Annullamento di azioni proprie e violazione del diritto di informazione dei soci
La delibera di riduzione del capitale sociale mediante annullamento di azioni proprie è impugnabile se l’inadempimento da parte del CdA degli obblighi informativi ex art. 2445 c.c. impedisce una partecipazione consapevole e informata dei soci; stante la stretta consequenzialità con il correlato aumento del capitale sociale, vengono meno anche i presupposti della suddetta delibera che quindi va parimenti caducata.
Nel caso di una riduzione del capitale ai sensi dell’art. 2445 c.c. e successiva delibera di aumento di capitale, il fumus boni iuris dell’istanza di sospensione è dato dalla violazione dell’art. 2445 c.c. in ragione dell’assenza di adeguate giustificazioni e successivi chiarimenti con riferimento all’operazione di riduzione del capitale sociale, non essendo sanabile la carenza di trasparenza con il rinvio ex art. 2374 c.c., ma solo ad iniziativa dello stesso organo amministrativo preponente. Quanto poi al periculum in mora, i soci di minoranza subirebbero un evidente pregiudizio economico in conseguenza dell’esborso cui sarebbero obbligati con l’aumento del capitale sociale per evitare una diluizione della loro partecipazione, pregiudizio del tutto sproporzionato rispetto a quello che verrebbe arrecato alla società per la sospensione della delibera vista la sua situazione di assoluta patrimonializzazione.
Nell’ambito del tentativo di conciliazione da esperirsi ex art. 2378, co. 4, il giudice può invitare la società a provvedere alla convocazione di una nuova assemblea così da assumere una “nuova” delibera sostitutiva di quella impugnata e, una volta preso atto della impossibilità allo stato di una composizione stragiudiziale, può adottare una decisione sulla base dei motivi di impugnazione e delle risultanze documentali al momento della proposizione del ricorso.