dell'Università Cattolica di Milano (curriculum diritto...(continua)