Art. 52 c.p.i.
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Nullità del brevetto europeo: incoerenza tra i disegni e le rivendicazioni depositate
Non sussiste la possibilità di dichiarare la nullità parziale del brevetto relativamente a singoli disegni, la cui incoerenza con le rivendicazioni può invece rilevare, ad esempio, per escludere la contraffazione del titolo da parte di prodotti realizzati con caratteristiche corrispondenti ai disegni stessi. Tale conclusione è in linea con il sistema brevettuale che conferisce un ruolo centrale alle rivendicazioni nel definire l’ambito di protezione del brevetto, anche nel caso di limitazione o di sua nullità parziale, ed ai disegni la funzione di supporto interpretativo delle rivendicazioni.
Giudizio di validità di un brevetto e di ammissibilità delle limitazioni dei titoli
La novità deve dirsi sussistente laddove l’invenzione (definita, a norma dell’art. 52 c.p.i., dalle rivendicazioni) non sia stata descritta direttamente e in maniera non ambigua in un singolo documento di arte nota. Tale valutazione, ove compiuta rispetto ad una singola rivendicazione, ha esito negativo quando tutte le caratteristiche rivendicate risultano presenti in un’anteriorità.
Ai sensi dell’art. 52 c.p.i. i limiti della protezione sono determinati dalle rivendicazioni, che devono, a loro volta, essere interpretate alla luce della descrizione e dei disegni. Ne consegue che tali elementi (descrizione e disegni) sono confinati in un ruolo esclusivamente interpretativo e, come tali, non possono aggiungere in via integrativa significati che le prime non posseggono né consentire di ampliare l’oggetto del brevetto, giungendo ad attribuire protezione anche a quanto non rivendicato. Ne discende che in caso di divergenza tra quanto descritto e quanto rivendicato è possibile tutelare esclusivamente quegli elementi che risultino contemporaneamente compresi sia nella descrizione che nelle rivendicazioni.
L’art. 79 c.p.i. consente al titolare del brevetto di riformularlo, aggiungendo elementi specificativi e non, invece, generalizzando la portata delle rivendicazioni originarie mediante l’elisione di elementi ivi previsti, con un doppio limite: la sorgente da cui attingere le informazioni per integrare le rivendicazioni è esclusivamente il contenuto della domanda iniziale, precludendo così la possibilità di aggiungere materia totalmente nuova; e l’oggetto del brevetto che consiste nell’ambito di protezione conferito dalle rivendicazioni originarie. Viola tale limite la riformulazione che si risolva nella generalizzazione di caratteristiche originariamente più specificatamente rivendicate perché tale da apportare un quid novi non ammesso. Tale principio si giustifica con l’esigenza di tutelare i terzi, al fine di consentire a questi ultimi di identificare con sicurezza l’area massima che potrà essere coperta dal futuro brevetto fin dalla pubblicazione della relativa domanda.
Riformulazione del brevetto ex art. 79 c.p.i comma 3
La riformulazione in ogni stato e grado del giudizio ex art. 79 c.p.i., è un potere collegato al diritto sostanziale della parte da esercitarsi personalmente o mediante procuratore speciale, in quanto esulante dallo ius postulandi. Nel momento stesso in cui la parte si avvale del diritto sostanziale di riformulazione del brevetto, il giudice di qualunque grado sia (di merito e di legittimità) non può che prenderne atto, essendosi avuta una limitazione dell’oggetto della domanda mediante disposizione del diritto controverso. Non è questione di mutatio libelli, ma di disposizione del diritto sostanziale, sempre riconosciuta alla parte, purché esercitata con modalità non abusive e compatibilmente con il principio costituzionale del giusto processo, attesi gli accertamenti peritali che normalmente si rendono indispensabili per la natura tecnica della materia successivamente all’esercizio di tale diritto. La facoltà di cui all’art. 79 comma terzo CPI, che esplicitamente riconosce lo ius poenitendi sostanziale, non può essere esercitata in modo abusivo e reiterato, ma deve esserlo sempre secondo i canoni del giusto processo, anche al fine di evitare e scongiurare il più possibile un’eccessiva durata dello stesso, rendendo necessari continui ed iterativi accertamenti peritali sulle riformulazioni via via avanzate. Pertanto, la natura stessa del diritto di cui all’art 79 comma terzo implica che la domanda principale e quelle subordinate non debbano neppure essere esaminate, in quanto ormai superate dall’esercizio del suddetto potere di disposizione del diritto sostanziale sulla privativa industriale.
Contraffazione di brevetto per equivalenti e c.d. triple identity test
Le regole per l’interpretazione del brevetto, dunque per l’individuazione del suo oggetto e cioè della specifica invenzione per la quale viene richiesta protezione, sono dettate dall’art. 52 c.p.i.. Ai sensi del comma 1 del predetto articolo è fissato il principio di centralità delle rivendicazioni, intesi quale misura del brevetto sotto il profilo della delimitazione dell’area dell’esclusiva. Suddetta centralità ha riguardo non soltanto alla fase dell’accertamento della contraffazione, ma, ancor prima, al momento di valutazione dei requisiti di brevettabilità, in primo luogo in punto di attività inventiva, tenuto conto che esclusivamente caratteristiche rivendicate possono essere apprezzate al fine di stabilire la sussistenza o meno del c.d. scarto inventivo, dato dalle differenze tra il brevetto e la c.d. arte nota. Ai sensi del comma 2 del citato art. 52, il contenuto delle rivendicazioni va letto e interpretato (in ogni caso e non soltanto a fronte di oscurità o ambiguità delle rivendicazioni medesime) alla luce della descrizione e dei disegni (nonché della conoscenza generale del tecnico del settore). La descrizione serve a fornire al tecnico del settore le informazioni necessarie per l’attuazione dell’invenzione; è alla luce di tali informazioni e del linguaggio complessivamente considerato negli atti brevettuali che va definito il significato letterale delle rivendicazioni. In questo quadro assume particolare rilevanza la regola di cui al comma 3-bis dell’art. 52, secondo cui “la disposizione del comma 2 deve essere intesa in modo da garantire nel contempo un’equa protezione al titolare ed una ragionevole sicurezza giuridica ai terzi”.
Si ha contraffazione ogniqualvolta venga attuata, nei suoi elementi essenziali e caratterizzanti, l’idea inventiva coperta dalla privativa, con la conseguenza che la contraffazione non è esclusa quando all’invenzione brevettata si apportino modifiche che ne costituiscano un miglioramento, un adattamento o un perfezionamento, che non incidono sugli aspetti essenziali del trovato.
La sostituzione degli elementi dell’invenzione non esclude la contraffazione quando i nuovi elementi siano equivalenti, intendendo per tali gli elementi che risultino tali all’esito del c.d. triple identity test e cioè: i) perseguano in sostanza la medesima funzione; ii) in un modo sostanzialmente identico; iii) al fine di conseguire il medesimo risultato. Detto in altri termini, una variante all’invenzione oggetto di privativa dovrebbe ritenersi compresa nell’ambito di protezione della stessa, in quanto equivalente, qualora sia ovvio per il tecnico del settore che utilizzando tale variante si raggiunga sostanzialmente il medesimo risultato raggiunto attraverso l’elemento esplicitamente rivendicato.
Il giudizio di equivalenza muove dai singoli elementi rispettivamente dell’invenzione brevettata e della realizzazione sospettata di contraffazione (cd. element by element approach) piuttosto che dall’invenzione intesa nel suo complesso. Il confronto tra gli elementi va dunque compiuto partendo dalla formulazione delle rivendicazioni e interpretandone il contenuto, individuando i singoli elementi rivendicati, analizzando l’oggetto accusato di violare il brevetto e confrontando gli elementi costitutivi di esso con quelli rivendicati per verificarne la corrispondenza letterale o per equivalenti; le rigidità presenti in tale metodo devono però essere superate effettuando in ogni caso un confronto tra il risultato inventivo e l’oggetto che si afferma contraffatto.
La valutazione di equivalenza si conclude positivamente anche quando la realizzazione per varianti ottiene un risultato più efficace ma pur sempre riconducibile al contenuto delle rivendicazioni.
La pubblicazione della sentenza di condanna a norma dell’art. 126 c.p.i. è un rimedio a vocazione sia preventiva – in quanto diretto a prevenire ulteriori pregiudizi portando a conoscenza degli operatori di mercato la probabile contraffazione della privativa – sia riparatoria – in quanto diretto a risarcire in forma specifica il pregiudizio patito dalla controparte – la cui concessione è rimessa caso per caso alla discrezione del giudice, tenuto conto, quale criterio preminente, degli interessi contrapposti delle parti.
La pronuncia di condanna generica al risarcimento del danno da fatto illecito integra un accertamento di potenziale idoneità lesiva del fatto e non anche l’accertamento del fatto effettivo, la cui prova è riservata alla successiva fase di liquidazione, con la conseguenza che il giudicato formatosi su detta pronuncia non osta a che sul giudizio instaurato sulla liquidazione venga negato il fondamento della domanda risarcitoria, alla stregua della contestazione che il danno non si sia in effetti verificato.
Brevetto per invenzione industriale e relativa modifica delle rivendicazioni depositate
In sede di redazione della domanda di brevetto o di sua estensione, il titolare deve espressamente richiedere al suo consulente brevettuale di inserire determinate caratteristiche e di modificare le rivendicazioni, non essendo desumibile tale richiesta solo dai disegni tecnici eventualmente trasmessi poiché l’estensione della tutela è determinata in via prioritaria dalle rivendicazioni ed i disegni hanno solo una funzione interpretativa delle stesse.
Contraffazione per equivalenti e responsabilità processuale aggravata
La contraffazione per equivalenti estende la la protezione accordata al brevetto al di là del tenore letterale delle rivendicazioni, fino a ricomprendervi le imitazioni non integrali del trovato protetto nelle quali permane la stessa idea inventiva e l’insegnamento fondamentale.
Poiché la domanda di risarcimento del danno per responsabilità processuale aggravata ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ. può essere formulata esclusivamente, sia per “l’an” che per il “quantum”, innanzi al giudice investito del procedimento per il quale si pretende dedurre tale responsabilità e poiché la proposizione di detta domanda non importa alcuna alterazione dell’oggetto della lite, in ipotesi di esecuzione della sentenza di primo grado, iniziata e compiuta senza normale prudenza, l’istanza risarcitoria può e deve essere proposta nel corso del giudizio di appello senza che sia opponibile alcuna preclusione.
La resistenza dell’appellata all’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza non rientra fra le condotte sanzionate dall’art. 96 cod. proc. civ. e non risulta idonea, ad abundantiam, ad integrare in generale un abuso dello strumento processuale.
Non è possibile riconoscere alcun risarcimento del danno sulla base dell’art. 9, co. 7 della Direttiva Enforcement, non essendo tale norma stata recepita attraverso il d. lgs. 140/06.
Il requisito di attività inventiva di un brevetto per invenzione. Il giudizio di validità di un brevetto per modello ornamentale
Un’invenzione è considerata implicante attività inventiva se, per una persona esperta del ramo, non risulti in modo evidente dallo stato della tecnica.
Requisiti di brevettabilità: sufficiente descrizione
Le cause di nullità del brevetto ex art. 76 c.p.i. non si limitano alla carenza dei presupposti sostanziali necessari per riconoscere una invenzione tutelabile– quali novità, industrialità ed altezza inventiva del trovato – ma si estendono altresì ai difetti di “descrizione”, che riguardano [ LEGGI TUTTO ]