Art. 1218 c.c.
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Azione sociale di responsabilità promossa dal curatore fallimentare: natura della responsabilità ed onere della prova
Le condotte distrattive e di mala gestio degli ex amministratori della società fallita sono sussumibili in primis in fattispecie di responsabilità sociale – di natura contrattuale – per il danno arrecato al patrimonio sociale, e pertanto ai sensi degli artt. 146 l.fall e 2476 c.c. (e 2393 c.c.), con consequenziale onere a carico dei convenuti – a fronte della circostanziata allegazione di inadempimento e ai fini dell’art. 2697 c.c. – di provare l’esatto adempimento degli obblighi sugli stessi gravanti.
Onere della prova nell’azione sociale di responsabilità esercitata dal curatore
Nel contesto di un’azione sociale di responsabilità esercitata dal curatore fallimentare ex art. 146 l.fall. e in applicazione dei principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di responsabilità contrattuale, compete al fallimento semplicemente allegare in modo compiuto i fatti distrattivi imputati all’amministratore, costituenti l’inadempimento dell’obbligo gestorio relativo alla conservazione del patrimonio sociale in ragione dell’impiego del patrimonio medesimo nel perseguimento dei fini sociali, nonché allegare e provare il danno derivante dagli stessi ed il nesso causale tra condotta inadempiente e danno medesimo. Incombe sull’amministratore convenuto la prova ex art. 1218 c.c. di avere adempiuto esattamente e correttamente ai propri obblighi gestori.
I limiti al compenso dell’organo amministrativo di società partecipate e il concorso di responsabilità del socio ex art. 2476 c.c.
A decorrere dal 1° gennaio 2015, il compenso dell’amministratore di società a partecipazione pubblica soggiace al limite dell’80% del compenso erogato nel 2013, da intendersi come il costo effettivamente sostenuto dalla società, indipendentemente da qualsivoglia distinzione circa il numero delle mensilità concretamente erogate in tale annualità (nel caso di specie, la società aveva erogato un compenso nel 2013 per due sole mensilità).
Ai fini della configurabilità della peculiare ipotesi di responsabilità prevista dall’art. 2476, VII c., c.c. a carico del socio che abbia intenzionalmente deciso o autorizzato l’atto di gestione dannoso per la società, occorre che vi sia stato un concorso di responsabilità del socio e dell’amministratore, e che in giudizio emergano, quantomeno in via incidentale, i profili che depongano per la responsabilità di quest’ultimo.
Omesso pagamento del corrispettivo pattuito nel contratto di cessione di quota
L’ingiustificato omesso pagamento al pagamento del corrispettivo del contratto di cessione di quota rappresenta grave inadempimento che giustifica l’accoglimento della domanda di risoluzione del contratto ai sensi e per gli effetti degli artt. 1453 e 1458 c.c.
Ai fini della risarcibilità del danno ex art. 1223 c.c., in relazione all’art. 1218 c.c., il creditore deve allegare non solo l’altrui inadempimento, ma deve anche allegare e provare l’esistenza di una lesione, cioè della riduzione del bene della vita (patrimonio, salute, immagine, ecc.) di cui chiede il ristoro, e la riconducibilità della lesione al fatto del debitore: in ciò appunto consiste il danno risarcibile, che è un quid pluris rispetto alla condotta asseritamente inadempiente.
Il caso Mediaset-Vivendi: condotta volta ad impedire l’avveramento di una condizione sospensiva, cui è subordinata l’esecuzione di un contratto, e conseguenze risarcitorie
In presenza di un contratto di trasferimento di partecipazioni societarie, la cui esecuzione sia subordinata alla condizione sospensiva del rilascio da parte delle Autorità preposte delle autorizzazioni necessarie all’attuazione dell’operazione secondo le disposizioni normative nazionali e sovranazionali, specialmente di carattere antitrust, costituisce inadempimento contrattuale la condotta della parte che consapevolmente non attui le obbligazioni assunte per favorire il rilascio, da parte della Commissione Europea, della dichiarazione di compatibilità dell’accordo col mercato comune. Il mancato avveramento di tale condizione sospensiva per effetto di siffatte condotte obbliga la parte inadempiente al risarcimento del danno. [ LEGGI TUTTO ]
L’interruzione dei rapporti commerciali a seguito di inadempimento contrattuale non costituisce atto di concorrenza sleale
In materia Antitrust, qualora nel contratto di fornitura di merci sia espressamente stabilito il divieto di trasferire il bene ad un Paese diverso da quello di destinazione, il solo fatto dell’avvenuto sdoganamento e trasferimento del medesimo presso i magazzini di altro Paese, seppur in via transitoria, implica violazione delle obbligazioni contrattuali e consente alla società fornitrice l’interruzione dei rapporti commerciali, non rilevando tale condotta come rifiuto a contrarre sanzionabile quale atto di concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598, n. 3, c.c.
Brevetto per invenzione o per modello industriale: tutele. Fra contraffazione (per interferenza) per equivalenti e concorrenza sleale
Ai sensi dell’articolo 52 comma 3 bis del D.lvo n. 30/2005, modificato dal D.lvo n. 131/2010, in tema di contraffazione di brevetti per invenzioni industriali posta in essere per equivalenti, il Giudice, nel determinare l’ambito della protezione conferita dal brevetto, non deve limitarsi ad interpretare il tenore delle rivendicazioni alla luce della descrizione e dei disegni, bensì deve contemperare l’equa protezione del titolare con la ragionevole sicurezza giuridica dei terzi e, quindi, deve considerare ogni elemento che sia sostanzialmente equivalente ad uno di quelli indicato nelle rivendicazioni. Per far ciò, il Giudice può avvalersi di varie metodologie finalizzate ad accertare l’equivalenza della soluzione inventiva, come il verificare se la realizzazione contestata permetta di raggiungere il medesimo risultato finale adottando varianti prive del carattere di originalità.
L’originalità manca se le varianti sono ovvie alla luce delle conoscenze in possesso del tecnico medio del settore che si trovi ad affrontare il medesimo problema. Il Giudice non può attribuire rilievo alle intenzioni soggettive del richiedente del brevetto, sia pur ricostruite storicamente attraverso l’analisi delle attività poste in essere in sede di procedimento amministrativo diretto alla concessione del brevetto.
La Corte di legittimità (v. Cass. Civ. n. 2977/2020), in particolare, ha fatto applicazione del principio, di elaborazione giurisprudenziale tedesca, secondo il quale sintomo della contraffazione per equivalenti è proprio l’ovvietà o non originalità della soluzione sostitutiva adottata dal contraffattore rispetto alla soluzione brevettata, tenendo conto alle conoscenze medie del tecnico del settore.
L’equivalenza sussiste ove la variante realizzativa adottata risulti per il tecnico medio del settore ovvia, e, dunque, non originale, per ottenere la stessa soluzione al problema tecnico risolto dall’invenzione, non assumendo, invece, rilievo alcuno le limitazioni volontarie delle rivendicazioni introdotte dal titolare del brevetto nel corso della procedura di brevettazione (la cosiddetta “file history”). Del resto [anche la giurisprudenza di merito (v. ad es. Trib. Milano 20 settembre 2018), facendo applicazione del criterio del c.d. triple test, ha ritenuto la contraffazione per equivalenti in un caso in cui due determinati prodotti a confronto (nella specie, farmaci), svolgevano la medesima funzione, agivano con lo stesso modus operandi e, infine, ottenevano il medesimo risultato, e ciò in quanto il trovato sospettato di interferenza suggeriva soluzioni sostitutive prive di originalità, attuative degli elementi essenziali originali e caratteristici dell’idea brevettata, e, quindi, ovvie per il tecnico del ramo. L’illecito in commento, invece, deve essere escluso quando la soluzione del problema tecnico sia raggiunta con un meccanismo che, pur determinando identiche prestazioni funzionali, operi con mezzi strutturali diversi.
In materia di competenza funzional-territoriale in applicazione dei principi generali regolatori degli istituti della domanda riconvenzionale e della connessione, stante il sopravvenuto venir meno della inderogabilità della competenza territoriale prevista dal citato art. 120 c. III CPI per effetto della caducazione dell’obbligatorietà dell’intervento del P.M, il giudice della domanda principale può conoscere, nel medesimo processo, della domanda riconvenzionale che sia connessa alla prima per l’oggetto oltre che per il titolo.
Azione di responsabilità dei creditori sociali e inadempimento contrattuale
Non può ritenersi sussistente una violazione degli obblighi imposti agli amministratori dall’art. 2394 c.c. per il solo fatto che essi abbiano ceduto la propria partecipazione nella società e siano cessati dalla carica: il trasferimento delle quote e la modifica dell’organo di rappresentanza, infatti, non integrano comportamenti contrari alla legge o allo statuto [nel caso di specie, il Tribunale ha rigettato le domande proposte dall’attrice – quale concedente l’azienda in forza di un contratto d’affitto stipulato con la società amministrata dai convenuti – che aveva imputato automaticamente l’integrale perdita di valore del ramo d’azienda al mutamento della proprietà e della gestione dell’affittuaria, senza fornire alcuna prova al riguardo].
Cessione di quote societarie e garanzia del cedente
In tema di cessione di quote societarie, il cessionario che ha assunto l’impegno di tenere indenne il cedente dalle garanzie prestate è tenuto a rifondere quest’ultimo in caso di avvenuta escussione delle medesime da parte del terzo garantito.
Responsabilità dell’amministratore verso la società e riparto dell’onere probatorio
In tema di responsabilità (contrattuale) dell’amministratore verso la società, spetta all’amministratore fornire la prova che gli inadempimenti specificamente allegati dalla società non sono a lui imputabili per andare esente da responsabilità, essendo a tal fine insufficienti allegazioni prive di ogni elemento di riscontro.