Art. 96 c.p.c.
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Rapporti tra giudizio cautelare e di merito e ratio dell’art. 96, co. 3, c.p.c.
La finalità della tutela cautelare è individuabile nella precisa salvaguardia del medesimo diritto soggettivo già fatto valere con la domanda introduttiva del giudizio di cognizione ordinaria, nonché nell’assicurazione dei medesimi effetti ottenibili a fronte della conclusione del processo già instaurato. Sussiste una relazione di accessorietà tra il giudizio cautelare e il giudizio di merito, dal momento che il requisito della strumentalità è idoneo a porsi come condizione di ammissibilità della tutela cautelare e il contenuto del futuro giudizio di merito è inquadrabile come limite oggettivo e soggettivo del contenuto del provvedimento d’urgenza, non essendo possibile attribuire alle parti beni che le stesse potrebbero conseguire solo per effetto della sentenza.
Con la previsione dell’art. 96, co. 3, c.p.c. è stata introdotta una fattispecie a carattere sanzionatorio che prende le distanze dalla struttura tipica dell’illecito civile per confluire nelle cc.dd. condanne punitive e con la quale il giudice deve responsabilizzare la parte a una giustizia sana e funzionale, scoraggiando il contenzioso fine a sé stesso che, aggravando il ruolo del magistrato e concorrendo a rallentare i tempi di definizione dei processi, crea nocumento alle altre cause in trattazione mosse da ragioni serie e, spesso, necessità impellenti o urgenti nonché agli interessi pubblici primari dello Stato. La norma configura una sanzione di ordine pubblico dettata, con finalità di deflazione del contenzioso, nell’interesse pubblico alla repressione dell’abuso del processo e di quelle condotte processuali che determinano una violazione delle regole del giusto processo e della sua ragionevole durata. Il terzo comma dell’art. 96 c.p.c. è diretto quindi a sanzionare l’abuso del processo che si invera nei casi in cui lo strumento processuale viene piegato a finalità devianti rispetto alla tutela dei diritti e degli interessi legittimi per il quale l’art. 24 Cost. garantisce il ricorso alla tutela giurisdizionale. La previsione di tale responsabilità processuale ha natura non tanto risarcitoria del danno cagionato alla controparte dalla proposizione di una lite temeraria, quanto più propriamente sanzionatoria delle condotte di quanti, abusando del diritto di azione e di difesa, si servano dello strumento processuale a fini dilatori, aggravando il volume del contenzioso; ciò è confermato, sul piano testuale, dal riferimento al “pagamento di una somma”, che segna una netta differenza terminologica rispetto al “risarcimento dei danni” di cui ai precedenti due commi dell’art. 96 e dall’adottabilità della condanna “anche d’ufficio”, che la sottrae all’impulso di parte e ne attesta la finalizzazione alla tutela di un interesse trascendente quello della parte stessa e colorato di connotati pubblicistici.
Principi in tema di circolazione di partecipazioni sociali e acquisto di azioni proprie
Il termine di 90 giorni previsto dall’art. 2388, comma 4, c.c. per impugnare una delibera assembleare è interrotto dall’avvio del procedimento di mediazione di cui al d.lgs. 28/2010, non rilevando a tal fine che si tratti di mediazione obbligatoria o facoltativa: infatti, l’art. 5, comma 6, d.lgs. 28/2010, laddove regola l’effetto della domanda di mediazione rispetto a prescrizione e decadenza, non distingue in alcun modo tra mediazione obbligatoria e facoltativa e costituisce pertanto norma di chiusura circa gli effetti sostanziali del procedimento.
L’errore sul prezzo non ha natura essenziale e rilevante e la sua eventuale ricorrenza esclude il rimedio dell’annullabilità. In particolare, in tema di compravendita delle azioni di una società, il valore economico dell’azione non rientra tra le qualità di cui all’art. 1429, n. 2, c.c., relativo all’errore essenziale, essendo la determinazione del prezzo delle azioni rimessa alla libera volontà delle parti.
Il procedimento di cui all’art. 2357 c.c. per l’acquisto di azioni proprie è improntato sulla distinzione tra il potere autorizzativo dell’assemblea dei soci e quello invece decisionale che spetta agli amministratori e che potrebbe anche condurre, pur in presenza dell’autorizzazione dei soci, a non dare poi corso all’acquisto, perché non ritenuto più conveniente o opportuno. Infatti, la valutazione circa l’opportunità dell’acquisto costituisce un apprezzamento di natura gestoria che appare coerentemente rimesso alla valutazione dell’organo amministrativo, spettando all’organo assembleare autorizzarne poi l’acquisto.
È ammissibile la ratifica, da parte dell’assemblea, dell’acquisto di azioni proprie deciso dal consiglio di amministrazione senza previa autorizzazione dell’assemblea.
Nullità parziale di brevetto e mancanza di interferenza delle macchine della convenuta con la tutela brevettuale
Finanziamenti soci e onere della prova sui presupposti della postergazione
Nel giudizio instaurato da un socio di s.r.l. al fine di ottenere la restituzione di un finanziamento effettuato a favore della società, grava in capo a quest’ultima l’onere della prova della necessaria postergazione del rimborso (e, cioè, della temporanea inesigibilità del credito del finanziamento-conferimento di fatto). Si tratta di eccezione propria in senso lato, rilevabile anche d’ufficio, ma a condizione che la situazione di crisi ex art. 2467 c.c. risulti provata ex actis secondo quanto dedotto e prodotto in giudizio e, cioè, sulla base dei fatti allegati (e comprovati) dall’eccipiente. E per radicare la fattispecie ex art. 2467, co. 2, c.c., si deve fare riferimento non solo all’eventuale squilibrio sussistente al momento del finanziamento, ma anche alla circostanza che esso perduri e sia presente al momento della richiesta di rimborso e, in caso di controversia giudiziaria, della sentenza.
Il rapporto tra sezione ordinaria e sezione specializzata in materia di imprese, nel caso in cui entrambe le sezioni facciano parte del medesimo ufficio giudiziario, non attiene alla competenza, ma rientra nella mera ripartizione degli affari interni dell’ufficio giudiziario.
Il carattere ritorsivo dell’azione di responsabilità rileva ex art. 96 c.p.c.
La proposizione nei confronti dell’amministratore di un’azione di responsabilità di carattere ritorsivo, in spregio ai principi fondamentali di diritto che governano la materia societaria anche sotto il profilo processuale, con il tentativo, in difetto di rituale instaurazione del contraddittorio, di incardinare il giudizio innanzi a un giudice evidentemente incompetente, si connota come abuso del processo ed implica la condanna della società attrice al pagamento a favore dell’amministratore, ai sensi dell’art. 96, co. 3, c.p.c., della sanzione equitativamente determinata in misura pari alle spese legali.
Mancato rimborso da parte della società di somme a questa erogate da un proprio socio a titolo di finanziamento
Inadempimento di un contratto di cessione di partecipazioni sociali. Insussistenza del danno
Responsabilità del notaio e mancata dimostrazione dell’esistenza del danno
Al nostro ordinamento è estranea la configurazione della responsabilità civile con funzione semplicemente sanzionatoria della violazione delle norme che sanciscono specifici doveri diretti ad evitare la lesione della sfera giuridica altrui ed è, di conseguenza, ad esso sconosciuta la categoria dei c.d. danni punitivi.
L’attribuzione alla responsabilità civile dell’imprescindibile funzione di rimedio all’effettiva lesione della sfera del danneggiato impone alla vittima, nella formulazione della sua domanda risarcitoria, di descrivere compiutamente il pregiudizio effettivamente subito a causa della condotta illecita attribuita al convenuto, essendo in mancanza la domanda priva di fondamento giuridico. Sicché, è dirimente, ai fini della decisione della controversia, la questione della mancata prospettazione da parte dell’attore di un danno causalmente connesso al fatto illecito addebitato al convenuto.
Segretezza delle informazioni aziendali e accertamento del c.d. reverse engineering
L’acquisizione delle informazioni mediante il c.d. “reverse engineering” non può mai rendere lecita l’acquisizione delle informazioni tecnico industriali in caso di violazione degli obblighi contrattuali o patti di riservatezza. Per escludere la tutelabilità delle informazioni necessarie alla realizzazione di un prodotto non è sufficiente l’astratta possibilità di risalirvi tramite l’analisi e la scomposizione del prodotto stesso, ma occorre anche che il processo di reverse engineering possa qualificarsi come “facile” per gli esperti del settore. Quando invece esso comporti tempi o costi rilevanti in relazione alle caratteristiche del mercato, le informazioni vanno tutelate contro l’acquisizione abusiva. La “facile accessibilità” dell’informazione è, quindi, condizione per l’operatività del reverse engineering. Infatti, se le informazioni non sono segrete nei casi di facile accessibilità agli esperti, coerentemente anche il reverse engineering può rendere lecita l’acquisizione d’ informazioni quando il processo sia di “facile accessibilità”. [ Nel caso di specie il Giudice rigetta il primo motivo d’appello poiché le informazioni segrete sono state acquisite illegittimamente e non per effetto del reverse engineering.]
Mancata iscrizione dell’atto di cessione di quote sociali per indisponibilità dell’amministratore unico della società
Deve essere accolta la domanda con cui l’attore – che ha ceduto il 50% delle proprie quote di partecipazione ad una S.r.l. ad altro soggetto tramite scrittura privata autenticata – chiede di ordinare al Conservatore del Registro delle Imprese l’iscrizione di tale cessione, previa esecuzione di tutte quelle formalità a ciò necessarie ma alle quali cui non era stato possibile provvedere a causa dell’indisponibilità e della mancata collaborazione in tal senso da parte dell’amministratore unico della S.r.l.
Deve invece ritenersi infondata ogni considerazione sul carattere fraudolento della cessione (su cui la convenuta S.r.l., nel caso di specie, ha fondato la propria domanda riconvenzionale), non solo in quanto materia estranea alla controversia – che verte in tema di mancata iscrizione di un atto di cessione di quote sociali e non di cancellazioni di iscrizioni eseguite in assenza delle condizioni di legge – ma anche in ragione della tardiva introduzione di una prospettazione difensiva del tutto nuova nel giudizio.