Art. 120 c.p.i.
57 risultati
Pronuncia cautelare di accertamento negativo di contraffazione in relazione ad un marchio “giovane”: periculum in mora e aspetti di merito
Lo strumento anticipato, pur non godendo di giudicato, fornisce all’imprenditore una copertura che gli permette di operare con (relativa) tranquillità anche durante i tempi dell’eventuale giudizio di merito, offrendogli copertura anche nei rapporti con i terzi, e così riducendo la dispersione di progetti ed energie imprenditoriali; e ciò anche senza e prima che egli abbia iniziato a subire ripercussioni concrete dell’avversaria doglianza.
Non vi è spazio per ravvisare un superamento della debolezza del segno nel mero fatto che vi siano stati sforzi pubblicitari, dal momento che, trattandosi di un marchio “giovane”, occorrerebbe conoscere se tali sforzi abbiano ottenuto un qualche effetto presso il pubblico, rafforzando il marchio. Basta dunque un distanziamento anche lieve per assicurare al segno posteriore la dignità della non contraffazione.
Inammissibilità per difetto di giurisdizione della domanda di accertamento del diritto alla registrazione di un marchio in pendenza di un giudizio amministrativo di opposizione. Il caso Elettra Lamborghini
Premessa la reciproca autonomia della procedura amministrativa e di quella giudiziaria, deve precisarsi che l’eventuale rilascio o rifiuto del titolo da parte dell’UIBM all’esito del giudizio di opposizione non preclude il sindacato del giudice ordinario in punto di validità, non contraffazione ovvero decadenza dal diritto (art. 117 c.p.i.). Tuttavia, un simile sindacato può intervenire solo ed in quanto sia già intervenuto il rilascio del titolo da parte dell’Ufficio competente (art. 120 c.p.i.).Ne consegue che la decisione sulla domanda di validità/non contraffazione/decadenza di una privativa non può essere pronunciata finché sussista incertezza in ordine all’esistenza della privativa stessa, alla sua stabilità ed al suo ambito di protezione.
Validità del brevetto e sussistenza dei requisiti del cd. “contributory infringement”
L’illecito consistente nel cd. “contributory infringement” o contraffazione indiretta, introdotto dalla l. n. 214 del 2016, al comma 2 bis dell’art. 66 del d.lgs n. 30 del 2005, consta di due elementi, che devono essere accertati in concreto dal giudice: a) l’elemento oggettivo consistente nella fornitura, o offerta di fornitura, a soggetti diversi
dagli aventi diritto all’utilizzazione dell’invenzione e necessari per la sua attuazione e la successiva contraffazione diretta da parte dei terzi; b) l’elemento soggettivo consistente nella consapevolezza – da accertare sulla base di dati fattuali tali da evidenziare la conoscenza, da parte del fornitore, circa l’obiettiva ed univoca destinazione concreta dei mezzi forniti all’attuazione del brevetto – non solo dell’idoneità, ma anche della destinazione concreta di detti mezzi ad attuare l’invenzione, ovvero la possibilità di acquisirla con l’ordinaria diligenza.
Ricorso cautelare per violazione dei diritti derivanti da un marchio europeo che contraddistingue monopattini elettrici
È inammissibile il ricorso cautelare ex art. 120 co. 6 bis c.p.i. e 700 c.p.c. volto ad un mero accertamento negativo della violazione di diritti esclusivi del titolare di un marchio registrato. L’art. 120 comma 6 bis c.p.i. riconosce implicitamente l’ammissibilità di azionare in via cautelare una tutela finalizzata a preservare – nel tempo necessario allo svolgimento di un giudizio di merito – gli effetti di una pronuncia di mero accertamento. È necessario valutare se la domanda cautelare richiesta in vista di una domanda di merito di mero accertamento negativo sia assistita non solo dai presupposti del fumus boni iuris e del periculum in mora, ma – ancor prima – dalla condizione dell’azione dell’interesse ad agire ossia se il petitum richiesto sia idoneo ad assicurare l’utilità che la parte si propone di conseguire in caso di esito vittorioso della causa. In presenza di una situazione di incertezza, l’interesse ad agire in via cautelare sussiste ogni qualvolta la tutela cautelare richiesta abbia un effettivo nesso di strumentalità rispetto alla sentenza di mero accertamento. Ove invece la domanda cautelare abbia ad oggetto il mero accertamento del diritto, esercitabile in via autonoma, tenendo un determinato comportamento, esclusivamente in virtù dei propri poteri sostanziali, senza necessità di cooperazione, viene meno l’interesse ad agire in via cautelare. In altre parole, la certezza giuridica che costituisce l’unica utilità ricavabile da una dichiarazione di mero accertamento non può scaturire da una pronuncia cautelare.
Effetto retroattivo del brevetto limitato e risarcimento del danno
L’ambito di tutela del brevetto europeo rilasciato per l’Italia deve ritenersi definito dal contenuto della limitazione con effetto retroattivo e ciò a prescindere dalla nullità originaria che poteva investire le rivendicazioni poi modificate.
La parte che ha posto in produzione e commercializzato un prodotto ritenuto in contraffazione di un brevetto poi limitato non può invocare una buona fede assoluta in ragione del fatto che la modifica non può implicare un’estensione del brevetto oltre il contenuto della domanda originaria. Tuttavia, nel caso di pronunce giudiziali intervenute con andamento alternante rispetto al brevetto poi limitato, è esclusa in radice la configurabilità della resistenza temeraria
La condanna generica al risarcimento non è impedita dalla mancata illustrazione dei concreti pregiudizi in capo alla parte e della loro quantificazione una volta che siano accertati la produzione e l’immissione sul mercato di un prodotto contraffatto, essendo certo, senza necessità di alcuna prova specifica, che l’attività contraffattoria abbia generato un danno economicamente valutabile.
In mancanza di attualità della contraffazione, per intervenuta sospensione della commercializzazione del prodotto, e della tutela, per naturale scadenza della validità della privativa, non sussistono i presupposti per la pubblicazione del provvedimento ai sensi dell’art. 130 CPI, pubblicazione che assolve ad una funzione informativa dei consumatori, evitando che possano cadere in errore, e ad una funzione riparatoria, in via preventiva, impedendo ulteriori effetti dannosi dell’illecito nel futuro. Né sussistono i presupposti per la pubblicazione ai sensi dell’art. 166 l. 633/41, misura necessaria per la tutela degli interessi commerciali offesi dalla violazione della protezione, laddove tale violazione sia stata temporalmente circoscritta e limitata.
La tutela della confezione delle Tic-Tac
La giurisdizione si determina sulla base della domanda e, a tal fine, rileva non già la prospettazione delle parti, bensì il cosiddetto “petitum sostanziale”, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta statuizione che si chiede al giudice ma anche e soprattutto in funzione della “causa petendi”, ossia della intrinseca natura della posizione soggettiva dedotta in giudizio ed individuata dal giudice stesso con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico di cui essi sono manifestazione e dal quale la domanda viene identificata.
I termini «luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire», utilizzati dall’articolo 5, punto 3, del regolamento n. 44/2001, indicano sia il luogo in cui il danno si è concretizzato sia il luogo del fatto generatore di tale danno, cosicché il convenuto può essere citato, a scelta del ricorrente, dinanzi ai giudici di entrambi i luoghi in parola. Ancora, per meglio specificare i termini “concretizzazione del danno”, si ritiene che il luogo della concretizzazione del danno è quello in cui il fatto da cui può sorgere una responsabilità da illecito doloso o colposo ha causato un danno.
Quando la forma di un prodotto si limita ad incorporare la soluzione tecnica messa a punto dal fabbricante e brevettata su sua domanda, la tutela di tale forma come marchio dopo la scadenza del brevetto ridurrebbe considerevolmente e all’infinito la possibilità per le altre imprese di utilizzare detta soluzione tecnica dovendo pertanto ritenersi preclusa.
La forma, o altra caratteristica, che dà un valore sostanziale al prodotto si configura solo se si tratta di un valore estetico autonomo, di per sé decisivo nell’esercitare un’autonoma forza attrattiva sul consumatore.
L’attività illecita, consistente nell’appropriazione o nella contraffazione di un marchio mediante l’uso di segni distintivi identici o simili a quelli legittimamente usati dall’imprenditore concorrente può essere da quest’ultimo dedotta a fondamento non soltanto di un’azione reale, a tutela dei propri diritti di esclusiva sul marchio, ma anche, e congiuntamente, di un’azione personale per concorrenza sleale, ove quel comportamento abbia creato confondibilità fra i rispettivi prodotti.
Il verificarsi di danni in capo al titolare del marchio contraffatto non è in re ipsa, ossia nella sussistenza dell’accertata condotta di contraffazione ex articolo 2598 c.c., talché il titolare che domanda il risarcimento dei danni è gravato dall’onere, ai sensi dell’articolo 121 – secondo comma c.p.i., di provarne l’an ed il quantum. In proposito, le allegazioni che devono accompagnare la proposizione di una domanda risarcitoria non possono essere limitate alla prospettazione della condotta colpevole della controparte, produttiva di danni nella sfera giuridica di chi agisce in giudizio, ma devono includere anche la descrizione delle lesioni, patrimoniali e/o non patrimoniali, prodotte da tale condotta, dovendo l’attore mettere il convenuto in condizione di conoscere quali pregiudizi vengono imputati al suo comportamento, a prescindere dalla loro esatta quantificazione e dall’assolvimento di ogni onere probatorio al riguardo.
Brevetto per invenzione o per modello industriale: tutele. Fra contraffazione (per interferenza) per equivalenti e concorrenza sleale
Ai sensi dell’articolo 52 comma 3 bis del D.lvo n. 30/2005, modificato dal D.lvo n. 131/2010, in tema di contraffazione di brevetti per invenzioni industriali posta in essere per equivalenti, il Giudice, nel determinare l’ambito della protezione conferita dal brevetto, non deve limitarsi ad interpretare il tenore delle rivendicazioni alla luce della descrizione e dei disegni, bensì deve contemperare l’equa protezione del titolare con la ragionevole sicurezza giuridica dei terzi e, quindi, deve considerare ogni elemento che sia sostanzialmente equivalente ad uno di quelli indicato nelle rivendicazioni. Per far ciò, il Giudice può avvalersi di varie metodologie finalizzate ad accertare l’equivalenza della soluzione inventiva, come il verificare se la realizzazione contestata permetta di raggiungere il medesimo risultato finale adottando varianti prive del carattere di originalità.
L’originalità manca se le varianti sono ovvie alla luce delle conoscenze in possesso del tecnico medio del settore che si trovi ad affrontare il medesimo problema. Il Giudice non può attribuire rilievo alle intenzioni soggettive del richiedente del brevetto, sia pur ricostruite storicamente attraverso l’analisi delle attività poste in essere in sede di procedimento amministrativo diretto alla concessione del brevetto.
La Corte di legittimità (v. Cass. Civ. n. 2977/2020), in particolare, ha fatto applicazione del principio, di elaborazione giurisprudenziale tedesca, secondo il quale sintomo della contraffazione per equivalenti è proprio l’ovvietà o non originalità della soluzione sostitutiva adottata dal contraffattore rispetto alla soluzione brevettata, tenendo conto alle conoscenze medie del tecnico del settore.
L’equivalenza sussiste ove la variante realizzativa adottata risulti per il tecnico medio del settore ovvia, e, dunque, non originale, per ottenere la stessa soluzione al problema tecnico risolto dall’invenzione, non assumendo, invece, rilievo alcuno le limitazioni volontarie delle rivendicazioni introdotte dal titolare del brevetto nel corso della procedura di brevettazione (la cosiddetta “file history”). Del resto [anche la giurisprudenza di merito (v. ad es. Trib. Milano 20 settembre 2018), facendo applicazione del criterio del c.d. triple test, ha ritenuto la contraffazione per equivalenti in un caso in cui due determinati prodotti a confronto (nella specie, farmaci), svolgevano la medesima funzione, agivano con lo stesso modus operandi e, infine, ottenevano il medesimo risultato, e ciò in quanto il trovato sospettato di interferenza suggeriva soluzioni sostitutive prive di originalità, attuative degli elementi essenziali originali e caratteristici dell’idea brevettata, e, quindi, ovvie per il tecnico del ramo. L’illecito in commento, invece, deve essere escluso quando la soluzione del problema tecnico sia raggiunta con un meccanismo che, pur determinando identiche prestazioni funzionali, operi con mezzi strutturali diversi.
In materia di competenza funzional-territoriale in applicazione dei principi generali regolatori degli istituti della domanda riconvenzionale e della connessione, stante il sopravvenuto venir meno della inderogabilità della competenza territoriale prevista dal citato art. 120 c. III CPI per effetto della caducazione dell’obbligatorietà dell’intervento del P.M, il giudice della domanda principale può conoscere, nel medesimo processo, della domanda riconvenzionale che sia connessa alla prima per l’oggetto oltre che per il titolo.
Nullità del brevetto per carenza dei requisiti di novità e altezza inventiva
La prevalenza del foro del domicilio eletto dal convenuto nelle azioni in materia di proprietà industriale
In base al tenore letterale del comma 3 dell’art. 120 CPI, l’indicazione di domicilio compiuta in occasione della presentazione della domanda di registrazione o di brevettazione radica in via esclusiva la competenza e la giurisdizione nelle azioni in materia di proprietà industriale, prevalendo sugli altri fori di cui al comma 2 dell’art. 120 CPI. Tale regola è applicabile, in combinato disposto con il comma 6bis del medesimo articolo, a tutte le azioni in cui il convenuto è titolare di un brevetto o di una registrazione, comprese quindi le azioni di accertamento negativo della contraffazione.
Risarcimento del danno derivante dall’avere azionato, con colpa, un marchio decaduto nonché domande di marchi di dubbia registrabilità
L’art. 120 comma 1 c.p.i. prevede la sospensione del giudizio in attesa della decisione dell’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi, ma non impone alcuna sospensione in caso di proposizione di ricorso in Cassazione avverso la decisione della Commissione dei ricorsi (in applicazione del presente principio il Tribunale ha ritenuto di non dover sospendere la causa, pur essendo pendente in Cassazione il giudizio di impugnazione della decisione della Commissione di cui all’art. 135 c.p.i., la quale, confermando l’orientamento già mostrato dall’U.I.B.M. in sede di opposizione ex artt. 176 e ss. c.p.i., aveva negato la registrazione di taluni dei marchi per cui è causa).
E’ tenuto a risarcire il danno provocato il soggetto che ha fatto valere, con condotta qualificabile come colposa, diritti derivanti dalla registrazione di un marchio che in realtà non aveva usato e che è stato pertanto oggetto di pronuncia di decadenza, nonché diritti derivanti da domande di registrazione che sono state respinte dall’UIBM, insistendo nelle proprie pretese anche dopo la decisione dell’UIBM e dopo la decisione della Commissione dei ricorsi.