Art. 2270 c.c.
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Sulla legittimazione a chiedere la revoca dei liquidatori di s.n.c. da parte degli eredi del socio defunto
La legittimazione a chiedere la revoca dei liquidatori da parte degli eredi del socio defunto, pure esclusa in via di principio qualora essi non abbiano acquisito la qualità di socio, può tuttavia essere ricavata in via surrogatoria, tenuto anche conto del regime previsto dall’art. 2270 c.c. a tutela dei creditori del socio e del loro diritto di chiedere la liquidazione della quota dello stesso, dalla disciplina dell’art. 2900 c.c., attivabile, anche in via di urgenza, dagli eredi del socio ogni qual volta non residuino soci superstiti che possano agire per la revoca di liquidatori negligenti ovvero esercitare l’azione risarcitoria nei loro confronti, non quali soci della s.n.c., non essendo subentrati nella società in tale veste ex art. 2284 c.c.
Sequestro conservativo di quote a seguito del fallimento della società
Nel caso in cui, a seguito della perdita integrale del capitale sociale, l’assemblea non adotti gli opportuni provvedimenti (ossia non deliberi la riduzione con contestuale aumento, lo scioglimento o la trasformazione), è esclusiva responsabilità dell’amministratore procedere ad accertare tempestivamente la sussistenza della causa di scioglimento e provvedere all’iscrizione dello scioglimento al registro. Non può invece configurarsi una responsabilità dei soci che, anziché provvedere agli adempimenti imposti dalla legge, abbiano riportato a nuovo la perdita di esercizio che erodeva completamente il capitale sociale.
Rientra pacificamente tra gli atti conservativi che possono essere compiuti dal creditore particolare del socio anche il sequestro conservativo di cui all’art. 671 c.p.c. sulla quota di liquidazione spettante al socio.
Le sezioni specializzate non sono competenti a conoscere della domanda di revocatoria degli atti di donazione di quote, in quanto l’art. 3, comma 3 del D.lgs. n. 168/2003 (nel prevedere la competenza delle sezioni specializzate anche per le cause e i procedimenti che presentano ragioni di connessione con quelli di cui ai commi 1 e 2) deve esser interpretato in maniera restrittiva e riguarda quindi le sole ipotesi di connessione forte, rimanendo sottratta all’ambito della norma citata tanto la connessione propria debole per titolo od oggetto ex art. 33 c.p.c., quanto la connessione c.d. “impropria” o per mero cumulo oggettivo di domande diverse proposte nei confronti della stessa parte.
Domanda di liquidazione della quota del debitore da parte del creditore particolare del socio
Nelle società di persone, per il socio che conferisce unicamente la propria opera, il criterio di ripartizione dei guadagni e delle perdite stabilito dall’art. 2263, co. 2, c.c. vale anche al momento dello scioglimento della società, ai fini della determinazione della quota da liquidare al socio predetto. Pertanto, qualora sia stata pattiziamente riconosciuta al socio d’opera parità di diritti nella ripartizione dei guadagni e delle perdite, siffatto criterio dev’essere osservato anche nella liquidazione della quota del socio uscente al momento dello scioglimento del rapporto sociale. Soltanto se manchi tale determinazione convenzionale, il valore della quota già spettante al socio conferente la propria opera è – ai fini della sua liquidazione – fissato dal Giudice secondo equità in base alla situazione patrimoniale della società nel giorno in cui si è verificato lo scioglimento.
Società occulta e onere della prova
Seppur la mancata esteriorizzazione del rapporto societario costituisca il presupposto indispensabile per l’esistenza di una società occulta, occorre sempre la partecipazione di tutti i soci all’esercizio dell’attività societaria in vista di un risultato unitario, secondo le regole dell’ordinamento interno, e che i conferimenti siano diretti a costituire un patrimonio “comune”, sottratto alla libera disponibilità dei singoli partecipi (art. 2256 c.c.) ed alle azioni esecutive dei loro creditori personali (art. 2270 e 2305 c.c.), l’unica particolarità della peculiare struttura collettiva “de qua” consistendo nel fatto che le operazioni sono compiute da chi agisce non già in nome della compagine sociale (vale a dire del gruppo complessivo dei soci) ma in nome proprio.
A tal fine, è quindi necessario provare l’unificazione della collettività dei soci (che si manifesta con l’attribuzione alla società di un nome, di una sede, di un’amministrazione e di una rappresentanza) e l’autonomia patrimoniale del complesso dei beni destinati alla realizzazione degli scopi sociali (che si riflette nell’insensibilità, più o meno assoluta, di fronte alle vicende dei soci e nell’ordine, più o meno rigoroso, imposto ai creditori sociali nella scelta dei beni da aggredire) e la distribuzione delle quote sociali.
Detta dimostrazione può derivare, oltre che da prove dirette specificamente riguardanti i suoi requisiti tipici (quali “l’affectio societatis”, la costituzione di un fondo comune, la partecipazione agli utili e alle perdite), anche da manifestazioni esteriori dell’attività di gruppo, quando esse per la loro sintomaticità e concludenza evidenzino l’esistenza della società anche nei rapporti interni.
Esclusione del socio di s.n.c.: diritto alla liquidazione della quota e agli utili. Risarcimento del danno per ritardata liquidazione.
Il diritto del singolo socio a percepire gli utili è subordinato, ai sensi dell’art. 2262 cod. civ. (applicabile in forza del richiamo di cui all’art. 2293), alla approvazione del rendiconto, situazione contabile che equivale, quanto ai criteri fondamentali di valutazione, a quella di un bilancio, il quale è la sintesi contabile della consistenza patrimoniale della società al termine di un anno di attività (in applicazione di tale criterio è stata confermata l’irrilevanza, ai fini di ritenere la sussistenza di effettivi utili rivendicabili dai soci, del contenuto delle dichiarazioni fiscali della società e, quindi, anche delle “variazioni in aumento” apportate ai sensi della normativa fiscale in tali dichiarazioni).
Snc e giusta causa di recesso
Il diritto di recesso per giusta causa, nella s.n.c. (ex 2285 c.c.), in conformità alla nozione delineata dalla giurisprudenza di legittimità (si veda Cass. 1602/2000), ricorre al verificarsi della violazione degli obblighi contrattuali da parte dei soci, oppure alla violazione dei doveri di fedeltà, lealtà, diligenza o correttezza coessenziali al substrato fiduciario che caratterizza il rapporto sottostante. Pertanto [ LEGGI TUTTO ]
Sas: morte dell’accomandatario, mancata sostituzione nel termine di sei mesi dal decesso e legittimazione a ricorrere per la nomina dei liquidatori
Al creditore di società in accomandita semplice è preclusa ogni iniziativa in tema di nomina dei liquidatori.