Ancora sulla domanda cautelare di revoca degli amministratori di s.r.l.
L’art. 2476, co. 3, c.c., nella parte in cui prevede che “[il socio] può altresì chiedere, in caso di gravi irregolarità nella gestione della società, che sia adottato provvedimento cautelare di revoca degli amministratori medesimi”, deve essere inteso come attributivo di un autonomo potere cautelare. Esse consente, sul piano della tutela, di disporre, anche ante causam, di un strumento cautelare utile a prevenire danni potenziali al patrimonio e all’organizzazione sociale derivanti da gravi irregolarità gestorie.
Alla luce del principio di strumentalità della tutela cautelare, la previsione della revoca cautelare dell’amministratore della s.r.l. di cui all’art. 2476, co. 3, c.c. va letta come implicito ma inequivocabile riconoscimento della corrispondente domanda di merito avente ad oggetto la revoca dell’amministratore.
La domanda cautelare di cui all’art. 2476, co. 3, c.c. va ricondotta nel novero delle misure cautelari anticipatorie, come tali destinate a mantenere la loro efficacia indipendentemente dall’instaurazione del giudizio di merito e dall’eventuale estinzione dello stesso (ex art. 669-octies, sesto e ottavo comma, c.p.c.).
Va rigettata la tesi secondo cui la domanda cautelare di revoca dell’amministratore di s.r.l. sia promuovibile solo in corso di causa e in funzione della domanda risarcitoria, incorrendosi altrimenti nella contraddizione, per un verso, di ammettere uno strumento cautelare inidoneo a tutelare la società proprio con riguardo all’azione di merito rispetto alla quale lo si vorrebbe strumentale, e, per altro verso, di sterilizzarne le capacità di tutela proprio rispetto ai danni potenziali, ovvero gli unici rispetto ai quali esso è effettivamente capace di spiegare tutela cautelare. Inoltre, in tale prospettiva verrebbero meno i requisiti, tipici dei provvedimenti cautelari, della strumentalità (insussistente con la domanda risarcitoria) e provvisorietà, dal momento che sarebbe esclusa una corrispondente azione di merito alla esito della quale la questione della revoca possa essere decisa definitivamente.
L’art. 2476, co. 3, c.c. richiede, perché sia adottato su richiesta anche del singolo socio il provvedimento cautelare di revoca dell’amministratore, che questi si sia reso responsabile di “gravi irregolarità di gestione” (fumus boni iuris) e che l’attualità o la permanenza di tali comportamenti determini quanto meno il rischio di un pregiudizio imminente per l’interesse sociale (periculum in mora). Le gravi irregolarità possono essere quindi costituite da violazioni di legge o di statuto anche solo potenzialmente foriere di danno per la società, ivi inclusi l’ inadempimento degli obblighi relativi al funzionamento della dell’organizzazione societaria, cioè gli atti di impulso concernenti i rapporti con i soci o con gli altri organi sociali, che gli amministratori sono tenuti a compiere per legge o per obbligo statutario.