Art. 2214 c.c.
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Azione di responsabilità del curatore fallimentare nei confronti degli amministratori di s.r.l.
Quando l’amministratore sia inadempiente degli obblighi fiscali formali e sostanziali che gravano sulla società amministrata e tale inadempimento abbia determinato l’irrogazione di sanzioni a carico della società, egli risponde verso la società stessa del pregiudizio che il suo comportamento le ha causato. Tale pregiudizio è pari all’ammontare di sanzioni, interessi e aggi, non rispondendo l’amministratore per l’omesso pagamento del debito per l’imposta, che è in ogni caso imputabile soltanto alla società.
Responsabilità dell’amministratore e criteri di quantificazione del danno
Nell’ambito di un’azione per sequestro conservativo ex art. 671 c.p.c., il periculum in mora deve essere fondato – cioè supportato dalla presenza o da elementi oggettivi, concernenti la capacità patrimoniale del debitore in rapporto all’entità del credito, oppure da elementi soggettivi, rappresentati dal comportamento del debitore, il quale lasci fondatamente presumere che, al fine di sottrarsi all’adempimento, ponga in essere atti dispositivi idonei a provocare l’eventuale depauperamento del suo patrimonio – nonché riferito alla perdita della garanzia del credito e quindi all’eventualità che detto patrimonio subisca alterazioni tali da compromettere, in caso di inadempimento, la realizzazione coattiva del credito.
Nell’ambito di un’azione risarcitoria promossa contro un amministratore, in punto di quantificazione del danno, il criterio della differenza tra attivo e passivo fallimentare è applicabile quando la mancanza delle scritture contabili o l’insufficienza delle stesse sia addebitale al gerente. Qualora la mancanza delle scritture contabili sia invece imputabile al fallimento attore che ha mancato di produrle in giudizio, il danno è quantificabile secondo il criterio dei netti patrimoniali.
Sul principio di solidarietà fra cedente e cessionario d’azienda ex art. 2560 c.c.
Il principio di solidarietà fra cedente e cessionario, fissato dall’art. 2560 c.c. con riferimento ai debiti inerenti all’esercizio dell’azienda ceduta anteriori al trasferimento, principio condizionato al fatto che essi risultino dai libri contabili obbligatori, deve essere applicato tenendo conto della “finalità di protezione” della disposizione, finalità che consente all’interprete di far prevalere il principio generale della responsabilità solidale del cessionario ove venga riscontrato, da una parte, un utilizzo della norma volto a perseguire fini diversi da quello per i quali è stata introdotta, e, dall’altra, un quadro probatorio che, ricondotto alle regole generali fondate anche sul valore delle presunzioni, consenta di fornire una tutela effettiva al creditore che deve essere salvaguardato. La disciplina dettata dall’art. 2560 c.c., co. 2, va letta, e interpretata, secondando la sua funzione primaria, che è di tutelare non già il cessionario – che appunto si avvale (già) del limite della conoscenza dell’esistenza del debito -, bensì i creditori che, sul compendio aziendale poi fatto oggetto di cessione, hanno fatto riferimento.
Le limitazioni poste dall’art. 2556, co. 1 c.c. circa le modalità con cui può essere provata per legge una cessione d’azienda – ovvero esclusivamente mediante prova scritta – riguardano solo i rapporti tra cedente e cessionario, non potendo invece trovare applicazione nei confronti dei terzi, i quali sono ammessi a fornire la prova di un tale negozio anche a mezzo di presunzioni e testimonianze.
Principi in tema di abbandono della domanda, responsabilità dell’amministratore, efficacia probatoria delle scritture contabili
Se, dalla valutazione complessiva del comportamento processuale di parte attrice, deve desumersi la rinuncia tacita alla domanda proposta nei confronti di parte convenuta, derivandosi la chiara – ancorché implicita – volontà di abbandonare la domanda stessa, si deve ritenere che l’abbandono della domanda equivale a rinuncia dell’azione che, diversamente dalla rinuncia agli atti del giudizio, non richiede l’accettazione della controparte né l’adozione di particolari formalità, se non (nell’ipotesi di rinuncia integrale alla pretesa azionata nei confronti del convenuto) il rilascio al difensore di un mandato che gli consenta anche di disporre del diritto sostanziale.
La responsabilità dell’amministratore nei confronti della società fallita ha natura indiscutibilmente contrattuale e, quindi, una volta delineata dal Curatore la violazione, da parte del convenuto, dell’obbligo fondamentale della destinazione all’impiego sociale delle risorse derivanti dall’attività di impresa mediante prelievi ingiustificati analiticamente indicati, è onere dell’amministratore dimostrare di aver esattamente adempiuto al suo mandato, provando la destinazione specifica di ciascun prelievo.
Le scritture contabili redatte dall’organo amministrativo, ivi compresi i c.d. “mastrini” che raccolgono le annotazioni dei singoli conti corrispondenti ai diversi rapporti intrattenuti dalla società, fanno prova contro l’amministratore per il semplice fatto che ne è l’autore e che è gravato dall’obbligo specifico della loro esatta e corretta tenuta; costituiscono efficaci elementi di prova, quindi, non solo le annotazioni contabili a lui sfavorevoli ma anche le eventuali “omissioni” o erronee appostazioni, che, comunque, si traducono nella violazione dell’obbligo di regolare tenuta delle scritture contabili.
Sul diritto di informazione e consultazione del socio di SRL
Deve ritenersi quasi fisiologico che il socio chieda “notizie sullo svolgimento degli affari sociali” e di “consultare libri sociali e altra documentazione pertinente all’amministrazione” in termini abbastanza generici, e comunque senza essere in grado di indicare “concreti fatti di amministrazione” e “specifiche scelte”, poiché egli per definizione “non partecipa all’amministrazione” e ha diritto di accedere per colmare le proprie lacune e ridurre l’asimmetria informativa rispetto agli amministratori.
Come regola di massima, oltre ai libri sociali, sono chiaramente accessibili le scritture contabili che la società è tenuta ad avere per natura e dimensioni, le quali rappresentano l’ossatura portante della contabilità d’impresa che, secondo la letteratura di settore, deve permettere “la completa, tempestiva e attendibile rilevazione contabile e rappresentazione dei fatti di gestione; – la produzione di informazioni valide e utili per le scelte di gestione e per la salvaguardia del patrimonio aziendale; – la produzione di dati attendibili per la formazione del bilancio d’esercizio”. Egualmente deve ammettersi – salvo richiedere maggior specificità nella richiesta in funzione delle particolari dimensioni della società – la consultazione della documentazione fiscale (previdenziale, ecc.) nonché degli estratti conto, una volta che sia indiscusso che la società ha conti correnti aperti presso una o più banche. Altri documenti, che la società non sia obbligata a tenere, non possono formare oggetto di un’istanza di provvedimento ex art. 2476 c.c., salvo che il socio istante circostanzi la sua richiesta, offrendo elementi di prova dell’affare sociale a cui la richiesta si riferisce e-o che negli atti della società esiste documentazione di tale affare
Responsabilità degli amministratori di società fallita per irregolare tenuta delle scritture contabili
Può affermarsi la responsabilità dei componenti del consiglio di amministrazione di società a responsabilità limitata per aver redatto scritture contabili non in conformità alle indicazioni impartite nel Codice civile e nei criteri generali di redazione del bilancio, con conseguente mantenimento fittizio del capitale sociale e prosecuzione dell’attività sociale, omettendo l’adozione dei provvedimenti previsti dal Codice civile a fronte dell’integrale perdita del capitale sociale registrata, violando così l’obbligo di conservazione del patrimonio sociale. Non osta a questa conclusione il principio secondo cui l’attività d’impresa sarebbe intrinsecamente connotata da rischio d’impresa, ovvero la considerazione per cui gli amministratori avrebbero avuto contezza della perdita del capitale solo con l’esercizio di bilancio in data successiva, tenuto conto di quanto innanzi evidenziato secondo cui la condotta di mala gestio è costituita in primis nell’errata tenuta delle scritture contabili.
Onere della prova nell’azione di responsabilità contro gli amministratori
L’inottemperanza agli specifici doveri imposti agli amministratori (dalla legge o dallo statuto) non giustifica di per sé la condanna al risarcimento del danno, laddove non sia dimostrato – da parte del Curatore – che quelle violazioni hanno cagionato un pregiudizio alla società, di cui occorre non solo la mera allegazione, ma rispetto al quale va identificata anche l’entità della incidenza risarcitoria. [ LEGGI TUTTO ]
Omessa o irregolare tenuta delle scritture contabili e fallimento della società
La totale assenza di contabilità sociale o la tenuta della stessa in modo sommario giustifica l’esercizio dell’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori ex art. 2392 c.c., trattandosi di violazione di specifici obblighi di legge idonei a tradursi in un pregiudizio per il patrimonio sociale.
Azione individuale del creditore nei confronti dell’amministratore per atti diminutivi della garanzia patrimoniale generica
Deve ritenersi ammissibile l’azione del creditore proposta nei confronti dell’amministratore di s.r.l., dovendosi ritenere gli atti diminutivi della garanzia patrimoniale generica realizzati in pregiudizio dei creditori, con dolo o colpa degli amministratori, quali casi di responsabilità per lesione aquiliana di diritto di credito. [ LEGGI TUTTO ]
Diritto del socio di s.r.l. di consultare la documentazione sociale e obblighi di adempimenti contabili
La doverosità o meno di adempimenti contabili a carico di una s.r.l. non può essere accertata in via cautelare, facendo il socio valere il diritto alla consultazione della documentazione contabile dell’art. 2476 c.c.