Art. 1375 c.c.
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Responsabilità degli amministratori di s.r.l. e diritto/obbligo di informazione ex art. 2476, co. 2 c.c.
In tema di responsabilità degli amministratori, nonostante il silenzio dell’art. 2476 c.c. circa il grado di diligenza richiesto, si ritiene ormai pacificamente che, come per gli amministratori di s.p.a. (art. 2392 c.c.), anche per quelli di s.r.l. debba farsi riferimento alla diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle specifiche competenze possedute, la quale [ LEGGI TUTTO ]
É illecito lo sfruttamento del rapporto creatosi con i clienti di un partner commerciale per sottrarli al medesimo
Costituisce violazione della buona fede contrattuale ed una condotta concorrenziale illecita ex art. 2598 3°c.c. la condotta di chi, mentre viene pagato dal proprio partner commerciale per lavorare presso alcuni clienti di quest’ultimo, si serva del contatto venutosi, necessariamente, a creare con costoro e della possibilità di continuare a frequentarli, per sottrarre quei clienti al predetto suo partner onde generare un avviamento (acquisendo quei clienti al proprio portafoglio) la cui creazione secondo una condotta corretta avrebbe necessitato di assai più tempo.
Obblighi degli amministratori e azioni di responsabilità ex artt. 2394 c.c. e 146 l.fall.
L’azione spettante ai creditori sociali ai sensi dell’art. 2394 c.c. costituisce conseguenza dell’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale e presuppone l’assenza di un preesistente vincolo obbligatorio tra le parti ed un comportamento dell’amministratore funzionale ad una diminuzione del patrimonio sociale di entità tale da rendere lo stesso inidoneo per difetto ad assolvere la sua funzione di garanzia generica (art. 2740 c.c.), con conseguente diritto del creditore sociale di ottenere, a titolo di risarcimento, l’equivalente della prestazione che la società non è più in grado di compiere.
Seppure la sola azione sociale di responsabilità si prescrive nel termine di cinque anni dalla cessazione dell’amministratore dalla carica, rimanendo la prescrizione sospesa finché questi ricopre il suo ufficio, ai sensi dell’art. 2941, n. 7, c.c., nel caso di esercizio cumulativo di detta azione con quella prevista dall’art. 2394 c.c., il curatore può beneficiare del più ampio termine prescrizionale consentitogli da quest’ultima azione, atteso il carattere di unitarietà ed inscindibilità della domanda proposta.
L’azione di responsabilità ex art. 2394 c.c. è diretta alla reintegrazione del patrimonio della società fallita, visto unitariamente come garanzia e dei soci e dei creditori sociali; essa sorge, ai sensi del secondo comma dell’articolo citato, non al tempo dei fatti costituenti violazione degli obblighi incombenti ad amministratori e liquidatori, bensì nel momento in cui il patrimonio sociale risulti insufficiente al soddisfacimento dei creditori della società e si trasmette al curatore nel caso di fallimento sopravvenuto. Da ciò deriva che la prescrizione quinquennale, di cui all’art. 2949, co. 2, c.c., decorre dal momento in cui si verifica l’insufficienza del patrimonio sociale: momento che, non coincidendo necessariamente con il determinarsi dello stato di insolvenza, può essere anteriore o posteriore alla dichiarazione di fallimento. Tuttavia, al fine di costituire il momento iniziale di decorrenza della prescrizione, l’insufficienza in argomento – intesa come eccedenza delle passività sulle attività del patrimonio netto dell’impresa o insufficienza dell’attivo sociale a soddisfare i debiti della società – deve presentarsi come oggettivamente conoscibile dai relativi creditori.
La diligenza richiesta agli amministratori è espressione del fondamentale dovere di correttezza e buona fede richiamato in termini generali dagli artt. 1175 e 1375 c.c. Nel caso degli amministratori di società, come in tutti i casi di gestione di interessi altrui, tale dovere assume, ancor più che altrove, i caratteri del dovere di protezione dell’altrui sfera giuridica: il dovere di prendersi cura dell’interesse di colui (individuo o ente) che ha incaricato il gestore dell’amministrazione delle proprie attività e, per ciò stesso, lo ha investito di un compito con indubbie connotazioni fiduciarie. L’attività degli amministratori, traducendosi nella gestione di un’impresa commerciale cui è connaturato il carattere professionale dell’esercizio di un’attività economica organizzata (art. 2082 c.c.), assume dunque i colori della professionalità che naturalmente si riverberano anche sul parametro della diligenza. Ciò implica anche la centralità che nell’operato dell’amministratore assume il profilo della fedeltà all’interesse della società da lui amministrata. È suo dovere primario di perseguire tale interesse, sicché ogni sua azione od omissione che sia invece diretta a realizzare un interesse diverso, ed in contrasto con quello, si configura immancabilmente come violazione del dovere di fedeltà immanente alla carica. In altre parole, l’amministratore ha solo il dovere di gestire l’impresa sociale e, più in generale, di agire con la dovuta diligenza: non ha, al contrario, l’obbligo di amministrare la società con successo economico.
La irregolare tenuta delle scritture contabili, in assenza di ulteriori e specifiche deduzioni, pur integrando una violazione agli obblighi gravanti sull’amministratore, è priva di autonoma efficacia causale rispetto ai danni al patrimonio sociale. Non può ricollegarsi alla non corretta tenuta della contabilità sociale un danno parametrato alla intera differenza tra attivo e passivo fallimentare (criterio c.d. del deficit fallimentare).
Uso di informazioni oggetto del contratto di licenza di un software
Non integra di per sé una condotta illecita l’utilizzazione da parte della licenziante di un software dei dati relativi alla clientela a cui era stato installato il software stesso, qualora manchi il presupposto [ LEGGI TUTTO ]
Responsabilità per illecito antitrust: prescrizione e azione di seguito
Appartengo alla giurisdizione del Giudice ordinario ed in particolare alla sezione specializzata in materia d’Impresa quelle domande di risarcimento del danno cagionato dalla violazione della normativa antitrust dell’unione Europea e di quella nazionale, nonché quelle domande di risarcimento di natura contrattuale attinenti alla pretesa violazione di norme imperative e degli obblighi di buona fede e di protezione dell’altro contraente. [ LEGGI TUTTO ]
Giudizi in materia di antitrust: efficacia del provvedimento sanzionatorio emesso dall’AGCM nella successiva controversia civile e prescrizione del diritto al risarcimento del danno lungolatente
In riferimento ad un giudizio instaurato, ai sensi dell’art. 33, comma 2, L. 287/90 per il risarcimento dei danni derivanti da intese restrittive della libertà di concorrenza, pratiche concordate o abuso di posizione dominante, la delibera assunta dall’AGCM, nonché le decisioni dei giudici amministrativi che eventualmente abbiano confermato o riformato quelle decisioni, costituiscono, in relazione all’autorevolezza [ LEGGI TUTTO ]
Valore probatorio delle sanzioni antitrust nel giudizio civile
Nell’ambito del giudizio civile instauratosi successivamente all’irrogazione di una sanzione da parte dell’AGCM per violazione della disciplina a tutela delle concorrenza (fattispecie di abuso di posizione dominante) la delibera assunta dall’AGCM, nonché le decisioni di conferma o riforma dei giudici amministrativi, costituiscono, in relazione all’autorevolezza dell’organo da cui promanano e agli strumenti e modalità di indagine poste in atto dalla medesima Autorità, una prova particolarmente qualificata. Tale efficacia probatoria deve intendersi limitata all’accertamento della posizione rivestita sul mercato dalla società indagata, alla qualifica di tale posizione come dominante, alla sussistenza del comportamento accertato e alla sua qualificazione come abuso di posizione dominante, senza dunque estendersi altresì anche all’accertamento di tutti gli ulteriori elementi necessari alla liquidazione del risarcimento dei danni a favore delle vittime (sussistenza dei danni, nesso di causalità, quantificazione del risarcimento, analisi delle diverse componenti del danno ecc.).
Abuso di minoranza e onere della prova
Qualora venga eccepita la natura abusiva dell’esercizio, da parte della minoranza, delle prerogative statutarie riconosciutele, è onere della società dimostrare la strumentalità di siffatto esercizio e, quindi, di provare che la minoranza ha agito allo scopo di ledere [ LEGGI TUTTO ]
Trattative negoziali nella compravendita di quote sociali e responsabilità precontrattuale
Il Tribunale, dopo aver escluso l’esistenza di un obbligo in ordine alla conclusione dell’operazione di compravendita di quote – alla stregua della letterale formulazione dell’offerta nel caso di specie – ha ritenuto di non ravvisare gli estremi della mala fede nell’abbandono delle trattative da parte dei convenuti. [ LEGGI TUTTO ]
Procedimenti cautelari, rapporto di garanzia e regolazione delle spese processuali
Nel caso in cui, nel contesto di un contratto di cessione di quote di S.r.l., la società venditrice si obblighi a garantire la società c.d. “target” ovvero l’acquirente ovvero per eventuali sanzioni comminate all’esito di una ispezione fiscale, l’adesione alla “rottamazione” da parte della società garantita non costituisce concorso colposo del creditore ai sensi dell’art. 1227 c.c., tranne nel caso in cui venga accertata la negligenza o la volontà di recare danno alle ragioni della controparte contrattuale. Se così non fosse vi sarebbe una eccessiva compressione della capacità decisoria della garantita, incompatibile con il canone della buona fede contrattuale [nel caso di specie il Tribunale ha rilevato l’insussistenza del concorso colposo della garantita perché, pur in pendenza di un giudizio di accertamento della legittimità delle contestazioni davanti alla Corte di Cassazione, vi era motivo di ritenere che l’Amministrazione potesse dar avvio alle procedure di recupero del credito, visto il rigetto dell’istanza di sospensione dell’esecutorietà della decisione di secondo grado].
La misura cautelare del sequestro conservativo ex art. 671 c.p.c. ben può essere emessa anche a tutela di crediti non immediatamente esigibili.
In caso di arbitrato, le spese del procedimento cautelare vanno regolate all’esito dello stesso procedimento – ancorché si esuli dall’ipotesi espressamente prevista ex art.669-septies c.p.c. di rigetto ante causam dell’istanza cautelare – perché la scissione tra la cognizione cautelare (propria del Tribunale) e quella di merito (propria degli arbitri) rende l’ordinanza cautelare il provvedimento conclusivo del procedimento di cui è stato investito il Tribunale.