Art. 35 cost.
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Storno di dipendenti – quando è configurabile?
Il passaggio di dipendenti da un’impresa ad un’altra non è di per sé solo elemento sufficiente ad integrare l’ipotesi di cui all’art. 2598 n. 3 c.c., trattandosi di attività legittima espressione dei principi di rilevanza costituzionale di libera circolazione del lavoro e della libertà di iniziativa economica, sanciti dagli artt. 35 e 41 della Cost.
Per configurarsi illecito ex art 2598 n. 3 cc deve invece sussistere uno storno di dipendenti attuato con l’intento di disgregare l’altrui organizzazione produttiva, ossia connotato da animus nocendi, posto in essere con modalità del tutto inconciliabili con i principi di correttezza professionale, desumibile da elementi oggettivi che facciano ritenere in capo all’autore il proponimento di arrecare un serio danno al grado di competitività dell’impresa stornata.
Lo storno dei dipendenti tra illecito concorrenziale e libertà costituzionalmente garantite
L’accertamento della fattispecie dello storno dei dipendenti come atto di concorrenza sleale presuppone l’esame di una serie di indici rilevatori alla luce di una valutazione d’insieme. Più in particolare, per aversi illecito concorrenziale, oltre ai dati oggettivi del passaggio del dipendente all’impresa concorrente, dell’insieme delle modalità che qualificano la scorrettezza professionale dell’assunzione degli altrui dipendenti o collaboratori e dell’idoneità della condotta a danneggiare il concorrente, occorre un quid pluris, da individuarsi
(a) nella violazione dei principi e dei canoni della correttezza professionale e
(b) nell’intenzione specifica – se non esclusiva, quanto meno prevalente e determinante, o comunque predominante – di nuocere il concorrente.
E ciò a maggior ragione nel caso di dipendenti qualificati ed utili per la gestione dell’impresa concorrente, in relazione all’impiego delle rispettive conoscenze tecniche usate presso l’altra impresa e non possedute dal concorrente stesso.
Tuttavia, nell’individuazione degli esatti confini e connotati dello storno di dipendenti quale atto di concorrenza sleale illecito ex art. 2598 n. 3 del c.c. deve comunque, necessariamente, tenersi conto della piena cogenza – in materia – dei superiori principi costituzionali della libertà di impresa e di iniziativa economica e della tutela e promozione del lavoro in tutte le sue forme ed espressioni ex artt. 41 e 35 della Costituzione.
L’impresa che assume presso di sé un lavoratore onerato da un patto di non concorrenza con l’impresa di provenienza non è di per sé illecito quando sussistano motivi di controvertibilità in ordine all’effettiva validità e opponibilità di tale patto di non concorrenza ed in ogni caso l’eventuale violazione del patto non potrebbe essere ritenuta di per sé decisiva ai fini dell’illeceità dello storno, dovendo sempre essere valutata unitamente agli altri parametri individuati dalla giurisprudenza per la sua applicabilità.
Patto di non concorrenza e socio occulto
La disciplina dettata dall’art. 2596 c.c. non si applica al patto di non concorrenza che sia parte di una più ampia regolazione negoziale dei rapporti tra le parti.