Art. 1362 c.c.
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Validità della clausola penale nella lettera di intenti di cessione di partecipazioni
La clausola penale è intesa a rafforzare il vincolo contrattuale e a stabilire preventivamente la prestazione cui è tenuto uno dei contraenti qualora si renda inadempiente – ciò anche quando la stessa sia inserita in una lettera di intenti relativa alla cessione di partecipazioni – con l’effetto di limitare a tale prestazione il risarcimento, indipendentemente dal danno effettivo, salvo la risarcibilità di un danno ulteriore qualora ciò sia convenuto, sicché la funzione della clausola è di permettere la monetizzazione di tale pregiudizio indipendentemente dalla prova della concreta esistenza del danno effettivamente sofferto, restando, d’altra parte, inteso che la clausola costituisce solo una liquidazione anticipata del danno destinata a rimanere assorbita, nel caso di prova di ulteriori e maggiori danni, nella liquidazione complessiva di questi.
Cessione di quote sociali a prezzo variabile
Interpretando la clausola – contenuta in un contratto di cessione di quote sociali – che prevede un prezzo variabile, il giudice è tenuto ad osservare, nel procedimento di esegesi, prioritariamente i criteri ermeneutici oggettivi dettati dall’art. 1362 c.c. e 1363 c.c., avendo riguardo al senso letterale delle pattuizioni oltre che al senso desumibile dal complesso dell’atto.
La rilevanza del comportamento successivo delle parti nell’interpretazione del contratto
La mera riconsegna all’acquirente dell’assegno bancario ricevuto dal venditore per il pagamento del prezzo di un contratto di compravendita di partecipazioni sociali non è di per sé sufficiente a provare l’esistenza di un successivo accordo di compensazione volontaria, al quale le parti nelle loro intese [nel caso di specie si trattava di un accordo di regolazione delle conseguenze della crisi coniugale] non hanno fatto testualmente alcun cenno.
In tema di interpretazione del contratto, infatti, il criterio ermeneutico del comportamento delle parti successivo alla conclusione del contratto ex art. 1362 c.c. ha rilievo meramente sussidiario e, pertanto, di esso non può tenersi conto quando la volontà effettiva dei contraenti risulta chiara dal senso letterale delle parole.
[Essendo pacifico il mancato incasso dell’assegno e, di conseguenza, l’inadempimento dell’obbligo di pagamento del prezzo delle partecipazioni sociali, il Tribunale ha risolto il contratto di compravendita e condannato l’acquirente a restituire la quota al venditore].
La clausola di esclusiva nei contratti di distribuzione e negli accordi intercorrenti tra soggetti posti a differenti livelli della catena produttivo-distributiva
La clausola di esclusiva (frequentemente apposta nei contratti di distribuzione e negli accordi intercorrenti tra soggetti posti a differenti livelli della catena produttivo-distributiva), nella sua forma bilaterale o reciproca, consiste, da una parte, nell’impegno per il produttore/fornitore di non conferire contemporaneamente a più distributori l’incarico di trattare i propri prodotti in una determinata zona e, dall’altra, nell’impegno per il distributore di non trattare nella zona prodotti concorrenti. I reciproci vincoli si estendono altresì alla commercializzazione diretta di prodotti da parte del produttore/fornitore e alla produzione di prodotti concorrenti da parte del distributore.
Lo scopo della clausola di esclusiva è quello di garantire alle parti un più stretto vincolo di collaborazione, al fine di assicurare una miglior distribuzione dei prodotti e il successo delle attività imprenditoriali di ciascuna di esse. Una simile pattuizione costituisce, allo stesso tempo, un incentivo all’integrazione e una limitazione della concorrenza, impegnandosi entrambe le parti a limitare la propria libertà di iniziativa economica, per un determinato periodo di tempo e all’interno di una certa zona.
Stante il carattere accessorio della clausola di esclusiva e la pervasività che una simile clausola ha nei rapporti obbligatori tra le parti, la stessa deve trovare adeguata ed esplicita trattazione all’interno del testo contrattuale, dovendo essere previsti, in modo inequivoco, i tempi e le modalità esecutive da adottare al fine di garantire un celere passaggio nella commercializzazione dei prodotti tra le due società, così da scongiurare il rischio, per entrambe le parti, di subire perdite sul mercato. In tale contesto, anche l’analisi del comportamento delle parti successivo alla stipulazione dei contratti (ad esempio, una fitta corrispondenza intercorsa tra le medesime) può indurre ad escludere l’esistenza di un diritto di esclusiva.
Principi in tema di risoluzione per inadempimento e collegamento contrattuale
Accordo transattivo e liti pregresse relativi ai rapporti sociali
In un giudizio avente ad oggetto l’azione di responsabilità per condotte distrattive nei confronti dell’ex socio-amministratore di società agricola semplice, il perimetro dell’accordo transattivo – intervenuto precedentemente tra le parti – non si estende per tabulas alla facoltà delle parti di agire o proseguire eventuali liti già intraprese sorrette da altre causae petendi diverse, relative ai rapporti sociali intercorsi nell’ambito dell’omonima società di famiglia.
La non cedibilità dell’autorizzazione amministrativa per l’esercizio dell’attività
Le autorizzazioni amministrative, relative allo svolgimento di determinate attività, hanno carattere personale e come tali non sono riconducibili ai beni che compongono l’azienda, né possono essere cedute. Pertanto, le espressioni con le quali, nei negozi relativi alla cessione di azienda, si dichiari che il venditore cede le relative licenze commerciali vanno intese nel senso più limitato dell’assunzione di un obbligo a rinunciare alle medesime e a non opporsi alla concessione di una nuova licenza in capo al nuovo titolare dell’azienda. La rinuncia all’autorizzazione amministrativa da parte del venditore, dunque, costituisce il mezzo per rendere possibile l’ottenimento dell’autorizzazione per il lecito esercizio dell’attività acquistata dall’acquirente.
Cessione del ramo d’azienda, sviamento di clientela e storno di dipendenti tra società assicurative
La natura della clausola di earn-out e la conseguente insussistenza di un obbligo legale di rinegoziazione.
Le clausole di earn-out sono clausole atipiche di fonte esclusivamente convenzionale: pertanto, essendo originate dall’esercizio dell’autonomia privata delle parti ed in assenza di diretti riferimenti normativi, devono essere interpretate dal Giudice nel rigoroso rispetto del regolamento d’interessi trasfuso dalle parti nella disciplina contrattuale, in applicazione dei principi ex artt. 1362 ss. c.c. Ciò trova, peraltro, un ulteriore riscontro nella natura ontologicamente aleatoria del meccanismo stesso dell’earn-out, alla stregua del quale l’an e il quantum dell’obbligazione di pagamento del segmento di prezzo supplementare sono influenzati dal verificarsi di condizioni o eventi incerti, specificatamente individuati dalle parti nell’accordo di cessione parziale o totale di partecipazioni sociali, al verificarsi dei quali opera tale clausola.
Nel caso di specie, con riferimento all’avveramento di un rischio espressamente preso in considerazione dalle parti nella formulazione di una clausola di earn-out inserita in un Accordo Quadro relativo alla cessione di partecipazioni in una società a responsabilità limitata, il Tribunale ha rilevato l’insussistenza di un obbligo di rinegoziazione della suddetta clausola ex artt. 2 Cost., 1175 e 1375 c.c., non essendo tale obbligo testualmente previsto dal contratto. Dunque, illegittima è apparsa la richiesta di parte attrice di invocare l’inadempimento di un obbligo legale di rinegoziazione del contratto al solo fine di sottrarsi al fisiologico verificarsi di una delle condizioni al cui verificarsi è subordinata l’operatività della clausola di earn-out. [Nello specifico, la clausola di earn-out concerneva la possibilità – poi effettivamente realizzatasi – per una delle parti di farsi riconoscere una somma significativamente minore rispetto a quella originariamente pattuita nella suddetta clausola, mediante un successivo accordo transattivo con le controparti pubbliche e secondo termini non manifestamente irragionevoli né contrari a buona fede].