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Art. 122 c.p.i.
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27 Giugno 2023

Decadenza del marchio per non uso: interesse ad agire, onere della prova e uso effettivo

L’interesse ad agire per la dichiarazione di decadenza o di nullità di un marchio è riconoscibile a favore di tutti gli operatori del settore cui si riferisce la privativa ed, in particolare, a qualsiasi imprenditore concorrente, anche in via potenziale e futura, del titolare, sulla sola base dell’affermazione che egli trova nella presenza della stessa un ostacolo all’esercizio della propria attività.

Nel valutare l’uso effettivo di un marchio, si deve escludere che possa considerarsi effettivo un uso finalizzato alla mera conservazione dei diritti sul marchio, ossia un uso meramente simbolico. Nell’ipotesi di decadenza per non uso, a prescindere dal fatto che sia stata proposta come domanda o come eccezione, l’onere di provare l’uso effettivo incombe sul titolare del marchio.

Il lustro che deve essere preso in considerazione inizia a decorrere dalla data in cui il marchio di cui si chiede la decadenza è stato rinnovato e non dalla data di registrazione.

La mera rinnovazione del deposito del marchio alla sua scadenza, ove non sia ad essa associato anche un uso effettivo di esso o una ripresa dello stesso, non impedisce la declaratoria di decadenza per non uso.

Le disposizioni di cui ai commi 2 e 4 dell’art. 24 c.p.i. non si applicano ai marchi deboli in quanto se il marchio è debole, allora anche una piccola modifica gli fa perdere quel carattere distintivo richiesto dall’art. 24 comma 2 c.p.i. Pertanto, qualora il titolare disponga di altri marchi utilizzati nel periodo in cui non era utilizzato il marchio debole oggetto di contestazione per non uso, se questi ultimi sono diversi, anche se di poco, essi non sono idonei ad assolvere la funzione richiesta dalla citata norma.

26 Maggio 2023

Cancellazione della registrazione del marchio nullo: il tribunale non può disporla

A norma dell’art. 123 c.p.i., la declaratoria di nullità delle privative, quando pronunciata con sentenza passata in giudicato, ha efficacia erga omnes, mentre le sentenze che dichiarano detta nullità sono annotate a cura dell’UIBM nel registro, su comunicazione della Cancelleria, a norma dell’art. 122, co. 5 e 8, c.p.i., non potendosi disporre da parte del Tribunale alcuna cancellazione della registrazione del marchio nullo.

1 Febbraio 2022

Validità del brevetto e sussistenza dei requisiti del cd. “contributory infringement”

L’illecito consistente nel cd. “contributory infringement” o contraffazione indiretta, introdotto dalla l. n. 214 del 2016, al comma 2 bis dell’art. 66 del d.lgs n. 30 del 2005, consta di due elementi, che devono essere accertati in concreto dal giudice: a) l’elemento oggettivo consistente nella fornitura, o offerta di fornitura, a soggetti diversi
dagli aventi diritto all’utilizzazione dell’invenzione e necessari per la sua attuazione e la successiva contraffazione diretta da parte dei terzi; b) l’elemento soggettivo consistente nella consapevolezza – da accertare sulla base di dati fattuali tali da evidenziare la conoscenza, da parte del fornitore, circa l’obiettiva ed univoca destinazione concreta dei mezzi forniti all’attuazione del brevetto – non solo dell’idoneità, ma anche della destinazione concreta di detti mezzi ad attuare l’invenzione, ovvero la possibilità di acquisirla con l’ordinaria diligenza.

25 Gennaio 2022

Prova della decadenza del marchio per non uso

L’uso del marchio che impedisce la decadenza deve essere effettivo, non meramente simbolico, non sporadico e per quantitativi di prodotti non irrilevanti. Sotto il profilo probatorio, la dimostrazione del non uso del marchio ai fini della decadenza ex artt. 24-26 c.p.i. può essere desunta da tutte le prove versate in giudizio (v. Cass. S. U. 18647/10) secondo il generale principio di acquisizione della prova, secondo il quale tutte le risultanze istruttorie concorrono a formare il convincimento del giudice, indipendentemente dalla loro provenienza ed anche in ragione dell’ulteriore, consolidato principio che connette l’onere della prova alla vicinanza di essa, tenuto conto che proprio la titolare dei marchi oggetto di contestazione si troverebbe nella condizione di poter dimostrare, più di ogni altro, di avere usato i marchi registrati nel corso del quinquennio utile a tale verifica.

La mancanza, nelle fatture di vendita, di qualsiasi riferimento certo a prodotti recanti il marchio o agli altri segni oggetto di marchio, o l’assenza di corrispondenza con i codici dei prodotti recanti il marchio, impedisce di ritenere provato l’uso effettivo di quest’ultimo; né pare potersi dedurre in maniera automatica o consequenziale che il fatto che detti prodotti in diverse fatture provenissero dalla società titolare, per ciò solo, avrebbero recato i marchi in questione, soprattutto se le fatture emesse comprendevano prodotti di abbigliamento recanti marchi diversi e ivi specificamente indicati, con ciò dovendosi ritenere che l’attività di tale società fosse dedita alla commercializzazione di prodotti di varia natura e provenienza.

Anche il mero fatto della presenza di un marchio su un sito web è, di per sé, insufficiente a provarne l’uso effettivo nei termini richiesti dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale, posto che la mera allegazione delle pagine in questione nulla dice in merito all’intensità dell’uso o ad altre circostante a tal fine astrattamente rilevanti, come ad esempio il numero delle visualizzazioni di esse, gli ordini dei prodotti trasmessi mediante tale modalità di acquisto nel territorio di riferimento, le registrazioni al sito che i frequentatori spesso sono invitati a sottoscrivere anche a fini promozionali, il traffico di informazioni e di contatti intercorso con particolari categorie di utenti del sito (distributori, rivenditori ecc., in relazione alla presenza di un’”area riservata” rilevabile dalle raffigurazioni depositate).

Anche la presenza dei prodotti recanti il marchio su siti di e-commerce di rilievo internazionale non sarebbe comunque idonea a dare conto dell’uso diretto ed effettivo dei marchi in questione da parte della titolare o di suoi aventi causa. In effetti tali promozioni ed offerte di vendita non provengono dalla società convenuta e di fatto non è dato sapere le effettive disponibilità di tali prodotti, tenuto conto che il quadro complessivo di sostanziale assenza di prove circa l’immissione in commercio sul territorio nazionale di prodotti recanti tali marchi può verosimilmente ricondurre tali offerte o alla residua circolazione di prodotti già da tempo commercializzati dalla convenuta o a prodotti immessi in commercio al di fuori del territorio nazionale e comunitario.

Deve negarsi che la mera titolarità della ragione sociale contenente il segno registrato come marchio possa di per se stessa dare luogo ad un uso effettivo di tale marchio nel contraddistinguere prodotti, nell’accezione di tale presupposto fatta propria dalla giurisprudenza comunitaria. L’uso delimitato alla ragione sociale di un soggetto che non risulta aver utilizzato sui propri prodotti o servizi il segno registrato non può impedire il maturare della decadenza dei marchi per non uso, in ragione delle esigenze che essi continuino a garantire l’identità di origine dei prodotti o dei servizi per i quali sono stati registrati, con esclusione degli usi simbolici tesi soltanto a conservare i diritti conferiti dal marchio e che sarebbero integrati dalla mera conservazione di una ragione sociale cui non corrisponda l’attività necessaria per il mantenimento delle registrazioni in un ambito produttivo e commerciale di effettivo rilievo.

17 Gennaio 2022

Rapporto tra giudizio sulla contraffazione e validità del brevetto inerente a macchine che rimuovono l’asfalto stradale

In merito alle questioni relative ai rapporti tra il giudizio sulla contraffazione nell’ambito del quale viene fatta valere in via incidentale la questione relativa alla validità dei brevetti e il giudizio sulla validità degli stessi la giurisprudenza della Suprema Corte ha avuto modo, anche recentemente, di affermare il principio secondo cui in base alla disciplina nazionale in tema di brevetti e di marchi, ove la nullità del titolo di proprietà industriale sia proposta in via di mera eccezione, il relativo accertamento è compiuto incidenter tantum, sicché la pronuncia assunta nel giudizio relativo alla contraffazione non è idonea ad assumere autorità di giudicato in ordine alla questione relativa alla nullità o validità del brevetto.

18 Ottobre 2021

Legittimazione ed interesse ad agire nell’azione di nullità ovvero di decadenza di un titolo di proprietà industriale

In linea generale l’azione diretta alla dichiarazione di nullità o di decadenza di un titolo di proprietà industriale può essere esercitata da chiunque vi abbia interesse e quindi da qualunque soggetto concorrente, anche potenziale o futuro, che affermi di ritenerlo un ostacolo all’esercizio della propria attività, non richiedendosi che si tratti di prodotti o servizi con esso interferenti. [Nel caso di specie, l’interesse ad agire è determinato dalla obiettiva situazione di incertezza causata dall’esistenza della registrazione della convenuta, mentre la legittimazione ad agire è determinata dal potenziale conflitto fra tale registrazione ed i marchi nella titolarità dell’attrice].

1 Giugno 2021

Declaratoria di decadenza per non uso di un marchio relativo a prodotti di abbigliamento per il mondo del surf

L’interesse ad agire per la dichiarazione di decadenza o di nullità di un marchio è riconoscibile a favore di tutti gli operatori del settore cui si riferisce la privativa e, in particolare, a qualsiasi imprenditore concorrente, anche in via potenziale e futura, del titolare, sulla sola base dell’affermazione che egli trova nella presenza della stessa un ostacolo all’esercizio della propria attività. Inoltre, la mera rinnovazione del deposito del marchio alla sua scadenza, ove non sia ad essa associato anche un uso effettivo di esso o una ripresa dello stesso, non impedisce la declaratoria di decadenza per non uso.

18 Maggio 2021

Limitazione di brevetto, contraffazione e risarcimento del danno

La limitazione del brevetto è opponibile ai terzi ex tunc (nel caso di specie il Tribunale ha ritenuto sia ammissibile che dotata di sufficiente altezza inventiva una limitazione di brevetto operata dall’attrice ai sensi dell’art. 79 c.p.i., cosa che, previo rigetto della riconvenzionale di accertamento della nullità formulata dalla convenuta ed accoglimento della domanda attorea di accertamento della contraffazione, ha permesso al Collegio di riconoscere un risarcimento commisurato all’intero periodo di durata della contraffazione).

Il criterio della “giusta royalty” o “royalty virtuale” segna solo il limite inferiore del risarcimento del danno liquidato in via equitativa e non può essere utilizzato laddove il danneggiato abbia offerto validi e ragionevoli criteri per procedere alla liquidazione del lucro cessante o ad una valutazione comunque equitativa più consistente.

La retroversione degli utili è diretta, più che a reintegrare il patrimonio leso del titolare della privativa, ad evitare l’arricchimento senza causa lecita del contraffattore, esprimendo principalmente una funzione di deterrenza della contraffazione (sia pure coordinata con il risarcimento del lucro cessante, del quale costituisce una alternativa); pertanto, il contraffattore va condannato alla retroversione degli utili anche laddove non siano stati forniti elementi atti a individuare un mancato guadagno del titolare della privativa in conseguenza della condotta contraffattiva, purché, però, l’arricchimento sia collegato causalmente con la violazione della privativa.

La tutela della confezione delle Tic-Tac

La giurisdizione si determina sulla base della domanda e, a tal fine, rileva non già la prospettazione delle parti, bensì il cosiddetto “petitum sostanziale”, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta statuizione che si chiede al giudice ma anche e soprattutto in funzione della “causa petendi”, ossia della intrinseca natura della posizione soggettiva dedotta in giudizio ed individuata dal giudice stesso con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico di cui essi sono manifestazione e dal quale la domanda viene identificata.

I termini «luogo in cui l’evento dannoso è avvenuto o può avvenire», utilizzati dall’articolo 5, punto 3, del regolamento n. 44/2001, indicano sia il luogo in cui il danno si è concretizzato sia il luogo del fatto generatore di tale danno, cosicché il convenuto può essere citato, a scelta del ricorrente, dinanzi ai giudici di entrambi i luoghi in parola. Ancora, per meglio specificare i termini “concretizzazione del danno”, si ritiene che il luogo della concretizzazione del danno è quello in cui il fatto da cui può sorgere una responsabilità da illecito doloso o colposo ha causato un danno.

Quando la forma di un prodotto si limita ad incorporare la soluzione tecnica messa a punto dal fabbricante e brevettata su sua domanda, la tutela di tale forma come marchio dopo la scadenza del brevetto ridurrebbe considerevolmente e all’infinito la possibilità per le altre imprese di utilizzare detta soluzione tecnica dovendo pertanto ritenersi preclusa.

La forma, o altra caratteristica, che dà un valore sostanziale al prodotto si configura solo se si tratta di un valore estetico autonomo, di per sé decisivo nell’esercitare un’autonoma forza attrattiva sul consumatore.

L’attività illecita, consistente nell’appropriazione o nella contraffazione di un marchio mediante l’uso di segni distintivi identici o simili a quelli legittimamente usati dall’imprenditore concorrente può essere da quest’ultimo dedotta a fondamento non soltanto di un’azione reale, a tutela dei propri diritti di esclusiva sul marchio, ma anche, e congiuntamente, di un’azione personale per concorrenza sleale, ove quel comportamento abbia creato confondibilità fra i rispettivi prodotti.

Il verificarsi di danni in capo al titolare del marchio contraffatto non è in re ipsa, ossia nella sussistenza dell’accertata condotta di contraffazione ex articolo 2598 c.c., talché il titolare che domanda il risarcimento dei danni è gravato dall’onere, ai sensi dell’articolo 121 – secondo comma c.p.i., di provarne l’an ed il quantum. In proposito, le allegazioni che devono accompagnare la proposizione di una domanda risarcitoria non possono essere limitate alla prospettazione della condotta colpevole della controparte, produttiva di danni nella sfera giuridica di chi agisce in giudizio, ma devono includere anche la descrizione delle lesioni, patrimoniali e/o non patrimoniali, prodotte da tale condotta, dovendo l’attore mettere il convenuto in condizione di conoscere quali pregiudizi vengono imputati al suo comportamento, a prescindere dalla loro esatta quantificazione e dall’assolvimento di ogni onere probatorio al riguardo.

11 Febbraio 2021

Nullità del marchio registrato in malafede

L’abuso di un rapporto di fiducia o di collaborazione costituisce una delle ipotesi emblematiche di registrazione del marchio in mala fede, che ricomprende tutte le ipotesi in cui qualcuno possa vantare una legittima aspettativa di tutela di cui il registrante sarebbe consapevole al momento del deposito.

Va rigettata la domanda di pubblicazione della sentenza ex art. 126 cpi, al pari della domanda risarcitoria, qualora non vi sia prova del danno e delle modalità di uso del marchio registrato in malafede nell’attività economica.