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Art. 1241 c.c.
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Fallimento del debitore opponente nel corso del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo

Nell’ipotesi di dichiarazione di fallimento o liquidazione coatta amministrativa intervenuta nelle more del giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo proposto dal debitore ingiunto poi fallito o posto in liquidazione coatta amministrativa, il creditore opposto deve partecipare al concorso con gli altri creditori previa domanda di ammissione al passivo, attesa la inopponibilità al fallimento di un decreto non ancora definitivo e, pertanto, privo della indispensabile natura di sentenza impugnabile, esplicitamente richiesta dall’art. 95, co. 3, l.fall., norma di carattere eccezionale, insuscettibile di qualsivoglia applicazione analogica.

In tal caso, la domanda deve essere riproposta al giudice fallimentare, la cui competenza inderogabile prevale sul criterio della competenza funzionale del giudice che ha emesso l’ingiunzione e la domanda formulata in sede di cognizione ordinaria, se proposta prima dell’inizio della procedura concorsuale, diventa improcedibile e tale improcedibilità è rilevabile anche d’ufficio, anche nel giudizio di cassazione, derivando da norme inderogabilmente dettate a tutela del principio della par condicio creditorum.

Nel caso di domanda riconvenzionale proposta in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo da un soggetto successivamente fallito nel corso del giudizio (interrotto e successivamente riassunto dal fallimento), deve essere dichiarata improcedibile l’opposizione a decreto ingiuntivo, mentre il giudice adito rimane competente a conoscere della domanda riconvenzionale proposta dal fallito e riassunta dal fallimento.

14 Settembre 2020

Cessione della quota di S.r.l. e accordo di manleva: inoperabilità della compensazione per i rispettivi rapporti obbligatori

Difettano del requisito della reciprocità, e non sono quindi compensabili in quanto intercorsi tra parti parzialmente diverse, il debito derivante dal contratto di cessione delle quote della società target gravante sull’acquirente manlevato nei confronti del venditore persona giuridica e il credito vantato dallo stesso acquirente derivante dalla garanzia personale prestata a suo favore per le sopravvenienze passive sorte a carico della società target sino alla data del trasferimento delle quote, laddove l’obbligazione di garanzia sia stata assunta in qualità di manlevante dal socio unico e amministratore persona fisica del venditore e non dalla medesima società cedente.

13 Febbraio 2020

Aumento di capitale sociale mediante compensazione di un credito del socio conferente

In sede di aumento del capitale sociale, è legittimo il conferimento attuato mediante compensazione tra il debito del socio verso la società ed un credito vantato dal medesimo nei confronti dell’ente, atteso che la società stessa, pur perdendo formalmente il suo credito al conferimento, acquista concretamente un valore economico, consistente nella liberazione da un corrispondente debito. Nè al riguardo può invocarsi la disciplina relativa alla postergazione del rimborso dei finanziamenti dei soci di cui all’art. 2467 c.c.: infatti, attraverso l’estinzione del credito per compensazione, il socio ottiene il pagamento di quanto gli è dovuto in base al rapporto extra-sociale (come tale escluso dal regime di cui all’art. 2467 c.c.) e provvede nel contempo ad effettuare il versamento di quanto è tenuto a pagare in ragione della sottoscrizione dell’aumento di capitale.

12 Febbraio 2020

Assenza di specifica indicazione nel contratto dei ricavi stimati dalla vendita di un’azienda e regime della compensazione impropria

Qualora non vi sia nella pattuizione contrattuale uno specifico riferimento ad un dato ammontare di ricavi dalle vendite come base per la determinazione del prezzo di vendita di un’attività, l’eventuale successiva inferiorità dei ricavi effettivamente riscossi non legittima il rifiuto a dare esecuzione agli accordi pattuiti.

 

27 Novembre 2019

Cessione d’azienda e compensazione volontaria tra il credito per il corrispettivo vantato dalla società cedente e il credito di un terzo

Presupposto per l’operatività della compensazione volontaria è l’esistenza della reciprocità delle posizioni debitorie e creditorie delle medesime parti. La mancanza di tale reciprocità determina l’inoperatività del meccanismo compensatorio.

24 Settembre 2019

Cessione del ramo d’azienda: dovere di buona fede nei rapporti contrattuali e eccezione di compensazione

Se all’interno di un contratto di cessione di ramo d’azienda è indicato con la voce “stimato” un determinato costo attribuito in capo all’acquirente, l’eventuale successiva discrepanza rispetto al costo realmente sostenuto dall’acquirente non integra una violazione della buona fede contrattuale da parte del venditore nel caso in cui le parti non abbiano stabilito alcun conguaglio o garanzia e, in aggiunta, la parte acquirente operi da tempo nel medesimo settore dell’acquirente.

Non vi è alcuna violazione del dovere di buona fede ex art. 1337 c.c. nel caso in cui una parte non sia in grado di dimostrare la rilevanza di determinate informazioni non ricevute dalla parte venditrice né di dimostrare che, laddove conosciute, avrebbero condotto ad una diversa modulazione del contenuto del contratto.

In mancanza di elementi circa l’intervenuto accordo inter partes modificativo del contratto di concessione di vendita e comunque in difetto di criteri per determinare il numero e il costo dei prodotti eventualmente soggetti all’obbligo di rimborso, l’eccezione di compensazione deve essere rigettata in quanto sfornita di idoneo supporto probatorio.

Per pacifico principio, ad eccezione delle ipotesi di manifesta pretestuosità della contestazione o di valutazione da parte del giudice circa la prontezza e la facilità di liquidazione del credito opposto in compensazione, in ogni altro caso la litigiosità del controcredito è condizione ostativa ad entrambi i tipi di compensazione legale e giudiziale, in quanto il reciproco effetto estintivo presuppone che entrambi i crediti siano effettivamente esistenti e, quindi, richiede che il controcredito sia stato accertato in modo definitivo (con accertamento contenuto in sentenza passata in giudicato od in altro provvedimento divenuto definitivo per mancata impugnazione nel termine di decadenza o per rinuncia volontaria alla contestazione del controcredito) con la conseguenza che la compensazione rimane impedita le volte in cui il credito opposto in compensazione sia stato ritualmente contestato in separato giudizio.

24 Maggio 2016

La ditta non è un soggetto di diritto diverso dal suo titolare

Se l’iniziale accordo tra due titolari di ditte individuali per esercitare una nuova attività in forma societaria naufraga e la nuova iniziativa viene comunque gestita attraverso una ditta individuale, è pacifico che non si tratti di un soggetto diverso dal suo titolare e non costituisca centro autonomo di imputazione di rapporti giuridici. Pertanto anche l’eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dal convenuto risulta infondata. [ LEGGI TUTTO ]