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Art. 1417 c.c.
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28 Marzo 2024

Simulazione del prezzo in un contratto di cessione di partecipazioni

In ossequio alla regola di cui all’art. 1417 c.c., le regole probatorie richiedono alle parti, qualora vogliano sostenere il contenuto simulatorio di un atto, in mancanza di allegazione dell’illeceità del negozio dissimulato, una controdichiarazione scritta che ne accerti la reale natura, non essendo allo scopo sufficienti né prove orali né argomenti di prova presuntivi.

I diversi finanziamenti soci effettuati a favore della società fallita non possono giustificare a valle, mediante compensazione, il mancato pagamento di un debito personale tra soci, pur relativo all’acquisizione delle quote sociali.

Non vi sono ostacoli giuridici alla scelta delle parti di creare volontariamente un vincolo solidale, purché sussista un nesso di cointeressenza tra le diverse posizioni dei condebitori, tutte funzionali a realizzare il medesimo interesse creditorio: la solidarietà in tali casi sopravviene, in virtù di scelta volontaria, ad un’obbligazione già esistente che non sia solidale.

8 Febbraio 2024

La prova della simulazione

In tema di contratto simulato, se il negozio è stato redatto per iscritto, tra le parti trova applicazione la regola generale della limitazione dell’ammissibilità della prova testimoniale; ne consegue che la prova della simulazione, sia essa assoluta o relativa, può essere data soltanto mediante controdichiarazione. La simulazione presuppone la partecipazione di tutti i soggetti che hanno partecipato all’accordo simulatorio e la prova della simulazione va fornita con la controdichiarazione, vietando l’art. 1417 c.c. la prova per testi o per presunzioni; la prova per testimoni o presuntiva è ammissibile qualora la simulazione sia diretta a far valere l’illiceità del contratto dissimulato.

4 Gennaio 2024

Prova per presunzioni dell’accordo simulatorio

Il contratto simulato si presenta come uno schema negoziale i cui effetti giuridici tipici sono meramente apparenti, perché in realtà non voluti dalle parti in tutto (in caso di simulazione assoluta) o in parte (in caso di simulazione relativa). Alla base di tale contratto vi è l’accordo simulatorio, ossia il patto in virtù del quale il contratto simulato deve rimanere privo degli effetti suoi propri ovvero produrne diversi, di talché, seppure all’esterno il quadro giuridico deve apparire mutato, nei rapporti effettivi tra le parti tali effetti non devono considerarsi prodotti, in tutto o in parte ovvero devono essere prodotti in maniera difforme dal contratto apparente.

L’accordo simulatorio può essere provato per presunzioni che devono essere gravi precise e concordanti. La gravità è ravvisabile per il grado di convincimento che la presunzione è idonea a produrre a fronte di un fatto ignoto, la cui esistenza deve poter essere dimostrata in termini di ragionevole certezza; il requisito della precisione impone che i fatti noti e l’iter logico del ragionamento probabilistico siano ben determinati nella loro realtà storica; il requisito unificante della concordanza richiede che il fatto ignoto sia di regola desunto da una pluralità di fatti noti gravi e precisi, univocamente convergenti nella dimostrazione della sua sussistenza.

Una presunzione giuridicamente valida non può fondarsi su dati meramente ipotetici, ma, trattandosi di una deduzione logica, deve essere desunta da fatti certi sulla base di massime di esperienza o dell’id quod plerumque accidit; al contrario, la congettura è una mera supposizione che si ricava da fatti incerti in via di semplice ipotesi.

28 Aprile 2023

Simulazione di un atto di conferimento in sede di costituzione della società

Ai sensi degli artt. 1414 ss. c.c., la simulazione è un fenomeno di c.d. apparenza giuridica, in base al quale le parti pongono in essere un negozio giuridico (atto simulato) del quale non vogliono alcun effetto – per il caso di simulazione assoluta – o del quale vogliono effetti diversi, riconducibili ad altro negozio giuridico (negozio dissimulato), in ipotesi di simulazione relativa. Con l’accordo simulatorio, dunque, i contraenti stabiliscono che l’atto posto in essere non produrrà effetti nei loro confronti o ne produrrà di diversi, propri di un differente assetto negoziale, del quale devono essere rispettati gli eventuali requisiti formali imposti ex lege. Il contratto simulato, dunque, è destinato a creare l’apparenza giuridica di conformità tra il dichiarato e voluto unicamente nei confronti dei terzi estranei al rapporto, ai quali, se in buona fede, la simulazione non potrà essere opposta. Tra le parti, invece, salvo l’ipotesi di illiceità del contratto dissimulato (il negozio realmente voluto), la simulazione potrà essere provata esclusivamente tramite la c.d. controdichiarazione, di cui all’art. 1417 c.c., consistente in un documento di riconoscimento della simulazione, ossia dell’accordo simulatorio.

In caso di aumento di capitale sociale, ancorché con la partecipazione del rappresentante legale dell’ente previa delega da parte dell’assemblea, l’eventuale simulazione dell’atto di conferimento non può essere opposta alla società di capitali, avente propria personalità giuridica e, dunque, da ritenersi terza alla simulazione. Ugualmente deve concludersi nell’ipotesi di un conferimento effettuato all’atto di costituzione di una s.r.l., che non ha visto la partecipazione della società conferitaria, la quale senz’altro deve dirsi terza estranea all’accordo simulatorio intercorso tra i conferenti, al più qualificabile come patto parasociale. Sul punto, infatti, il conferimento di beni va inteso come atto traslativo a titolo oneroso, dacché comporta il trasferimento dei beni che ne formano oggetto nel patrimonio dal patrimonio del conferente a quello della società conferitaria, che è soggetto terzo, distinto dalle persone dei soci. E ciò anche in un’ottica di tutela dell’interesse generale dei creditori sociali e dei terzi, i quali subirebbero un pregiudizio se fosse possibile per i soci pretendere la restituzione dell’oggetto del conferimento asseritamente simulato, a seguito della dichiarazione di simulazione dello stesso.

24 Aprile 2023

L’onere della prova della simulazione del contratto di cessione di partecipazioni

Per il principio generale contenuto nell’art. 2697 c.c., secondo il quale chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento, l’onus probandi nella simulazione incombe a chi, parte contraente, erede o avente causa di esso, creditore o terzo, ne allega l’esistenza. In materia di simulazione, diverso è il regime della prova, a seconda che la domanda sia proposta dai contraenti ovvero da terzi. Invero, a norma dell’art. 1417 c.c., la prova per testimoni della simulazione è ammissibile senza limiti, se la domanda è proposta da creditori o da terzi, e, qualora sia diretta a far valere l’illiceità del contratto dissimulato, anche se è proposta dalle parti. Se la domanda è, dunque, proposta da una delle parti, la dimostrazione della simulazione incontra gli stessi limiti della prova testimoniale di cui agli artt. 2721 ss. c.c., poiché le parti hanno la possibilità e l’onere di munirsi delle controdichiarazioni.

27 Gennaio 2023

Società di fatto e prova della simulazione del contratto di trasferimento di quote

Ricorre la fattispecie della società di fatto, vale a dire quella società il cui contratto non è formato da una manifestazione di volontà espressa, ma da una manifestazione tacita di volontà, quando tra due o più soggetti, in mancanza della formalizzazione dell’accordo, si costituisce il vincolo sociale, manifestato attraverso un comportamento concludente consistente nell’esercizio in comune di un’attività economica al fine di dividerne gli utili e con l’assunzione delle responsabilità inerenti. Quel che caratterizza la società di fatto e la differenzia dalla società irregolare non è, dunque, la mancanza del contratto sociale, ma il modo in cui questo si manifesta e si esteriorizza; esso, infatti, può essere stipulato anche tacitamente, e risultare da manifestazioni esteriori dell’attività di gruppo, quando esse, per la loro sintomaticità e concludenza, evidenzino l’esistenza della società (in tal senso, ex plurimis, Cass., 22 febbraio 2000, n. 1961; Cass., 25 febbraio 2010, n. 4588).

In tema di prova della simulazione di un contratto di trasferimento di quote di partecipazione in una società, il quale non richiede la forma scritta “ad substantiam” o “ad probationem”, le limitazioni poste, nei rapporti tra le parti contraenti, dall’art. 1417 c.c., riguardano soltanto la prova testimoniale (e, correlativamente, quella per presunzioni), sicché, nel rapporto tra le parti, si potrà invocare la prova per testimoni o per presunzioni, sia quando la prova venga richiesta per dimostrare l’illiceità del contratto dissimulato ex art. 1417 c.c. , sia quando ricorra una delle condizioni prescritte dall’art. 2724 c.c. (principio di prova per iscritto, impossibilità morale o materiale di procurarsi il documento e perdita incolpevole del documento), che costituiscono eccezioni al divieto di prova testimoniale del patto aggiunto o contrario al contenuto del documento simulato, per il quale si alleghi che la stipulazione è stata anteriore o contestuale ex art. 2722 c.c.

27 Gennaio 2023

Società di fatto e prova della simulazione del contratto di trasferimento di quote

Ricorre la fattispecie della società di fatto, vale a dire quella società il cui contratto non è formato da una manifestazione di volontà espressa, ma da una manifestazione tacita di volontà, quando tra due o più soggetti, in mancanza della formalizzazione dell’accordo, si costituisce il vincolo sociale, manifestato attraverso un comportamento concludente consistente nell’esercizio in comune di un’attività economica al fine di dividerne gli utili e con l’assunzione delle responsabilità inerenti. Quel che caratterizza la società di fatto e la differenzia dalla società irregolare non è, dunque, la mancanza del contratto sociale, ma il modo in cui questo si manifesta e si esteriorizza; esso, infatti, può essere stipulato anche tacitamente, e risultare da manifestazioni esteriori dell’attività di gruppo, quando esse, per la loro sintomaticità e concludenza, evidenzino l’esistenza della società (in tal senso, ex plurimis, Cass., 22 febbraio 2000, n. 1961; Cass., 25 febbraio 2010, n. 4588).

In tema di prova della simulazione di un contratto di trasferimento di quote di partecipazione in una società, il quale non richiede la forma scritta “ad substantiam” o “ad probationem”, le limitazioni poste, nei rapporti tra le parti contraenti, dall’art. 1417 c.c., riguardano soltanto la prova testimoniale (e, correlativamente, quella per presunzioni), sicché, nel rapporto tra le parti, si potrà invocare la prova per testimoni o per presunzioni, sia quando la prova venga richiesta per dimostrare l’illiceità del contratto dissimulato ex art. 1417 c.c. , sia quando ricorra una delle condizioni prescritte dall’art. 2724 c.c. (principio di prova per iscritto, impossibilità morale o materiale di procurarsi il documento e perdita incolpevole del documento), che costituiscono eccezioni al divieto di prova testimoniale del patto aggiunto o contrario al contenuto del documento simulato, per il quale si alleghi che la stipulazione è stata anteriore o contestuale ex art. 2722 c.c.

20 Dicembre 2022

All’azzeramento del capitale, è necessario annullare le azioni in circolazione prima di ricapitalizzare

Al momento dell’azzeramento del capitale sociale per perdite, l’operazione attraverso la quale l’assemblea straordinaria procede ad un aumento di capitale, senza prima annullare le azioni in circolazione, è contra legem in quanto contraria alle prescrizioni dell’art. 2447 c.c.

Nell’ambito di operatività della fictio di avveramento della condizione per condotta contraria a buona fede, se invocata dalla difesa del convenuto, l’art. 1359 c.c. consente eccezionalmente il compiersi degli effetti giuridici dedotti in contratto, in assenza dell’avveramento della condizione, solo qualora la condotta contraria a buona fede sia addebitabile alla parte che aveva interesse contrario all’avveramento.

Eccezione di postergazione del finanziamento soci opposta dalla società espromittente

La clausola, contenuta in un contratto di cessione di quote, per cui la società acquirente si impegna a rimborsare al venditore, entro una certa data, il suo finanziamento alla società ceduta, non può essere dichiarata nulla per difetto del requisito di determinatezza. Se, difatti, l’oggetto dell’obbligazione si identifica nelle prestazioni che le parti sono vincolate ad eseguire, e questo si ritiene determinato laddove sia chiaro alle parti ciò a cui si obbligano, allora deve asserirsi che la clausola dia forma ad un’obbligazione avente ad oggetto una prestazione di dare una somma di denaro, determinata in quanto comprensibile alle parti, oltre che eseguibile mediante un procedimento di mera attuazione (senza, cioè, necessità di alcuna integrazione).

La clausola produce effetti da inquadrarsi nel genus delle modificazioni del lato passivo del rapporto obbligatorio e, specificatamente, nella fattispecie dell’espromissione, descritta dall’art. 1272 c.c. L’espromissione prende forma in un contratto fra il creditore espromissario ed un terzo espromittente, per il tramite del quale quest’ultimo spontaneamente si impegna, nei confronti del primo, a pagare un preesistente debito dell’obbligato originario espromesso, dovendo escludersi che siano giuridicamente rilevanti i motivi che hanno determinato l’intervento dell’espromittente. L’espromissione si differenzia dall’accollo, disciplinato dall’art. 1273 c.c.,  per la totale estraneità all’operazione negoziale del debitore originario espromesso. Nello schema dell’espromissione, il terzo espromittente subentra nella stessa posizione del debitore originario, potendo opporre al creditore  le eccezioni (c.d. comuni) che a quest’ultimo avrebbe potuto opporre il debitore originario, con esclusione delle eccezioni c.d. personali e di quelle che derivano da fatti successivi all’espromissione (art. 1272, comma 3, c.c.).

L’eccezione di postergazione pare rientrare tra quelle c.d. personali, essendo basata su atti e fatti strettamente dipendenti dalla natura di persona giuridica del soggetto finanziato, dalla sua situazione patrimoniale al tempo dei conferimenti posti in essere in suo favore, dal particolare rapporto giuridico di natura societaria esistente tra autore e destinatario del finanziamento. Non potendosi dunque ricomprendere l’eccezione in questione tra quelle c.d. comuni, ne discende che esclusivamente la società che ha contratto il finanziamento soci potrebbe astrattamente opporre al creditore la natura postergata del credito; tale facoltà non è invece riconoscibile in capo alla società espromittente.

Alla stessa conclusione si perviene avendo riguardo anche alla ratio sottesa all’istituto della postergazione, che è quella di conservare l’apporto economico dei soci a servizio dell’attività svolta dall’impresa sociale, al fine di evitare che il rischio correlato all’impresa, priva di adeguati mezzi propri, sia posto a carico dei creditori esterni alla società. Per il tramite dell’art. 2467 c.c., laddove ricorrano le condizioni dettagliate dal comma 2, si persegue l’intento di preferire, in sede di soddisfacimento del credito, i creditori sociali ai soci finanziatori, derivandone che i secondi possono essere rimborsati esclusivamente dopo il completo soddisfacimento dei primi. Al contrario, in relazione all’adempimento, da parte di un terzo, dell’obbligazione di rimborso del finanziamento eseguito dal socio, non si pone alcuna esigenza di salvaguardia del patrimonio della società beneficiaria – di fatto estranea al suddetto rapporto obbligatorio – a fini di tutela dei creditori sociali di quest’ultima, cosicché l’applicazione al caso di specie della disposizione di cui all’art. 2467 c.c. non presenta alcuna effettiva ragion d’essere.

Sequestro giudiziario di quote sociali e simulazione del contratto di cessione

Il sequestro giudiziario è ammissibile tutte le volte che ricorra la necessità di garantire l’attuazione di futuri provvedimenti di tutela giurisdizionale, tenuto conto della particolare correlazione esistente tra l’oggetto del sequestro e l’oggetto della pretesa che viene dedotta nel giudizio di merito. In ordine al fumus boni juris della domanda di sequestro, si richiede l’esistenza di una controversia, intesa come esperimento attuale o potenziale (e quindi anche mero contrasto di interessi, senza necessità della pendenza di una lite) di un’azione tipicamente prevista a difesa della proprietà o del possesso (cd. jus in re), nonché di ogni altra azione, anche di natura personale, da cui possa scaturire una pronuncia di condanna alla restituzione o al rilascio della cosa da altri detenuta. In merito al periculum, il giudice può autorizzare il sequestro giudiziario ove sussista il timore che la durata del processo possa incidere sulla conservazione del bene, dovendosi, peraltro, precisare che la nozione di conservazione nel sequestro giudiziario, a differenza di quanto accade per il sequestro conservativo, non si sostanzia necessariamente nel pericolo, concreto ed attuale, di sottrazione o alterazione del bene, essendo invece sufficiente, ai fini della opportunità della cautela, che lo stato di fatto esistente in pendenza del giudizio comporti la mera possibilità, sia pure astratta, che si determini una situazione tale che, al termine della lite, la parte istante, ove risulti essere vittoriosa, non riuscirebbe ad ottenere il vantaggio spettante, vedendo così pregiudicata l’attuazione del diritto controverso.

Al fine di ritenere integrati gli estremi della simulazione assoluta di un negozio, non è sufficiente la prova della causa simulandi ma è necessario provare specificatamente la natura meramente apparente del contratto.

In tema di prova per presunzioni della simulazione assoluta del contratto, spetta al giudice del merito apprezzare l’efficacia sintomatica dei singoli fatti noti, che devono essere valutati non solo analiticamente ma anche nella loro convergenza globale, all’esito di un giudizio di sintesi di una pluralità di elementi gravi, precisi e concordanti.

La curatela fallimentare assume una posizione di terzietà, ai sensi dell’art. 1417 c.c., in relazione al negozio simulato concluso dal fallito e che si intende inficiare : quindi essa può fornire prova dell’avvenuta simulazione con ogni mezzo ed anche mediante il ricorso a indizi e presunzioni.

Ai fini della prova della simulazione assoluta della cessione di quote di s.r.l., costituiscono indizi precisi e concordanti: a) i rapporti di parentela sussistenti fra le parti del contratto; b) il mancato versamento del corrispettivo al momento della stipula; c) l’irrisorietà del prezzo pattuito, rispetto al valore effettivo; d) la circostanza che l’amministrazione sia rimasta affidata ai cedenti; e) il forte indebitamento dei cedenti; f) la giovane età dei cessionari.

L’onere della prova dell’avvenuto pagamento del prezzo di acquisto incombe sul convenuto e non può ritenersi soddisfatto dalla semplice dichiarazione relativa al versamento del prezzo contenuta nel rogito notarile.