Art. 700 c.p.c.
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Esclusione del socio di s.a.s. e tutela cautelare ex art. 2287 c.c.
La ratio sottesa alla clausola dei patti sociali che disponga l’esclusione nei confronti del socio la cui quota di partecipazione sia stata pignorata va ravvisata nella volontà dei soci di tenere la società immune dal rischio che il creditore personale del socio possa aggredire la singola quota, il che nelle società di persone comporterebbe l’inserimento nella compagine sociale di un nuovo soggetto prescindendo dalla volontà degli altri soci, rischio che si verificherebbe anche nell’ipotesi di pignoramento parziale della quota di partecipazione.
Nell’ambito di un giudizio cautelare di opposizione all’esclusione del socio di cui all’art. 2287 c.c., l’ordinanza di rigetto dell’istanza cautelare non preclude la riproposizione dell’istanza se si verificano, anche alternativamente, mutamenti delle circostanze o vengano dedotte nuove ragioni di fatto o diritto. Non risulta infatti inammissibile per violazione dell’art. 669 septies c.p.c. la nuova istanza che si fondi su mutamenti dei profili strettamente fattuali o giuridici.
Impugnazione delle delibere assembleari: profili processuali
Nei giudizi di impugnazione avverso delibere assembleari, legittimata passiva è esclusivamente la società, alla quale è soggettivamente imputata la manifestazione di volontà espressa dall’assemblea dei soci, mentre i soci non impugnanti devono sottostare agli effetti della sentenza di annullamento della delibera. L’azione di impugnazione della delibera di una società di capitali può essere proposta nei confronti della sola società e non già nei confronti degli altri soci non impugnanti che hanno votato favorevolmente, i quali possono tuttavia dispiegare intervento adesivo delle ragioni della società.
Il concetto di sospensione dell’esecuzione della deliberazione, di cui all’art. 2378 c.c., richiamato dall’art. 2479 c.c., deve essere interpretato come riferito alla sospensione dell’efficacia della delibera, dovendosi pertanto intendere che possano essere oggetto di sospensione cautelare anche le deliberazioni che siano già state eseguire, ma i cui effetti si protraggano nel tempo, pregiudicano i diritti dei soci assenti o dissenzienti.
Gli effetti caducatori o ripristinatori della sentenza di annullamento della deliberazione assembleare, di natura costitutiva, si producono solo a seguito del passaggio in giudicato della sentenza stessa.
Principi in materia di controllo dei soci sulla gestione e tutela cautelare
Al fine di verificare la legittimazione ad agire del socio non amministratore con riferimento al suo diritto di avere dagli amministratori notizie sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare i documenti relativi all’amministrazione, bisogna avere esclusivo riguardo alle risultanze delle visure camerali al momento del deposito del ricorso.
La domanda cautelare nel giudizio attivato ai sensi dell’articolo 2476, co. 2, c.c., è correttamente avanzata nei confronti degli amministratori, i quali sono i soggetti nei cui confronti deve essere esercitato il potere di controllo. Legittimata passiva è pertanto ed esclusivamente la società come titolare e detentrice della documentazione che la riguarda.
Il diritto di cui all’articolo 2476, co. 2, c.c., ha natura di diritto potestativo, è esercitabile senza che sia necessario provarne l’utilità, è limitato soltanto dal rispetto dei principi di buona fede e correttezza ed è tutelabile in via d’urgenza. L’oggetto di tale diritto è rappresentato dall’intera documentazione amministrativo-contabile in cui sono esposte le vicende riguardanti la società, inclusiva della documentazione anteriore rispetto all’assunzione della qualità di socio del ricorrente, nonché di quella contrattuale eventualmente contenuta nella corrispondenza che l’amministratore ha l’obbligo di conservare. Tuttavia, tale diritto non può spingersi a ricomprendere la pretesa della formazione di appositi documenti di rendiconto.
L’esercizio da parte del socio ricorrente di attività in concorrenza con quella svolta dalla società non elide il suo diritto alla consultazione, potendo portare tuttalpiù a incidere sulla portata e l’estensione soggettiva di tale diritto, anche attraverso il mascheramento dei dati sensibili o l’esclusione di estrazione delle copie.
Nel procedimento cautelare attivato ai sensi dell’articolo 2476, co. 2, c.c., integra il requisito del fumus la condotta degli amministratori che si limitano a consegnare al ricorrente solo una minima parte della documentazione richiesta, mentre integra il periculum la generale contestazione del diritto del ricorrente che evidenzi l’esistenza di una certa difficoltà di attuazione del diritto tutelando.
Il diritto di cui all’articolo 2476, co. 2, c.c., deve comprendere anche la possibilità di estrazione, a spese del ricorrente, di copia della documentazione offerta in visione da parte della società resistente.
La tutela cautelare del diritto del socio di s.r.l. a essere informato sull’andamento della società
Il diritto di ispezione e controllo del socio di s.r.l. sull’operato dell’organo amministrativo ex art. 2476, co. 2, c.c. è un diritto potestativo attribuito al socio indipendentemente dall’entità della sua partecipazione nella compagine sociale. La ratio è quella di permettere al socio un certo controllo dell’amministrazione sociale e di offrirgli gli strumenti per poter consapevolmente esercitare i propri diritti amministrativi di socio. Tale diritto è quindi autonomo ed esercitabile in funzione di qualsivoglia prerogativa spettante al socio, senza che il socio richiedente sia tenuto a esplicitare il fine per il quale egli intende esercitare il diritto di controllo.
L’esercizio del diritto di accesso, essendo manifestazione di un potere di controllo individuale e inerente alla qualifica di socio, nel caso in cui il socio sia comproprietario di una quota non compete esclusivamente al rappresentante comune, ma può essere riconosciuto anche al singolo comproprietario.
Le sole limitazioni all’esercizio del diritto sono da individuarsi nelle condotte contrarie a buona fede e correttezza, per cui il socio chiede l’accesso a documentazione non per fini strettamente informativi, ma al solo scopo di ostacolare l’attività sociale, da ciò conseguendo che sulla società che intenda provare il carattere meramente emulativo dell’esercizio del diritto di accesso da parte del socio grava un particolare onere probatorio che include la fornitura di elementi a sostegno del dedotto comportamento abusivo del socio. Mentre al socio, per ottenere tutela cautelare, è sufficiente fornire sommario fondamento alla deduzione dell’ostacolo o dell’impedimento frapposto della società all’esercizio di quel diritto, la società, se vuole legittimamente insistere nel diniego, deve fornire elementi – quanto meno a livello di fumus boni iuris – a sostegno del dedotto comportamento abusivo del socio, trattandosi appunto di fatto che circoscrive o addirittura elide il diritto altrui.
Il mancato tempestivo esercizio del diritto di accesso preclude al socio di esercitare in modo consapevole i propri diritti di socio e di controllo sulla gestione societaria, oltre che di valutare l’opportunità di esercitare il proprio diritto di reazione nei confronti dell’operato dell’organo gestorio.
Il controllo sugli affari della controllata da parte del socio di s.r.l. con diritti particolari
L’art. 2476, co. 2, c.c. riconosce ai soci di s.r.l. che non partecipano all’amministrazione il diritto di avere dagli amministratori notizie sullo svolgimento degli affari sociali e di consultare i libri sociali e i documenti relativi all’amministrazione della società. Detta disposizione riconosce ai soci un diritto potestativo di controllo, attuabile nelle forme del pieno accesso all’intera documentazione sociale, a prescindere dalla entità della partecipazione al capitale sociale, il cui esercizio non è subordinato alla ricorrenza di esigenze e di interessi particolari e rispetto al quale il soggetto passivo si trova in situazione di soggezione ovvero nella situazione di dover soggiacere alla richiesta di accesso formulata dal socio, il quale non è neppure tenuto ad indicare i motivi per i quali l’esercizio della potestà in questione venga fatta valere.
I soci di s.r.l. cui lo statuto attribuisca il diritto particolare di nominare gli amministratori di una società controllata, nonché di approvazione delle relative decisioni a contenuto gestorio e di quelle di modifica dello statuto, hanno diritto a ottenere le informazioni relative alla controllata funzionali all’esercizio di tali diritti amministrativi.
Sotto il profilo del periculum in mora, il ritardo nell’esercizio del diritto di accesso alla documentazione sociale del socio non amministratore di s.r.l. determina la lesione del relativo diritto di controllo; lesione che, se non venisse sanata con provvedimento immediato, attendendosi l’esito di un eventuale giudizio di merito, sarebbe destinata a perpetrarsi, con estrema difficoltà di tutela per equivalenti, considerata la natura non patrimoniale del diritto azionato ai sensi dell’art. 2476, co. 2, c.c. Il requisito del periculum in mora è, pertanto, di per sé connaturato all’esigenza di controllo del socio rispetto alla concreta evoluzione delle vicende sociali, esigenza che sarebbe inevitabilmente frustrata dai tempi del giudizio ordinario.
Esclusione del socio di s.a.s. in caso di pignoramento della partecipazione sociale
La ratio sottesa a una clausola statutaria che statuisce l’esclusione nei confronti del socio la cui quota di partecipazione sia stata pignorata va ravvisata nella volontà dei soci di tenere la società immune dal rischio che il creditore personale del socio possa aggredire la singola quota, il che nelle società di persone comporterebbe l’inserimento nella compagine sociale di un nuovo soggetto prescindendo dalla volontà degli altri soci, rischio che si verificherebbe anche nel caso di pignoramento parziale della quota di partecipazione.
Lista del consiglio: mancata presentazione e inibitoria ex art. 700 c.p.c. dell’assemblea per la nomina del nuovo CdA
È ammissibile, secondo un criterio di residualità, il ricorso ex art. 700 c.p.c. con cui si miri a veder inibita l’assemblea avente all’ordine del giorno il rinnovo delle cariche del CdA e del collegio sindacale per violazione delle disposizioni statutarie disciplinanti il diritto di presentazione delle liste di candidati.
Diritto di ispezione del socio non amministratore di s.r.l.
Il diritto del socio non amministratore di s.r.l. all’ispezione della documentazione e delle scritture contabili costituisce un diritto potestativo che può essere fatto valere in ogni momento al fine di soddisfare il suo concreto interesse al buon funzionamento dell’attività gestoria e ad avere contezza dell’andamento societario. In tal modo il socio è messo nelle condizioni di potersi determinare con cognizione di causa in merito al successivo esercizio di altri diritti sociali e facoltà a lui spettanti, come il diritto di voto e di recesso, o anche eventualmente all’esperimento di un’azione di responsabilità e/o revoca nei confronti degli amministratori.
Il diritto di controllo pieno ed incondizionato di consultare documenti inerenti alla gestione, come disciplinato dall’art. 2476, co. 2, c.c., spetta al socio anche nella fase di liquidazione della società e viene esercitato nei confronti dei liquidatori.
Il potere di controllo del socio non amministratore di s.r.l. deve svolgersi nel rispetto di alcuni limiti, segnatamente osservando il principio di buona fede e correttezza.
Efficacia dell’ordine di rilascio contenuto in una pronuncia di rilascio di immobile
L’ordine di rilascio contenuto in una sentenza di condanna al rilascio di un immobile spiega efficacia nei confronti non solo del destinatario della relativa statuizione, ma anche di chiunque si trovi a detenere il bene nel momento in cui la sentenza stessa venga coattivamente eseguita, non potendo l’ordine de quo venir contrastato in forza di un eventuale titolo giustificativo della disponibilità del bene in contestazione diverso da quello preso in esame dalla pronuncia giurisdizionale.
Il ricorso ex art. 700 c.p.c. La condanna ex art. 96, co. 3, c.p.c.
Per i provvedimenti d’urgenza ex art. 700 c.p.c., il requisito della strumentalità rispetto al merito si realizza mediante la portata interinale e tendenzialmente provvisoria degli effetti del provvedimento cautelare, caratterizzata dall’anticipazione degli effetti propri del provvedimento di cui vuole assicurare la fruttuosità e che, al momento della sua pronuncia, dà luogo alla caducazione del provvedimento anticipatorio. Nel ricorso devono essere specificati il petitum mediato e la causa petendi, ma non anche le analitiche conclusioni che integrano il petitum immediato del giudizio di merito: la mancata indicazione nel ricorso cautelare di tali elementi ne comporta l’inammissibilità, sempre che dal tenore dello stesso non sia possibile dedurre chiaramente il contenuto del futuro giudizio di merito. In altre parole, il ricorso contenente una domanda cautelare proposta prima dell’inizio della causa di merito deve contenere l’esatta indicazione di quest’ultima o, almeno, deve consentirne l’individuazione in modo certo. L’esigenza di individuare nel ricorso cautelare gli elementi costitutivi dell’instauranda azione di merito consente di verificare la competenza del giudice adito in sede cautelare e serve per capire se il provvedimento cautelare richiesto sia effettivamente anticipatorio. Inoltre, è necessaria anche per tutelare il soggetto destinatario passivo del provvedimento cautelare anticipatorio, consentendogli di instaurare il corrispondente e strumentale giudizio di merito volto a far rimuovere gli effetti del provvedimento cautelare emesso e/o a far rigettare anche nel merito la domanda di controparte già virtualmente formulata nello stesso ricorso.
La ricorrenza del requisito del periculum in mora, che, secondo il dettato dell’art. 700 c.p.c., deve ricorrere in aggiunta a quello del fumus boni iuris, va esclusa allorquando la parte abbia fatto trascorrere un apprezzabile lasso di tempo tra il fatto lesivo del suo diritto e la proposizione del ricorso.
La necessità di una comunicazione periodica da parte dell’amministratore risulta determinata dall’esigenza di consentire all’accomandante l’esercizio del potere di controllo e di critica sull’operato del socio accomandatario e consente, in mancanza di impugnazione del bilancio da parte dell’accomandante, di ritenere consolidato l’esercizio.
La condanna ex art. 96, co. 3, c.p.c. è volta a salvaguardare finalità pubblicistiche, correlate all’esigenza di una sollecita ed efficace definizione dei giudizi, nonché interessi della parte vittoriosa e a sanzionare la violazione dei doveri di lealtà e probità sanciti dall’art. 88 c.p.c., realizzata attraverso un vero e proprio abuso della potestas agendi, con un’utilizzazione del potere di promuovere la lite, di per sé legittimo, per fini diversi da quelli ai quali esso è preordinato, con conseguente produzione di effetti pregiudizievoli per la controparte. Ne consegue che la condanna al pagamento della somma equitativamente determinata, non richiede né la domanda di parte né la prova del danno, essendo tuttavia necessario l’accertamento, in capo alla parte soccombente, della mala fede (consapevolezza dell’infondatezza della domanda) o della colpa grave (per carenza dell’ordinaria diligenza volta all’acquisizione di detta consapevolezza), venendo in considerazione, a titolo esemplificativo, la pretestuosità dell’iniziativa giudiziaria per contrarietà al diritto vivente ed alla giurisprudenza consolidata, la manifesta inconsistenza giuridica delle censure in sede di gravame ovvero la palese e strumentale infondatezza dei motivi di impugnazione.