Annullabilità della delibera assembleare per conflitto di interessi dei soci e abuso della maggioranza nella revoca di un amministratore
Ai fini dell’annullabilità di una delibera assembleare assunta in conflitto di interessi ai sensi dell’art. 2373 cod. civ. è necessario che ricorrano tre elementi: a) la prova di resistenza, ossia l’approvazione della delibera con il voto decisivo del socio in situazione di conflitto; b) il contrasto tra l’interesse egoistico del socio e l’interesse sociale; c) il danno, anche solo potenziale, per la società.
Con riguardo al secondo requisito, l’interesse del singolo socio a mantenere il controllo della società non configura un contrasto fra l’interesse di quest’ultimo e quello sociale, con la conseguenza che tale situazione non può essere qualificata come un conflitto idoneo a viziare una delibera assembleare. Più in generale, la sussistenza di un interesse egoistico in capo al socio non configura di per sé solo conflitto di interessi ma è necessario che tale interesse particolare si ponga obiettivamente e incompatibilmente in contrasto con quello societario.
Con riguardo al requisito dell’idoneità della delibera ad arrecare danno al patrimonio sociale, affinché questo possa dirsi integrato è necessario che la potenzialità lesiva della delibera sia valutata in connessione con gli effetti diretti o mediati sulla situazione esterna della società e sui riflessi che la situazione, così come modificata dalla delibera, produce sulla società. La delibera di nomina di un nuovo amministratore, con conseguente ricambio del vertice societario, non è annullabile sull’assunto che il nuovo amministratore potrebbe utilizzare la sua posizione per risolvere o transigere vertenze giudiziarie in essere fra la società amministrata e la sua controllante.
E’ annullabile la delibera di revoca di un amministratore per abuso di maggioranza laddove risulti assente una giusta causa. Il vizio di abuso di maggioranza impone al Giudicante di sottoporre a vaglio critico la motivazione sottesa alla revoca dell’amministratore in carica prima della scadenza naturale del mandato gestorio, rapportandola al principio di buona fede nell’esecuzione del contratto ai sensi dell’art. 1175 cod. civ., con estensione dell’applicazione del più generale canone di correttezza ai sensi dell’art. 1375 cod. civ. In questo senso, sebbene sia nel pieno diritto dei soci revocare un amministratore per procedere alla nomina di un nuovo vertice societario, non è tuttavia conforme ai canoni di buona fede e correttezza addossare al precedente organo amministrativo responsabilità afferenti ad atti di gestione che siano stati ritenuti leciti e opportuni solamente pochi giorni prima, e senza che sia intervenuta alcuna circostanza concreta e idonea a giustificare il mutato consiglio dell’assemblea dei soci.
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Michele Rossi
Dottore di ricerca (Università di Bologna) e Avvocato in Bologna - Studio Legale Associato Demuro Russo(continua)