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Art. 1223 c.c.
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11 Maggio 2021

L’applicazione del prezzo del consenso per la liquidazione in via forfettaria del danno derivante da inadempimento contrattuale con conseguente violazione dei diritti d’autore

In giurisprudenza è diffuso il riferimento al c.d. prezzo del consenso in relazione al corrispettivo che potrebbe essere richiesto dal titolare del diritto per l’utilizzazione dell’opera (cfr. C. Appello Milano 7.6.2012, C. Appello Milano 24.11.2010, Tribunale Roma 22.4.2008, Tribunale Milano 8.7.2009). Sulla base di tale principio, alla luce della domanda di risarcimento del danno in via forfettaria formulata dalla parte attrice, è equo determinare l’importo dovuto a titolo di risarcimento in misura pari all’importo in precedenza percepito dallo stesso autore per la cessione dei propri diritti alla convenuta, oltre rivalutazione e interessi.

Non risulta doverosa l’applicazione di una maggiorazione alla royalty ricavabile dall’analisi di mercato, per il fatto che il contraffattore non assume gli stessi costi e rischi di un legittimo licenziatario. Non vi sono, infatti, nel nostro ordinamento, specifici riferimenti normativi da cui dedurre la doverosità della maggiorazione della royalty media di settore, considerato che l’art. 125, comma 2, CPI, cui è raffrontabile l’art. 158 L. 633/41, si limita a dettare una regola di semplificazione della valutazione equitativa per le ipotesi in cui sia difficile determinare l’importo effettivo del danno.

(Nel caso di specie l’attrice, l’erede universale del regista di un’opera teatrale, ha chiesto che l’entità del danno venisse determinata in via equitativa alla luce dell’intervenuta perdita di chance in relazione all’importo che avrebbe potuto percepire se la convenuta non avesse violato i propri obblighi contrattuali).

5 Maggio 2021

Contratto di edizione, recesso illegittimo e risarcimento del danno

L’insuccesso dell’opera è causa di scioglimento del contratto e tale evento può riscontrarsi, quando sia oggettivamente accertata l’incapacità dell’edizione ad essere richiesta dal pubblico. L’insuccesso dell’opera non consiste in un semplice calo delle vendite; il calo delle vendite è un fenomeno frequentissimo per la quasi generalità delle opere, e non può coincidere con il concetto di insuccesso editoriale. Questo presuppone che la diminuzione delle vendite si stabilizzi lungo un periodo di tempo tale da rivelare una sostanziale e irreversibile chiusura del mercato. Nella necessità di contemperare gli interessi economici dell’editore con quelli non solo patrimoniali ma anche morali dell’autore, è la situazione di imprevedibilità di un ulteriore positivo sfruttamento dei diritti di utilizzazione economica ceduti dall’autore che potrebbe giustificare lo scioglimento del contratto e la liberazione di ciascuno dei contraenti dagli obblighi relativi. Tale fattispecie considera la posizione egemonica dell’editore, ma appresta contestualmente la tutela del contraente più debole, cioè dell’autore, il quale ha interesse a liberamente esplicare la propria creatività nella realizzazione di nuove opere dell’ingegno e a negoziare i diritti della relativa utilizzazione alle condizioni economiche più convenienti: condizione, questa, determinante per assicurare all’autore la piena indipendenza economica, liberandolo dai vincoli e dalle restrizioni che conseguirebbero al protrarsi di un patto di esclusività non più giustificato dall’interesse economico, ormai venuto meno, dell’editore, in considerazione dell’esito negativo della precedente iniziativa editoriale. [Nel caso di specie, la comunicazione con cui la società editrice comunicava la volontà di recedere dal contratto non fa alcun riferimento all’insuccesso editoriale che avrebbe legittimato il recesso ex art. 134 n. 2 L. 633/1941 e pertanto appare infondata la tesi del convenuto che lo ritiene legittimo agganciandolo all’esercizio della facoltà dell’editore espressa dalla norma speciale.]

28 Aprile 2021

Azione di responsabilità del curatore e valutazione della mala gestio degli amministratori

Nel merito delle valutazioni da compiere per affermare la sussistenza della responsabilità degli amministratori e ottenere la riacquisizione alla massa fallimentare dell’attivo sottratto, il giudice adito deve valutare la mala gestio degli atti degli amministratori e la sussistenza di un nesso di causalità giuridica tra la condotta posta in essere e il danno sofferto dalla società. Dalla irregolare tenuta della documentazione contabile non può discendere ex se un danno-conseguenza risarcibile, mancando un nesso di causalità giuridica tra questa e il pregiudizio sofferto. Diversa valutazione della sussistenza del nesso di causalità giuridica deve farsi nei casi in cui una condotta omissiva degli amministratori arrechi nocumento al patrimonio della società, minimizzando le aspettative di soddisfacimento dei creditori.

Qualora invece la condotta di mala gestio si concretizzi nel rimborso di finanziamenti fatti dai soci in violazione della regola della postergazione ex art. 2467 c.c., ossia nei casi in cui questi erano fatti in un momento in cui la situazione di difficoltà finanziaria della società rendeva preferibile un conferimento, la valutazione del danno dovrà tener conto della sussistenza della situazione finanziaria di squilibrio al momento dell’erogazione del finanziamento. Infatti, la postergazione opera solo nei casi in cui il finanziamento sia eseguito dal socio in un periodo di equilibrio finanziario della società, ma non nei casi in cui il rischio di insolvenza sia solo successivo all’erogazione del finanziamento, avendo in quest’ultimo caso il socio diritto alla restituzione del proprio finanziamento e non potendo l’amministratore opporre la postergazione.

19 Aprile 2021

Il caso Mediaset-Vivendi: condotta volta ad impedire l’avveramento di una condizione sospensiva, cui è subordinata l’esecuzione di un contratto, e conseguenze risarcitorie

In presenza di un contratto di trasferimento di partecipazioni societarie, la cui esecuzione sia subordinata alla condizione sospensiva del rilascio da parte delle Autorità preposte delle autorizzazioni necessarie all’attuazione dell’operazione secondo le disposizioni normative nazionali e sovranazionali, specialmente di carattere antitrust, costituisce inadempimento contrattuale la condotta della parte che consapevolmente non attui le obbligazioni assunte per favorire il rilascio, da parte della Commissione Europea, della dichiarazione di compatibilità dell’accordo col mercato comune. Il mancato avveramento di tale condizione sospensiva per effetto di siffatte condotte obbliga la parte inadempiente al risarcimento del danno. [ LEGGI TUTTO ]

Codice RG 47205 2016
19 Gennaio 2021

Brevetto per invenzione o per modello industriale: tutele. Fra contraffazione (per interferenza) per equivalenti e concorrenza sleale

Ai sensi dell’articolo 52 comma 3 bis del D.lvo n. 30/2005, modificato dal D.lvo n. 131/2010, in tema di contraffazione di brevetti per invenzioni industriali posta in essere per equivalenti, il Giudice, nel determinare l’ambito della protezione conferita dal brevetto, non deve limitarsi ad interpretare il tenore delle rivendicazioni alla luce della descrizione e dei disegni, bensì deve contemperare l’equa protezione del titolare con la ragionevole sicurezza giuridica dei terzi e, quindi, deve considerare ogni elemento che sia sostanzialmente equivalente ad uno di quelli indicato nelle rivendicazioni. Per far ciò, il Giudice può avvalersi di varie metodologie finalizzate ad accertare l’equivalenza della soluzione inventiva, come il verificare se la realizzazione contestata permetta di raggiungere il medesimo risultato finale adottando varianti prive del carattere di originalità.

L’originalità manca se le varianti sono ovvie alla luce delle conoscenze in possesso del tecnico medio del settore che si trovi ad affrontare il medesimo problema. Il Giudice non può attribuire rilievo alle intenzioni soggettive del richiedente del brevetto, sia pur ricostruite storicamente attraverso l’analisi delle attività poste in essere in sede di procedimento amministrativo diretto alla concessione del brevetto.

La Corte di legittimità (v. Cass. Civ. n. 2977/2020), in particolare, ha fatto applicazione del principio, di elaborazione giurisprudenziale tedesca, secondo il quale sintomo della contraffazione per equivalenti è proprio l’ovvietà o non originalità della soluzione sostitutiva adottata dal contraffattore rispetto alla soluzione brevettata, tenendo conto alle conoscenze medie del tecnico del settore.

L’equivalenza sussiste ove la variante realizzativa adottata risulti per il tecnico medio del settore ovvia, e, dunque, non originale, per ottenere la stessa soluzione al problema tecnico risolto dall’invenzione, non assumendo, invece, rilievo alcuno le limitazioni volontarie delle rivendicazioni introdotte dal titolare del brevetto nel corso della procedura di brevettazione (la cosiddetta “file history”). Del resto [anche la giurisprudenza di merito (v. ad es. Trib. Milano 20 settembre 2018), facendo applicazione del criterio del c.d. triple test, ha ritenuto la contraffazione per equivalenti in un caso in cui due determinati prodotti a confronto (nella specie, farmaci), svolgevano la medesima funzione, agivano con lo stesso modus operandi e, infine, ottenevano il medesimo risultato, e ciò in quanto il trovato sospettato di interferenza suggeriva soluzioni sostitutive prive di originalità, attuative degli elementi essenziali originali e caratteristici dell’idea brevettata, e, quindi, ovvie per il tecnico del ramo. L’illecito in commento, invece, deve essere escluso quando la soluzione del problema tecnico sia raggiunta con un meccanismo che, pur determinando identiche prestazioni funzionali, operi con mezzi strutturali diversi.

In materia di competenza funzional-territoriale in applicazione dei principi generali regolatori degli istituti della domanda riconvenzionale e della connessione, stante il sopravvenuto venir meno della inderogabilità della competenza territoriale prevista dal citato art. 120 c. III CPI per effetto della caducazione dell’obbligatorietà dell’intervento del P.M, il giudice della domanda principale può conoscere, nel medesimo processo, della domanda riconvenzionale che sia connessa alla prima per l’oggetto oltre che per il titolo.

Illiceità della condotta del dipendente consistente nel caricamento su piattaforma streaming di files coperti da copyright

Una condotta posta in essere su autorizzazione del titolare del diritto d’autore, conforme alle condizioni d’uso della piattaforma, al fine di accertare la veridicità delle affermazioni relative alla predisposizione di un filtro in grado di bloccare qualsiasi ulteriore caricamento dei contenuti segnalati, non integra responsabilità extra-contrattuale.

23 Aprile 2020

Ambush marketing e personaggi di Star Wars

La figura dell’ambush marketing costituisce un’ipotesi di concorrenza sleale contraria alla correttezza professionale che già può trovare tutela nell’alveo generale dell’art. 2598, comma 3, c.c. ma che talora, per eventi di particolare rilevanza, il legislatore – nazionale ed internazionale-  ha ritenuto di disciplinare con una disposizione ad hoc e, in particolare, con l’art. 21 del Codice del Consumo.

E’ configurabile un rapporto di concorrenza anche nel caso d’imprenditori operanti a diverso livello, purché l’attività degli stessi insista sulla medesima cerchia di clientela finale. In tal caso, l’operatore di mercato si trova in conflitto potenziale con gli imprenditori posti su anelli diversi dello stesso prodotto o servizio, proprio perché è la clientela finale quella che determina il successo o meno della sua attività: ognuno di essi è interessato a che gli altri rispettino le regole di cui all’art. 2598 cod. civ.

Integra l’illecito di concorrenza sleale la condotta di un operatore commerciale che utilizzi all’interno di una pubblicità un personaggio di un’opera altrui in funzione servente rispetto ai propri prodotti ove tale operatore: crei un indebito collegamento nella mente del consumatore tra il proprio brand, servizi e prodotti e l’opera altrui [nella specie: l’ultimo film della saga di STAR WARS, all’epoca in imminente programmazione nelle sale cinematografiche]; impieghi nella campagna il personaggio chiave già utilizzato da un concorrente in un’altra campagna pubblicitaria; agisca senza il previo consenso della titolare dei relativi diritti sull’opera; agisca in perfetta concomitanza con l’uscita della campagna pubblicitaria del concorrente legittimato e dell’opera.

L’art. 5 c.p.i. consente al titolare di opporsi all’ulteriore commercializzazione nell’ipotesi di motivi legittimi, tra i quali l’ipotesi in cui l’impiego del marchio non sia limitato all’identificazione dei prodotti rivenduti, ma sia relativo alla promozione di servizi diversi forniti dal terzo acquirente.

L’inibitoria deve essere interpretata come obbligo a carico del soggetto passivo di attivarsi anche presso la propria rete vendita e presso la propria clientela diretta per impedire l’ulteriore reiterazione dell’illecito; come obbligo non estendibile ai successivi acquirenti rispetto ai primi aventi causa dell’obbligato ovvero agli aventi causa della rete vendita dell’obbligato; nonchè come obbligazione di risultato se la rete vendita è direttamente controllata dall’obbligato e come obbligazione di mezzo se il rapporto commerciale tra il contraffattore con gli aventi causa ha determinato il trasferimento della proprietà della res in capo a soggetti autonomi sotto il profilo negoziale o societario.

Ai fini del risarcimento del lucro cessante da concorrenza sleale è necessaria la prova puntuale che il mancato raggiungimento dei livelli di fatturato attesi dal soggetto leso sia dipeso eziologicamente dalla commercializzazione dei prodotti dell’autore dell’illecito.

27 Gennaio 2020

Responsabilità precontrattuale, obblighi di correttezza e buona fede in pendenza di trattative finalizzate alla stipulazione di un contratto di cessione di un ramo d’azienda

La pacifica applicazione dell’art. 1223 c.c. anche all’ipotesi di responsabilità da contatto qualificato determina il diritto del danneggiato al ristoro del pregiudizio subito sia nella forma del danno emergente che del lucro cessante. Tuttavia, la peculiarità dell’illecito e le caratteristiche della responsabilità precontrattuale, la quale, nel caso di ingiustificato recesso dalla trattativa, postula il coordinamento tra il principio secondo cui il vincolo negoziale sorge solo con la stipulazione del contratto e il principio secondo cui le negoziazioni devono svolgersi correttamente, comportano alcune particolarità in tema di determinazione del danno. Infatti, non essendo stato stipulato il contratto e non essendovi stata lesione dei diritti che dallo stesso sarebbero nati, non può essere dovuto un risarcimento equivalente a quello conseguente all’inadempimento contrattuale, mentre essendosi verificata la lesione dell’interesse al corretto svolgimento delle trattative, il danno risarcibile è unicamente quello consistente nelle perdite che sono derivate dall’affidamento nella conclusione del contratto e nei mancati guadagni verificatisi in conseguenza delle altre occasioni contrattuali perdute (c.d. ‘interesse negativo’). L’ammontare del danno va parametrato non già alla conclusione del contratto bensì al c.d. interesse contrattuale negativo che copre sia il danno emergente, ovvero le spese sostenute, che il lucro cessante, da intendersi, però, non come mancato guadagno rispetto al contratto non eseguito ma in riferimento ad altre occasioni di contratto che la parte allega di avere perso.

16 Luglio 2019

Risoluzione del contratto di cessione ad oggetto l’attività di bar, tavola calda e tavola fredda

L’omesso versamento del prezzo integrale di cessione integra gli estremi dell’inadempimento di non scarsa importanza, di cui al generale rimedio risolutorio previsto dall’art. 1455 c.c., non potendosi dubitare che lo stesso comprometta l’equilibrio contrattuale, trattandosi di mancata esecuzione dell’obbligo principale gravante sull’acquirente.