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Art. 1218 c.c.
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14 Luglio 2022

Responsabilità dell’amministratore per mancato pagamento delle imposte e condotte distrattive

Gli amministratori sono tenuti al pagamento, alle scadenze previste, dei debiti della società verso l’erario, dovendo utilizzare a tale scopo le risorse economico-patrimoniali della società stessa. L’inadempimento di tale obbligo di pagamento espone gli amministratori a responsabilità per mala gestio verso la società e i creditori sociali per i danni ad esso conseguenti. Al riguardo, occorre distinguere tra: (i) l’ipotesi in cui la società – quando l’amministratore ha omesso il pagamento del dovuto all’erario – fosse in bonis, avendo liquidità ed essendo in grado di pagare i debiti erariali. In tal caso, l’amministratore inadempiente risponde dei danni procurati alla società in misura pari alle sanzioni, interessi ed aggi addebitati dall’erario alla società stessa; (ii) il caso in cui l’amministratore eccepisca e provi ex art. 1218 c.c. di non aver potuto pagare le imposte in ragione dell’incapacità finanziaria/incapienza patrimoniale della società; (iii) il caso in cui, pur non essendo la società in grado di pagare i debiti erariali e in stato di scioglimento per perdita del capitale sociale, tuttavia l’amministratore abbia illegittimamente proseguito nello svolgimento di attività economica con assunzione di nuovo rischio imprenditoriale. In tale caso, lo stesso risponde dei danni in misura pari al debito per sanzioni, interessi ed aggi addebitati alla società con riferimento a quei debiti erariali non pagati che la società non avrebbe contratto se fosse stata tempestivamente posta in liquidazione ed avesse conseguentemente cessato l’attività. Inoltre, in talune circostanze il mancato pagamento dei tributi può essere giustificato, ove l’amministratore documenti che tale scelta sia stata compiuta solo per un limitato periodo di tempo, allocando le risorse residue disponibili temporaneamente per la sopravvivenza stessa dell’impresa.

Sono ritenute provate per presunzioni le operazioni distrattive e la violazione degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale – compromessa da prelievi di cassa o pagamenti a favore di terzi ingiustificati – per la mancanza di idoneo riscontro nella contabilità e documentazione sociale della loro causa ove l’amministratore non provi la riferibilità all’attività sociale delle spese o la destinazione dei pagamenti all’estinzione di debiti sociali.

24 Maggio 2022

Sulla prova del danno cagionato dall’inadempimento a doveri negoziali

Al creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, è sufficiente provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, essendo il debitore convenuto gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa; tuttavia, rimane in capo a parte attrice l’onere di indicare la natura del danno sofferto, dando prova del nesso di causalità e dell’ammontare, costituito dall’avvenuto adempimento.

In caso di mancata prova del danno emergente, la prova del lucro cessante può essere raggiunta guardando alla somma predeterminata negozialmente dalle parti quale garanzia a fronte degli impegni assunti, costituendo essa un parametro oggettivo cui poter ricorrere ai fini della quantificazione del danno da mancato guadagno: tale previsione, che certo non svolge la funzione tipica della clausola penale, può costituire un indice significativo e univoco del “valore” finale che le parti hanno attribuito all’affare.

16 Maggio 2022

Efficacia della delibera di esclusione del socio di società cooperativa e cessazione dei benefici derivanti da detta qualità

Il privilegio della concessione di un bene immobile in forza della qualità di socio di società cooperativa cessa con la delibera di esclusione adottata ai sensi dell’art. 2533 c.c., momento dal quale il bene deve considerarsi detenuto senza titolo con relativo diritto della società cooperativa all’immediato rilascio in suo favore del predetto alloggio e il relativo obbligo in capo al socio di provvedervi.

L’importo corrispondente ai canoni a titolo di risarcimento per occupazione sine titulo deve essere quantificato  in applicazione della disposizione sancita dall’art. 1591 c.c. (danni per ritardata restituzione), il quale costituisce espressione di un principio applicabile a tutti i tipi di contratto con i quali viene concessa l’utilizzazione del bene dietro corrispettivo, per l’ipotesi in cui il concessionario continui ad utilizzare il bene oltre la scadenza del termine finale del rapporto senza più averne titolo.

28 Aprile 2022

Onere probatorio del creditore nell’azione di adempimento e calcolo degli interessi legali

Il creditore, sia che agisca per l’adempimento, sia che agisca per la risoluzione o per il risarcimento del danno, è tenuto a provare solo l’esistenza del titolo, ossia della fonte negoziale o legale del suo diritto (e, se previsto, del termine di scadenza), mentre può limitarsi ad allegare l’inadempimento della controparte: è il debitore a dover fornire la prova estintiva del diritto, costituito dall’avvenuto adempimento.

Rispetto al debito di valuta sono dovuti gli interessi di mora al saggio legale dalla scadenza al saldo, mentre non è dovuta rivalutazione in quanto non si tratta di debito di valore e non è stato allegato e provato il maggior danno patito dal creditore in conseguenza del ritardato adempimento alle obbligazioni di pagamento. Si precisa che dalla data della proposizione della domanda giudiziale gli interessi legali devono essere calcolati con il saggio pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali, ai sensi dell’art. 1284, 4° comma, c.c.

12 Aprile 2022

La natura contrattuale della responsabilità del curatore fallimentare, del commissario giudiziale e del liquidatore nel concodato preventivo

Le azioni esperibili nei confronti dei commissari e dei liquidatori giudiziali di una procedura di concordato preventivo sono le stesse previste per il curatore fallimentare. Infatti, ai sensi dell’art. 182 l.fall., qualora il concordato consista nella cessione dei beni e non sia diversamente disposto, il tribunale nomina nel decreto di omologazione uno o più liquidatori e un comitato di tre o cinque creditori per assistere alla liquidazione e determina le altre modalità della liquidazione. La stessa norma rimanda alle norme applicabili al curatore fallimentare e, in particolare, richiama gli artt. 37 e 38 l.fall. in tema di revoca e responsabilità.

L’azione volta al riconoscimento della responsabilità del curatore fallimentare ex art. 38 l.fall. ha natura contrattuale, in considerazione della natura del rapporto (equiparabile lato sensu al mandato) e del suo ricollegarsi alla violazione degli obblighi posti dalla legge a carico dell’organo concorsuale. Infatti, la responsabilità nella quale incorre il debitore che non esegue esattamente la prestazione dovuta (art. 1218 c.c.) può dirsi contrattuale non soltanto nel caso in cui l’obbligo di prestazione derivi propriamente da un contratto, nell’accezione che ne dà il successivo art. 1321 c.c., ma anche in ogni altra ipotesi in cui essa dipenda dall’inesatto adempimento di un’obbligazione preesistente, quale che ne sia la fonte, potendo discendere anche dalla violazione di obblighi nascenti da situazioni (non già di contratto, bensì) di semplice contatto sociale, ogni qual volta l’ordinamento imponga ad un soggetto di tenere, in tali situazioni, un determinato comportamento. In altri termini, la distinzione tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale sta essenzialmente nel fatto che quest’ultima consegue dalla violazione di un dovere primario di non ledere ingiustamente la sfera di interessi altrui, onde essa nasce con la stessa obbligazione risarcitoria, laddove quella contrattuale presuppone l’inadempimento di uno specifico obbligo giuridico già preesistente e volontariamente assunto nei confronti di un determinato soggetto (o di una determinata cerchia di soggetti.

6 Aprile 2022

Principi in tema di risoluzione per inadempimento e collegamento contrattuale

In caso di domanda di risoluzione di un contratto di durata, in ipotesi di inadempimento parziale, l’indagine sulla gravità dell’inadempimento deve tener conto del valore (determinabile mediante il criterio della proporzionalità) dell’obbligazione non adempiuta rispetto al tutto; è inoltre necessario considerare se – per effetto dell’inadempienza – si sia verificata una sensibile alterazione dell’equilibrio contrattuale ai danni della controparte. In presenza di prestazioni contrattuali con carattere continuativo e periodico, ai fini della risoluzione totale o parziale per inadempimento, occorre verificare la natura dei singoli adempimenti già eseguiti, ossia se gli stessi costituiscano elementi essenziali per l’attuazione del programma negoziale, indissolubilmente rispetto a quelli inadempiuti.
Il collegamento negoziale è uno strumento per mezzo del quale le parti perseguono un risultato economico unitario e complesso, realizzato attraverso una pluralità coordinata di contratti, i cui requisiti sono: (i) il nesso teleologico tra gli atti volti alla regolamentazione degli interessi di una o più parti nell’ambito di una finalità pratica consistente in un assetto economico globale ed unitario; (ii) il comune intento pratico delle parti di volere non solo l’effetto tipico dei singoli atti in concreto posti in essere, ma anche il coordinamento tra di essi per la realizzazione di un fine ulteriore, che ne trascende gli effetti tipici e che assume una propria autonomia anche dal punto di vista causale.
Il contratto di agenzia si caratterizza per i requisiti della: i) stabilità, ii) collaborazione professionale autonoma, iii) promozione della conclusione di affari nell’ambito di una determinata zona, iv) carattere di prevalenza ed esclusiva, v) diritto alla provvigione dell’agente, vi) indennità di fine rapporto a favore dell’agente. Invece, il procacciamento d’affari ha carattere episodico, senza vincolo di stabilità con un preponente, è di natura occasionale ed è privo di attività promozionale sistematica.
29 Dicembre 2021

Mutamento della domanda e principio iura novit curia

Le responsabilità contrattuale ed extracontrattuale hanno causa petendi e petitum diversi, giacché entrambe hanno riguardo a diritti eterodeterminati, per l’individuazione dei quali è indispensabile il riferimento ai relativi fatti costitutivi, che divergono sensibilmente tra loro e identificano due distinte identità.

Il principio iura novit curia comporta la possibilità per il giudice di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti ed ai rapporti dedotti in lite, nonché all’azione esercitata in causa, ricercando le norme giuridiche applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame, potendo porre a fondamento della sua decisione princìpi di diritto diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti. Esso tuttavia non consente al giudice di pronunziare oltre i limiti della domanda e delle eccezioni proposte dalle parti, mutando i fatti costitutivi o quelli estintivi della pretesa, ovvero decidendo su questioni che non hanno formato oggetto del giudizio e non sono rilevabili d’ufficio, attribuendo un bene non richiesto o diverso da quello domandato.

30 Novembre 2021

Principi sostanziali e processuali in materia di responsabilità di amministratori e sindaci

Il potere-dovere di controllo dei sindaci non è limitato alla sola verifica del rispetto della legge e dello statuto, ma si estende alla valutazione dei principi di corretta amministrazione, compresa la verifica che il procedimento decisionale che ha determinato l’organo amministrativo nella scelta di gestione sia completo e corredato di tutte le informazioni del caso concernenti i potenziali rischi nel contesto della situazione economico-patrimoniale e finanziaria della società. Inoltre, il dovere di vigilanza e controllo dei sindaci, pur non potendo travalicare sulla opportunità e la convenienza delle scelte gestionali, il cui apprezzamento è riservato agli amministratori, si estende alla legittimità sostanziale dell’attività sociale.

I doveri di controllo imposti ai sindaci ex artt. 2403 ss. c.c. sono configurati con particolare ampiezza, estendendosi a tutta l’attività sociale, in funzione della tutela non solo dell’interesse dei soci, ma anche di quello, concorrente, dei creditori sociali; né riguardano solo il mero e formale controllo sulla documentazione messa a disposizione dagli amministratori, essendo loro conferito il potere-dovere di chiedere notizie sull’andamento generale e su specifiche operazioni, quando queste possono suscitare perplessità, per le modalità delle loro scelte o della loro esecuzione. Compito essenziale è di verificare il rispetto dei principi di corretta amministrazione, che la riforma ha esplicitato e che già in precedenza potevano ricondursi all’obbligo di vigilare sul rispetto della legge e dell’atto costitutivo, secondo la diligenza professionale ex art. 1176 c.c.: dovere del collegio sindacale è di controllare in ogni tempo che gli amministratori compiano la scelta gestoria nel rispetto di tutte le regole che disciplinano il corretto procedimento decisionale, alla stregua delle circostanze del caso concreto.

Affinché si configuri la violazione del dovere di vigilanza da parte dell’organo di controllo, non è necessaria l’individuazione di specifici comportamenti che si pongano espressamente in contrasto con tale dovere, ma è sufficiente che essi non abbiano rilevato una macroscopica violazione o comunque non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità, eventualmente anche mediante la denuncia al tribunale di cui all’art. 2409 c.c.

Il vincolo solidale ex art. 2055 c.c. tra sindaci e amministratori trova il proprio presupposto nell’unicità dell’evento dannoso, ancorché determinato dall’azione/omissione di più soggetti e indipendentemente dalla colpa (intesa come apporto causale) di ciascun partecipe, la quale rileva unicamente nei rapporti interni per l’eventuale regresso. Infatti, il diverso rilievo causale di quanti (sindaci ed amministratori) abbiano concorso alla causazione del danno, inteso come insufficienza patrimoniale della società, assume rilievo nei soli rapporti interni tra coobbligati (ai fini dell’eventuale esercizio dell’azione di regresso) e non anche nei rapporti esterni che legano gli autori dell’illecito al danneggiato.

Per dimostrare l’esistenza di una supersocietà di fatto che abbia eterodiretto altre società, abusando del proprio potere direzionale e di controllo, non è sufficiente la prova della sussistenza di un operare concertato e finalizzato, né della circostanza che i componenti di una stessa famiglia si siano alternati nei ruoli gestori in più società, connotazioni di per sé non anomale in un contesto di gruppo societario di fatto.

È improduttiva di effetti giuridici, perché tardiva, la costituzione in giudizio del convenuto che, a seguito di interruzione del processo e successiva riassunzione, si sia costituito con il deposito della comparsa conclusionale: con la rimessione della causa al collegio ex art. 190 c.p.c. solo le parti già ritualmente costituite possono interloquire con gli scritti conclusivi e non sono ammissibili ulteriori attività processuali; ne consegue che, espletate le attività ex art. 190 c.p.c., la parte contumace non può più costituirsi in giudizio e l’eventuale costituzione nei termini assegnati per il deposito delle memorie conclusionali e delle repliche va dichiarata inammissibile, con conseguente preclusione dell’esame dell’atto eventualmente depositato.

18 Novembre 2021

Responsabilità per mala gestio dell’amministratore verso la cooperativa edilizia, compenso dell’amministratore che sia già militare

In tema di responsabilità per mala gestio dell’amministratore verso la cooperativa, a fronte della contestazione ex art. 2392 c.c. del mancato pagamento di imposte dovute dalla cooperativa edilizia, incombe sull’amministratore l’onere di provare l’esatto adempimento alle obbligazioni di corretta gestione societaria, dimostrando l’effettiva sussistenza di ragioni causali sottese al mancato pagamento delle imposte tali da escludere una valutazione in termini di mala gestio dell’omesso adempimento alle obbligazioni fiscali e tributarie. In mancanza, va riconosciuta la responsabilità dell’amministratore e l’entità del risarcimento deve essere limitata all’effettiva e diretta efficienza causale del suo inadempimento: non avendo il comportamento dell’amministratore inciso sulla debenza o meno dell’imposta, il danno da mancato pagamento non coincide con l’importo delle imposte non versate, ma esclusivamente con gli aggravi, costituiti dalle sanzioni e dagli interessi irrogati alla cooperativa a seguito dell’accertamento fiscale compiuto dagli enti competenti.

Non ha diritto ad essere remunerato per l’attività svolta in qualità di presidente del CdA di una cooperativa esercente attività commerciale il militare che, in violazione degli artt. 894 d.lgs. 66/2010 e 12 L. 599/1954, non abbia previamente ottenuto specifica autorizzazione dall’amministrazione di appartenenza ad esercitare tale attività extraprofessionale.