Art. 633 c.p.c.
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Opposizione a decreto ingiuntivo per il pagamento del corrispettivo della cessione di quote societarie
Emissione di decreto ingiuntivo in presenza di una clausola compromissoria statutaria
Atteso che la disciplina del procedimento arbitrale non contempla[va] l’emissione di provvedimenti cautelari, l’esistenza di una clausola compromissoria non esclude la competenza del giudice ordinario ad emettere un decreto ingiuntivo, ma impone a quest’ultimo, in caso di successiva opposizione fondata sull’esistenza della detta clausola, la declaratoria di nullità del decreto opposto e la sua contestuale revoca.
Quello cui lo statuto demanda una decisione da adottare in assenza di qualunque formalità e procedura costituisce arbitrato irrituale. La deferibilità ad arbitri irrituali di una determinata controversia è da considerare non già una questione di competenza, bensì di merito perché direttamente inerente alla validità o all’efficacia o all’interpretazione del compromesso o della clausola compromissoria.
Può essere decisa dagli arbitri la controversia relativa ai versamenti dovuti dal socio per la sottoscrizione di azioni
Il mancato richiamo esplicito nella clausola compromissoria alle formalità dell’arbitrato rituale non comporta automaticamente la qualificazione in arbitrato irrituale in quanto, per decidere se si tratti di arbitrato rituale o irrituale, occorre interpretare la clausola compromissoria alla stregua dei normali canoni ermeneutici ricavabili dall’art. 1362 c.c. e, dunque, fare riferimento al dato letterale, alla comune intenzione delle parti, e al comportamento complessivo delle stesse, anche successivo alla conclusione del contratto.
Possono formare oggetto di compromesso tutte le controversie in materia societaria con esclusione di quelle che hanno ad oggetto interessi della società o che concernono la violazione di norme poste a tutela dell’interesse collettivo dei soci o dei terzi, quali ad esempio, le controversie relative all’impugnazione di deliberazioni assembleari di società aventi oggetto illecito o impossibile, le quali danno luogo a nullità rilevabile anche di ufficio dal giudice.
E’ deferibile al collegio arbitrale la materia dell’obbligo di esecuzione dei conferimenti in quanto il diritto dell’amministratore di ottenere dai soci morosi il pagamento dei conferimenti, di esperire l’azione esecutiva, la vendita in danno, l’esclusione del socio e in ultimo la riduzione del capitale sociale per la quota non versata, non preclude la disponibilità della materia.
Una volta deliberato l’aumento di capitale, la posizione del socio si pone, rispetto ai connessi obblighi di versamento, come quella di un qualunque debitore. Cosicchè l’interesse direttamente coinvolto nel processo non è superindividuale ma è proprio (e soltanto) quello patrimoniale della società creditrice e quello speculare del socio uti singulus.
Va revocato il decreto ingiuntivo concesso dal giudice ordinario per il versamento dovuto dal socio per la sottoscrizione di azioni in presenza di una clausola arbitrale che comprometta agli arbitri qualunque controversia sorga fra i soci o i soci e la società, l’organo amministrativo e l’organo di liquidazione o fra i detti organi o i membri di tali organi o fra alcuni di tali soggetti od organi o gli eredi di tali soggetti, in dipendenze dell’attività sociale e della interpretazione o esecuzione dello statuto. La clausola compromissoria conserva la sua efficacia pur in caso di fallimento, non essendo consentito al curatore recedere da singole clausole del contratto di cui chiede l’adempimento.
Sui limiti alla proposizione di domande riconvenzionali da parte del ricorrente per decreto ingiuntivo e sulla responsabilità solidale di ciascuna società partecipante alla scissione per i crediti rimasti insoddisfatti
Il ricorrente per decreto ingiuntivo riveste la posizione sostanziale di attore, sicché anche all’esito dell’introduzione del giudizio di opposizione il medesimo non può proporre domande riconvenzionali, con l’unica eccezione del caso in cui a seguito della riconvenzionale formulata dall’opponente la parte opposta si venga a trovare a sua volta in una posizione di convenuto ( in aderenza con Cass., Sez. Un., 27/12/2010, n. 26128 ).
Nell’ordinario giudizio di cognizione che si instaura a seguito dell’opposizione a decreto ingiuntivo, rivestendo la posizione sostanziale di attore l’opposto non può dunque avanzare domande diverse da quelle fatte valere con il ricorso monitorio, salvo che per effetto di domande riconvenzionali o eccezioni in senso stretto proposte dall’opponente determinanti un ampliamento dell’originario thema decidendum fissato dal ricorso ex art. 633 c.p.c. il medesimo venga a trovarsi a sua volta nella posizione processuale di convenuto, non potendo in tal caso al medesimo negarsi il diritto di difesa rispetto alla nuova o più ampia pretesa della controparte, mediante la (eventuale) proposizione di una reconventio reconventionis, che deve però dipendere dal titolo dedotto in causa o da quello che già appartiene alla stessa come mezzo di eccezione ovvero di domanda riconvenzionale” ( in aderenza con Cass., 25/2/2019, n. 5415 ).
L’art 2506 quater comma 3 c.c. subordina la facoltà di agire del creditore verso ciascuna società partecipante alla scissione alla circostanza che i crediti siano rimasti non soddisfatti dalla società cui fanno carico all’esito della scissione stessa, configurando in tal modo tra le società partecipanti alla scissione un vincolo di solidarietà non pura bensì sussidiaria caratterizzata dal semplice beneficium ordinis che presuppone la verifica dell’inadempimento della società cui fa carico il debito sulla base del progetto di scissione.
Esclusione della compensazione delle spese di lite in caso di adesione della parte opposta all’eccezione di compromesso della parte opponente
Ai fini della regolamentazione delle spese processuali, posto che il principio cardine che regola la materia è il criterio della soccombenza, al quale si può derogare solo nelle ipotesi tassativamente previste dall’art. 92 c.p.c., la condotta processuale della ingiungente opposta, che aderisce all’eccezione di compromesso di controparte, non rileva ai fini della compensazione delle spese del giudizio, non potendo integrare un’ipotesi di reciproca soccombenza o una delle altre ipotesi previste dall’art. 92 c.p.c. [nella specie, il Tribunale di Bologna, dopo aver accolto l’eccezione di compromesso e conseguentemente dichiarato nullo il decreto ingiuntivo ottenuto da un socio di una cooperativa per la restituzione di un finanziamento soci infruttifero, ha condannato il socio al pagamento delle spese di lite anche se nel corso del giudizio aveva aderito all’eccezione di compromesso della cooperativa controparte].
Clausola compromissoria e competenza del giudice ordinario ad emettere un decreto ingiuntivo
Costituisce principio consolidato in giurisprudenza quello per cui l’esistenza della clausola compromissoria non è rilevabile d’ufficio, ma solo su tempestiva eccezione di parte, con la conseguenza che non può escludersi la competenza del giudice ordinario ad emettere un decreto ingiuntivo, salvo i casi in cui la clausola contempli anche l’emissione dei provvedimenti inaudita altera parte. Tuttavia, qualora nel successivo giudizio di opposizione, la parte opponente eccepisca l’incompetenza del giudice adito in ragione della sussistenza della clausola compromissoria, il giudice deve dichiarare la nullità del decreto opposto e contestualmente rimettere la controversia al giudizio degli arbitri [nella specie, il Tribunale di Bologna ha accolto l’eccezione di compromesso e conseguentemente ha dichiarato nullo il decreto ingiuntivo ottenuto da un socio di una cooperativa per la restituzione di un finanziamento soci infruttifero].
Cessione d’azienda ed eccezione di arbitrato proposta sulla base della clausola compromissoria
La clausola compromissoria, presente nel contratto di cessione d’azienda, non può essere unilateralmente modificata (o rinunciata) da uno dei contraenti, in applicazione dei principi base disciplinanti il rapporto contrattuale inter partes, tra cui, innanzitutto, quello di cui all’articolo 1372 c.c. secondo cui il contratto ha forza di legge e non può essere sciolto se non con l’accordo delle parti o per cause ammesse dalla legge.
La sussistenza di una clausola compromissoria non impedisce la pronuncia di un decreto ingiuntivo, ma nel caso di proposizione della relativa eccezione con l’atto di opposizione, essa dà luogo alla nullità del provvedimento di ingiunzione con conseguente revoca dello stesso.
Competenza del tribunale e requisito della prova scritta nel decreto ingiuntivo relativo al diritto al compenso di amministratore
È infondata la prospettazione dell’incompetenza della sezione ordinaria del Tribunale ad emettere il decreto ingiuntivo relativo al diritto al compenso di un membro del consiglio di amministrazione di società cooperativa in quanto, nonostante si tratti di pretesa inerente a rapporto sociale – materia di competenza della Sezione Specializzata Impresa ex art. 3 d.lgs. n. 168/2003 –, “il rapporto tra sezione ordinaria e sezione specializzata in materia di impresa, nello specifico caso in cui entrambe le sezioni facciano parte del medesimo ufficio giudiziario, non attiene alla competenza, ma rientra nella mera ripartizione degli affari interni all’ufficio giudiziario, da cui l’inammissibilità del regolamento di competenza, richiesto d’ufficio ai sensi dell’art. 45 c.p.c.; [ LEGGI TUTTO ]
Onere probatorio in sede monitoria
In sede monitoria, il decreto ingiuntivo è revocato se la creditrice opposta, su cui grava l’onere di dimostrare il fatto costitutivo della sua pretesa secondo gli ordinari mezzi di prova, non ve ne fornisce alcuna.
Il sindaco di s.r.l. e il suo diritto al compenso
Al fine di ottenere la condanna della società al pagamento del compenso, il sindaco deve provare la fonte negoziale del suo credito (come il verbale di assemblea di nomina), con il relativo termine di scadenza, nonché il quantum del medesimo (nel caso di specie, ricavabile dallo stesso verbale). [ LEGGI TUTTO ]