Art. 1273 c.c.
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Dies a quo del termine di prescrizione dell’azione di responsabilità dei creditori sociali
L’azione dei creditori sociali si prescrive, ex art. 2949 c.c., nel termine di cinque anni, che decorre non dal momento del compimento degli atti gestori lesivi commessi dall’amministratore, bensì da quello (diverso e successivo) dell’oggettiva percepibilità, da parte dei creditori sociali, dell’insufficienza del patrimonio della società ai fini del soddisfacimento delle loro ragioni di credito. Tale dies a quo non coincide necessariamente con la messa in liquidazione della società il cui amministratore è stato convenuto, in quanto la liquidazione può essere determinata alternativamente da una delle diverse cause di cui all’art. 2484 c.c. e rappresenta una fase in cui la società destina l’attivo proprio all’estinzione dei debiti sociali, in vista della chiusura dell’impresa. Il dies a quo non coincide necessariamente neppure con la data della notifica, da parte dei creditori-attori, di una diffida ad adempiere alla società, in quanto l’inadempimento di un’obbligazione da parte della società potrebbe dipendere dalle più svariate ragioni e non preludere necessariamente una situazione di incapienza patrimoniale. Il dies a quo può invece correttamente essere individuato nel giorno dell’infruttuoso esperimento di una procedura di espropriazione, promossa dai creditori, in quanto da tale momento può parlarsi con certezza di insufficienza del patrimonio sociale ai fini del soddisfacimento del credito.
Può essere considerato responsabile di atti di mala gestio, ai sensi dell’art. 2394 c.c., l’amministratore che ha compiuto un’operazione che si presentava ex ante come imprudente e incauta, in quanto conclusa con una società appena costituita e priva di patrimonio, con la cessione integrale dei propri unici asset immobiliari, in mancanza di garanzie, reali o personali.
Requisiti per la sussistenza di una società di fatto e scioglimento della stessa per impossibilità di conseguire l’oggetto sociale
L’accertamento dell’esistenza del vincolo sociale, ai fini della configurabilità di una società anche di fatto, si ottiene verificando la sussistenza degli elementi previsti dall’art. 2247 cod. civ. ovvero provando: il conferimento di beni o servizi per la formazione di un patrimonio o fondo comune; la partecipazione agli utili ed alle perdite; l’intenzione di vincolarsi e collaborare per conseguire risultati patrimoniali attraverso lo svolgimento in comune di un’attività economica (c.d. affectio societatis).
A seguito del mancato conferimento di un bene immobile, la società di fatto non potrà operare né tanto meno l’oggetto sociale potrà dirsi raggiunto; ciò determina lo scioglimento della società di fatto per impossibilità di conseguire l’oggetto sociale.
Responsabilità dell’amministratore per costi extrasociali
Costituisce operazione illecita produttiva di danno il ribaltamento su una società decotta (poi fallita) di passività derivanti da un’impresa individuale dell’amministratore, che sarebbe stata chiusa di lì ad un anno. L’illiceità si configura sotto un duplice profilo: sia perchè funzionale all’interesse personale dell’amministratore di incamerare somme ed estinguere propri debiti verso la fallita e verso terzi, sia perché conclusa quando il patrimonio netto della fallita risultava negativo e la stessa, quindi, nulla avrebbe potuto acquistare. L’operazione così realizzata esula dal campo della tutela riservata alla libera iniziativa economica ma si iscrive, piuttosto, in un disegno specifico che mirava alla esternalizzazione del ramo produttivo a favore di una nuova società ed alla concentrazione di tutti gli elementi negativi dell’impresa in capo al soggetto già decotto, progressivamente spogliato del suo patrimonio, a danno proprio e dei suoi creditori.
Cancellazione di società e diritto al pagamento del corrispettivo di cessione di azienda tramite accollo di debiti
Se l’esistenza dell’ente collettivo e l’autonomia patrimoniale che lo contraddistingue impediscono, pendente societate, di riferire ai soci la titolarità dei beni e dei diritti unificati dalla destinazione impressa loro dal vincolo societario, è ragionevole ipotizzare che, venuto meno tale vincolo, la titolarità dei beni e dei diritti residui o sopravvenuti torni ad essere direttamente imputabile a coloro che della società costituivano il sostrato personale. Il fatto che sia mancata la liquidazione di quei beni o di quei diritti, [ LEGGI TUTTO ]
Accordo tra soci, accollo di debiti sociali e parallela ripartizione dei crediti
L’accordo tra i soci che prevede l’accollo dei debiti sociali da parte di un socio non può prevedere l’attribuzione privata di utilità riservate in primo luogo alla soddisfazione dei creditori, in palese contrasto con le disposizioni inderogabili di legge in materia.
Contestazione del foro convenzionale ed obbligazioni assunte in proprio da uno dei condebitori solidali
In forza del canone ermeneutico in base al quale il contratto va interpretato secondo buona fede, la clausola sul foro convenzionale deve ritenersi comprensiva di ogni questione inerente tanto l’interpretazione quanto l’esecuzione del contratto.
Acquirente di azioni che versa in stato di insolvenza: decadenza dal beneficio del termine del pagamento dilazionato, cessione delle azioni ad un soggetto terzo ed esecuzione forzata da parte dei creditori
Lo stato di insolvenza che comporta la decadenza dal beneficio del termine ex art. 1186 c.c. non si indentifica con una situazione di definitivo ed irreversibile dissesto, bensì con un mero squilibrio nella capacità del debitore di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni. Situazione che può essere dedotta [ LEGGI TUTTO ]