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Art. 671 c.p.c.
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17 Maggio 2023

Sequestro conservativo di quote di s.r.l. e nomina del custode

Il sequestro conservativo si esegue secondo le norme stabilite per il pignoramento e, dunque, l’esecuzione del sequestro conservativo di quote di s.r.l. è disciplinata dall’art. 2471 c.c. Peraltro, nelle ipotesi in cui il provvedimento cautelare sia stato adottato nel contraddittorio sia con il socio-debitore che con la società, la tempestiva iscrizione del sequestro nel registro delle imprese costituisce l’unica formalità sufficiente al perfezionamento del vincolo sulle quote: la notifica prescritta dall’art. 2471 c.c. non è necessaria, perché il vincolo di indisponibilità è opponibile alle altre parti sin dalla pronuncia in udienza o dalla successiva comunicazione del provvedimento.

A fronte del sequestro conservativo di quote, l’esercizio del diritto di voto e degli altri diritti amministrativi spetta al custode, la cui nomina è necessaria ex lege, al fine di preservare il valore economico delle partecipazioni. Il valore delle partecipazioni sociali può essere, infatti, facilmente condizionato nel loro valore dalla carente gestione societaria che, ovviamente, dipende anche dalle modalità di esercizio dei diritti spettanti ai soci.

15 Maggio 2023

Presupposti per la concessione del sequestro conservativo ex art. 671 c.p.c.

Per la concessione sequestro conservativo ex art. 671 c.p.c. è richiesta la coesistenza dei due requisiti del fumus boni juris e del periculum in mora, intesi, il primo, come dimostrazione della verosimile esistenza del credito per cui si agisce, essendo infatti sufficiente, in base ad un giudizio necessariamente sommario e prognostico, la probabile fondatezza della pretesa creditoria e, il secondo, come timore di perdere la garanzia costituita dal patrimonio del debitore.

In particolare, per la sussistenza del requisito del periculum in mora occorre: da un lato, che la garanzia del credito tutelato si sia assottigliata oppure sia in procinto di assottigliarsi quali-quantitativamente rispetto al momento in cui il credito è sorto, a causa di condotte dispositive del debitore o dell’aggressione che dei suoi beni abbiano fatto o stiano per fare altri creditori; dall’altro, che il timore di perdere la garanzia del proprio credito si basi su elementi oggettivi, rappresentati dalla capacità patrimoniale del debitore in relazione all’entità del credito, oppure soggettivi, rappresentati dal comportamento del debitore che lasci fondatamente temere atti di depauperamento del patrimonio, non essendo comunque sufficiente a tal fine un mero giudizio di incapienza in sé del patrimonio del debitore né il mero sospetto circa la sua intenzione di sottrarre alla garanzia tutti o alcuni dei suoi beni.

Sequestro conservativo strumentale all’azione di responsabilità contro gli amministratori

Ai sensi dell’art. 2381 c.c., ciascun amministratore privo di deleghe gestorie è tenuto ad agire in modo informato, dovendo chiedere agli organi delegati che siano fornite informazioni relative alla gestione della società, di modo che, in presenza di segnali di allarme, si attivi per evitare condotte gestorie foriere di danno.

In assenza di una specifica previsione statutaria e di un’autonoma delibera di riconoscimento del diritto al compenso in favore degli amministratori, l’approvazione del bilancio contenente la posta relativa ai compensi degli amministratori non è di per sé idonea a incorporare la specifica delibera assembleare di determinazione del corrispettivo, salvo che vi sia perfetta coincidenza tra la posizione degli amministratori e dei soci. In questo caso, la delibera di approvazione del bilancio è sufficiente a manifestare la volontà negoziale dell’assemblea stessa di approvare anche la determinazione dei compensi dovuti agli amministratori, pur in difetto di un verbale che evidenzi un’espressa discussione sul punto.

L’inadempimento delle obbligazioni tributarie espone gli amministratori a responsabilità per i danni subiti dalla società, che devono essere parametrati all’importo delle sanzioni comminate dall’amministrazione finanziaria e degli interessi maturati dopo la scadenza del termine di pagamento, atteso che tali esborsi sarebbero stati evitati se l’amministratore avesse diligentemente adempiuto ai propri obblighi. Grava sull’amministratore l’onere di eccepire e provare di non aver potuto pagare, pur avendo impiegato la dovuta diligenza, in ragione dell’incapienza finanziaria o patrimoniale della società

Ai fini della concessione del sequestro conservativo, il requisito del periculum in mora è desumibile, alternativamente, sia da elementi oggettivi, che riguardano l’inadeguatezza della consistenza del patrimonio del debitore in rapporto all’entità del credito, sia da elementi soggettivi, rappresentati invece da comportamenti del debitore, i quali lascino presumere che, al fine di sottrarsi all’adempimento, egli possa compiere atti dispositivi idonei a provocare il depauperamento del suo patrimonio.

A fronte della transazione proquota stipulata con uno degli amministratori obbligati in solido per un importo inferiore alla quota interna di responsabilità, nella determinazione dell’importo per il quale il sequestro dev’essere concesso il debito residuo gravante sugli altri co-obbligati dovrà essere ridotto in misura pari al valore dell’intera quota del condebitore transigente.

Revocatoria dell’atto di scissione e sequestro conservativo ex art. 2905, co. 2, c.c. dei beni delle beneficiarie della scissione

L’art. 2504 quater c.c. (richiamato, in tema di scissione, dall’art. 2506 ter c.c.), ponendo un limite cronologico entro il quale può essere esperita l’azione di accertamento delle nullità rilevanti erga omnes, opera su un piano differente da quello dell’actio pauliana che incide, invece, sull’efficacia dell’atto limitatamente a vantaggio del solo creditore che abbia agito in revocatoria. I due rimedi, quello dell’opposizione del creditore e quello dell’azione revocatoria, sono tra loro concorrenti.

La scissione parziale di una società può determinare una diminuzione della garanzia generica assicurata ai terzi creditori dal patrimonio netto della società scissa, che viene a essere anche solo in parte scorporato, configurandosi in astratto il presupposto oggettivo dell’eventus damni richiesto per l’esercizio della tutela revocatoria, laddove nella parte di patrimonio della società scissa, trasferito a quella beneficiaria, siano ricompresi beni immobili.

Nel caso di scissione, il cumulo di società debitrici, realizzato dall’art. 2506 quater, co. 3, c.c., determinando un frazionamento del limite di responsabilità tra coobbligati, comporta il pregiudizio (idoneo a integrare il presupposto dell’eventus damni richiesto dall’art. 2901 c.c.) per il creditore tenuto, in caso di incapienza del limite di valore del singolo debitore, a dover moltiplicare le azioni dirette alla soddisfazione dell’intero importo del credito.

Il periculum in mora, nel caso di sequestro ai sensi dell’art. 2905, co. 2, c.c., si atteggia come pericolo di perdere la possibilità di poter aggredire in via esecutiva, ex art. 2902, co. 1, c.c., quella parte di patrimonio di cui il debitore ha già disposto in favore dei terzi. L’esistenza del periculum in mora deve essere verificata con riferimento al rischio concreto che il terzo acquirente si disfi, a sua volta, del bene proveniente dal patrimonio del debitore.

L’oggetto del sequestro conservativo disciplinato dall’art. 2905, co. 2, c.c., non è la pluralità dei beni appartenenti al patrimonio del debitore fino alla concorrenza dell’importo corrispondente al credito, come nell’ipotesi generale di sequestro conservativo, ma esattamente il bene alienato dal debitore.

L’intenzionalità nella responsabilità del socio ex art. 2476, co. 8, c.c. e i presupposti della postergazione dei finanziamenti soci

L’art. 2476, co. 8, c.c. configura un concorso di responsabilità del socio, che si è ingerito nell’atto di gestione della società, con l’amministratore che ha posto in essere l’operazione foriera di danno. La disposizione in esame richiede che il comportamento del socio sia connotato da intenzionalità, cosicché chi intenda dimostrare la responsabilità del socio ex art. 2476, co. 8, c.c. è onerato di fornire la prova, se non della volontà del socio co-gestore di cagionare specifiche lesioni patrimoniali, perlomeno, della piena consapevolezza di questi della contrarietà dell’atto di gestione alle norme di legge o dell’atto costitutivo o ai principi di corretta amministrazione.

Occorre interpretare in modo unitario il secondo comma dell’art. 2467 c.c., nel senso che entrambi i presupposti ivi enucleati vanni ricondotti a situazioni di crisi che pongano la società a rischio di insolvenza, idonee a fondare una sorta di concorso potenziale tra tutti i creditori della società. Tali situazioni di crisi possono manifestarsi sia in fase di start-up se la società è sottocapitalizzata (proprio perché i soci hanno preferito finanziarla, anziché conferire capitale di rischio) e quindi v’è il pericolo che il rischio di impresa sia trasferito sui terzi creditori; sia in seguito, quando a fronte di perdite i soci, anziché conferire capitale come sarebbe “ragionevole”, effettuino finanziamenti, aumentando l’indebitamento e concorrendo, quindi, con i creditori terzi (su cui verrebbe trasferito il rischio di impresa in situazione di crisi), proseguendo l’attività sociale in danno di questi ultimi, che, ragionevolmente in una tale situazione non sarebbero disponibili ad erogare finanziamenti.

Il requisito del periculum in mora per la concessione di un sequestro conservativo richiede la prova di un fondato timore di perdere le garanzie del proprio credito. Requisito desumibile, alternativamente, sia da elementi oggettivi, riguardanti la capacità patrimoniale del debitore in rapporto all’entità del credito, sia da elementi soggettivi, rappresentati invece da comportamenti del debitore che lascino presumere che, al fine di sottrarsi all’adempimento, egli possa porre in essere atti dispositivi idonei a provocare l’eventuale depauperamento del suo patrimonio. Il periculum in mora può essere riconosciuto esistente innanzitutto quando sussista una condizione oggettiva di inadeguata consistenza del patrimonio del debitore stesso in rapporto all’entità del credito.

Alla prescrizione dell’azione di responsabilità dei creditori sociali verso gli amministratori si applica l’art. 2949, co. 2, c.c. e il termine quinquennale decorre dal momento in cui si è verificata l’insufficienza del patrimonio sociale, che deve essere oggettivamente conoscibile dai creditori. Vige una presunzione iuris tantum per cui lo stato di incapienza diventa conoscibile al momento della dichiarazione di fallimento; chi intende vincere la presunzione è tenuto a dimostrare che l’insufficienza patrimoniale si è manifestata in un momento anteriore e che tale stato di insufficienza patrimoniale era divenuto oggettivamente conoscibile ai terzi con l’uso dell’ordinaria diligenza. Ed invero, la nozione di insufficienza patrimoniale si ricollega alla garanzia patrimoniale generica di cui all’art. 2740 c.c., costituita dal patrimonio della società, ed essa rappresenta un mero fatto contabile, che si verifica quando il patrimonio della società presenti una eccedenza delle passività sulle attività, ovverosia in una situazione in cui l’attivo sociale, raffrontato ai debiti della società, è insufficiente al loro soddisfacimento. L’insufficienza del patrimonio sociale al soddisfacimento dei creditori può risultare da qualsiasi fatto oggettivamente conoscibile all’esterno e pertanto anche dai dati e dalle informazioni desumibili dal bilancio. Tale situazione non coincide con la perdita integrale del capitale sociale, dal momento che quest’ultima evenienza può verificarsi anche quando vi è un pareggio tra attivo e passivo e, quindi, tutti i creditori potrebbero trovare di che soddisfarsi nel patrimonio della società. D’altra parte, l’insufficienza patrimoniale è una condizione più grave e definitiva della mera insolvenza, come incapacità di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni, potendosi una società trovare nell’impossibilità di far fronte ai propri debiti ancorché il patrimonio sia integro, ovvero, all’opposto, presentare un’eccedenza del passivo sull’attivo, pur permanendo nelle condizioni di liquidità e di credito richieste per continuare ad operare.

Sul periculum in materia di sequestro conservativo di beni e crediti

L’esiguità patrimoniale dei debitori non integra il requisito di legge ex art. 671 c.p.c.: il rischio che la legge vuole evitare non è che il debitore non sia in grado di pagare, ma che la garanzia offerta dal suo patrimonio diminuisca per fatto volontario del debitore stesso (periculum soggettivo) o per fatto indipendente dalla sua volontà (periculum oggettivo).

8 Febbraio 2023

Il requisito del periculum in mora nel sequestro conservativo

Il requisito del periculum in mora richiede la prova di un fondato timore di perdere le garanzie del proprio credito. Requisito desumibile, alternativamente, sia da elementi oggettivi, riguardanti la capacità patrimoniale del debitore in rapporto all’entità del credito, sia da elementi soggettivi, rappresentati invece da comportamenti del debitore che lascino presumere che, al fine di sottrarsi all’adempimento, egli possa porre in essere atti dispositivi idonei a provocare l’eventuale depauperamento del suo patrimonio. Il periculum in mora può essere riconosciuto esistente innanzitutto quando sussista una condizione oggettiva di inadeguata consistenza del patrimonio del debitore stesso in rapporto all’entità del credito.