Art. 305 c.p.c.
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Legittimazione attiva all’azione sociale ed individuale di responsabilità degli amministratori
In caso di fallimento, il curatore è l’unico soggetto legittimato a proseguire l’azione di responsabilità ex art. 146 l.f., con conseguente difetto sopravvenuto di legittimazione ad agire del socio a decorrere dalla data del fallimento. Il termine per la riassunzione del processo interrotto decorre non già dal giorno in cui si è verificato l’evento interruttivo, bensì da quello in cui tale evento sia venuto a conoscenza legale della parte interessata alla riassunzione. Ai fini del decorso del termine per la riassunzione è necessario che il curatore fallimentare conosca lo specifico giudizio sul quale detto effetto interruttivo è in concreto destinato ad operare.
L’azione ex art. 2395 c.c. non richiede che tra amministratore e terzo esista un contratto (o un precedente “contatto sociale”) che generi obbligazioni contrattuali che possano riuscire inadempiute. Il criterio del “danno diretto” non serve a delimitare l’ambito applicativo delle conseguenze risarcibili ex art. 1223 c.c. (ossia il quantum), ma le condizioni dell’azione ex art. 2395 c.c. (an debeatur), per distinguerla dalle azioni pertinenti ai pregiudizi che sono assoggettate al diverso regime ex artt. 2393 e 2394 c.c. Poiché il danno si verifica direttamente nel patrimonio del socio o del terzo, e non come conseguenza riflessa del danno al patrimonio sociale, il danneggiato esercita l’azione ex art. 2395 c.c. jure proprio e non in qualità di sostituto processuale della società, che pertanto non è litisconsorte necessario. In assenza di un danno al patrimonio sociale, la dichiarazione di fallimento non attribuisce al curatore facoltà di esercitare quest’azione o di proseguire l’azione già esercitata, diversamente da quelle ex artt. 2393 e 2394 c.c., e correlativamente non toglie al danneggiato la legittimazione ad agire.
Termine per la riassunzione del giudizio da parte degli eredi a fronte della comunicazione dell’evento interruttivo effettuata dal difensore
L’evento della morte o della perdita della capacità processuale della parte costituita che sia dichiarato in udienza o notificato alle altre parti dal procuratore della stessa parte colpita da uno di detti eventi produce, ai sensi dell’art. 300, c. 2, c.p.c., l’effetto automatico dell’interruzione del processo dal momento di tale dichiarazione o notificazione e il conseguente termine per la riassunzione, in tale ipotesi, come previsto in generale dall’art. 305 c.p.c., decorre dal momento in cui interviene la dichiarazione del procuratore o la notificazione dell’evento, ad opera dello stesso, nei confronti delle altre parti, senza che abbia alcuna efficacia, a tal fine, il momento nel quale venga adottato e conosciuto il provvedimento giudiziale dichiarativo dell’intervenuta interruzione (avente natura meramente ricognitiva) pronunziato successivamente e senza che tale disciplina incida negativamente sul diritto di difesa delle parti. Da tanto consegue che il termine perentorio di tre mesi di cui all’art. 305 c.p.c. per la riassunzione del processo decorre, anche riguardo agli eredi della persona colpita dall’evento interruttivo, dalla notificazione dell’evento stesso da parte del procuratore costituito per la parte deceduta.
La comunicazione della dichiarazione dell’evento interruttivo del giudizio, effettuata mediante posta elettronica certificata dal difensore della parte interessata dallo stesso a quello della controparte, è equivalente, ai sensi dell’art. 48, cc. 1 e 2, D.lgs. 82/2005, alla notificazione a mezzo posta ed è pertanto idonea, in mancanza di prova contraria, a dimostrare la conoscenza legale dell’evento da parte del destinatario.
Improcedibilità della domanda di accertamento del credito in pendenza della procedura preventiva prevista dal D.lgs.159/2011
Quando viene disposta nei confronti di un consorzio la procedura di prevenzione ai sensi del D.lgs. n. 159/2011 e si applica, in relazione all’accertamento del passivo, l’art. 52 del citato decreto, i crediti di terzi devono essere accertati in conformità con gli art. 57 e ss., e, poiché la misura di prevenzione è volta a regolare, successivamente all’accertamento del passivo e del piano di pagamento, lo stato dei crediti vantati da terzi nei confronti di società sottoposte a misure di prevenzione antimafia – essendo, inoltre, tale procedura concorsuale alternativa al fallimento – è improcedibile la domanda di accertamento del credito vantata davanti al giudice civile secondo le norme del rito ordinario di cognizione. Inoltre, l’improcedibilità della domanda di parte attrice comporta sia l’assorbimento della riconvenzionale diretta all’accertamento del credito nei confronti di controparte sia il trasferimento dell’azione avanti al giudice penale secondo le modalità previste dal d.lgs. n. 159/2011 – e non l’ immediata realizzazione di una delle ipotesi di inefficacia del sequestro giudiziario previste dall’art. 669 novies c.p.c.
Azione di responsabilità contro amministratori e sindaci promossa da una procedura concorsuale: questioni preliminari e di merito
Il giudizio di accertamento di una condotta gestoria non corretta da parte degli amministratori di una società e di una violazione dei doveri di controllo spettanti ai sindaci non dà luogo ad una fattispecie di vero e proprio litisconsorzio necessario sostanziale, ma sussiste un rapporto di “dipendenza” [ LEGGI TUTTO ]
Fallimento e questioni in materia di interruzione del processo, pegno costituito su quote sociali da falsus procurator e ratifica
Nei casi di interruzione automatica del processo, il termine per la riassunzione decorre non già dal giorno in cui l’evento interruttivo è accaduto, bensì dal giorno in cui esso è venuto a conoscenza della parte interessata alla riassunzione medesima [ LEGGI TUTTO ]
Fallimento e interruzione automatica del processo ex art. 43 l.fall.
L’art. 43 co. 3 l.fall. configura l’interruzione del processo quale conseguenza “automatica” della dichiarazione di fallimento di una delle parti, così elidendo, per lo specifico caso di interruzione rappresentato dal fallimento, la disciplina generale disegnata dall’art. 300 c.p.c. quanto alla rilevanza endoprocessuale dell’evento interruttivo solo [ LEGGI TUTTO ]
Riassunzione del processo fallimentare e conoscenza legale dell’evento interruttivo del processo
Il termine per la riassunzione del processo decorre, secondo l’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 305 cod. proc. civ., dalla data della legale conoscenza che dell’evento interruttivo ha avuto la parte interessata alla prosecuzione; la parte [ LEGGI TUTTO ]
Estinzione del processo per tardiva riassunzione dello stesso a seguito dell’operatività automatica della causa di interruzione costituita dalla dichiarazione di fallimento di una delle parti
La conoscenza legale dell’evento interruttivo in capo alla parte interessata alla riassunzione deve intendersi in senso processualcivilistico con riferimento non alla data di iscrizione della sentenza di fallimento nel registro delle imprese, ma [ LEGGI TUTTO ]
Decorrenza del termine per la riassunzione del processo a seguito di fallimento della controparte
L’art. 43 l.f., secondo il quale l’apertura del fallimento determina l’interruzione del processo, deve essere inteso nel senso che il termine perentorio previsto dall’art. 305 c.p.c. per la riassunzione del processo decorre non dalla data della sentenza dichiarativa di fallimento, né – come invece affermato da alcuni precedenti di legittimità – dalla data di iscrizione della sentenza nel Registro delle Imprese, bensì [ LEGGI TUTTO ]