Art. 2378 c.c.
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Questioni in tema di sospensione di delibera self-executing e di delibera introduttiva di clausola compromissoria
L’art. 2378, co. 3, c.c., nel disciplinare il procedimento cautelare diretto ad ottenere la “sospensione dell’esecuzione della deliberazione”, non fa riferimento a quelle sole ipotesi in cui la delibera necessita di una fase strettamente materiale di attuazione della decisione, bensì ad una più ampia nozione di “efficacia” della deliberazione, rispetto alla quale l’esecuzione è un momento puramente eventuale. Alla luce di ciò, anche le delibere tecnicamente prive di esecuzione, cioè idonee a produrre effetti giuridici anche in assenza di una specifica attività esecutiva, possono essere sospese ex art. 2378, co. 3, c.c.
Il combinato disposto dell’art. 669-quater c.p.c. (“quando vi è causa pendente per il merito la domanda deve essere proposta al giudice della stessa.”) e dell’art. 35, co. 5, d.lgs.5/2003 (“la devoluzione in arbitrato, anche non rituale, di una controversia non preclude il ricorso alla tutela cautelare a norma dell’articolo 669-quinquies del codice di procedura civile”) impone di radicare la competenza sull’istanza cautelare ex art. 2378, co. 3, c.p.c. dinanzi al Tribunale investito della causa di merito, fino a quando lo stesso non si spogli della competenza ritenendo fondata l’eccezione di compromesso.
È nulla, in quanto avente oggetto illecito, la delibera assembleare con la quale si introduce nello statuto di una società una clausola compromissoria che attribuisca il potere di nomina degli arbitri a professionisti che, pur non rivestendo alcun ruolo all’interno della società, non forniscano le dovute garanzie di terzietà (in quanto tale delibera si pone in contrasto con l’art. 34, co. 2, d.lgs. 5/2003 il quale sancisce che “la clausola deve prevedere il numero e le modalità di nomina degli arbitri, conferendo in ogni caso, a pena di nullità, il potere di nomina di tutti gli arbitri a soggetto estraneo alla società”).
È allo stesso modo viziata da nullità per illiceità dell’oggetto la delibera con la quale vengono introdotte delle cause di esclusione del socio che non sono riconducibili a ipotesi di inadempimento degli obblighi derivanti dal contratto sociale, ma che si risolvono in inammissibili limitazioni del diritto dei soci di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti nei confronti della società.
Posizione del socio recedente e legittimazione all’esercizio dei diritti sociali
Si verifica un mutamento della posizione del socio rispetto all’organizzazione della compagine conseguente all’esercizio del diritto di recesso, in quanto dopo tale esercizio il socio – la cui manifestazione di recesso è irrevocabile trattandosi di un atto unilaterale recettizio – è titolare del solo diritto alla liquidazione della quota e quindi di un diritto di partecipazione per così dire affievolito. (Cfr. Trib. Roma 11.05.2005). [ LEGGI TUTTO ]
La contestualità del deposito del ricorso cautelare come presupposto necessario ex art. 2378, III comma, codice civile
L’art. 2378, III comma, c.c. stabilisce che l’impugnante può chiedere, mediante ricorso cautelare depositato contestualmente all’atto di citazione, la sospensione dell’esecuzione della deliberazione impugnata. La ratio è quella di evitare gli effetti distorsivi di una eventuale azione di sospensione della delibera sociale disgiunta dalla azione di annullamento della stessa. L’intenzione del legislatore è, quindi, che l’azione cautelare di sospensione della delibera possa vivere solo dentro il processo il cui oggetto sia la dichiarazione della sua eventuale invalidità. Evidentemente, questa precisa scelta, risponde alla logica di certezza dei rapporti giuridici e, prima ancora, della stabilità degli effetti delle decisioni assunte, che permeano l’intera disciplina del diritto societario, in funzione delle esigenze di certezza e stabilità dei traffici economici.
Il principio di contestualità va, quindi, letto in questa chiave: l’oggetto dei due accertamenti – quello cautelare in funzione di garanzia per gli effetti della pronuncia definitiva rispetto al rapporto sostanziale – deve coesistere e non può essere scisso; rimanendo inammissibile un giudizio cautelare tipico autonomo.
Scissione asimmetrica e manifestazione del consenso unanime ex art. 2506, co. 2 c.c. in sede non assembleare
Nella “scissione asimmetrica” – ossia quella in cui ad alcuni soci non vengono distribuite azioni o quote di una delle società beneficiarie della scissione, ma azioni o quote della società scissa – il consenso unanime richiesto dall’art. 2506, co. 2 c.c. si atteggia a diritto individuale dei soci ad accettare un particolare trasferimento di ricchezza che non rispetta il criterio della proporzionalità dell’assegnazione delle quote fra le varie società coinvolte.
Il consenso unanime condiziona l’efficacia ma non l’assunzione della delibera di approvazione del progetto di scissione asimmetrica, e non configura perciò un “co-elemento procedimentale della delibera”. Non è richiesto alcun quorum unanimistico all’adozione della decisione inerente alla scissione: ciò che è necessario è il consenso individuale del solo socio che subisce il sacrificio della perdita della propria qualità di socio di una delle società risultanti dall’operazione.
Il consenso prestato dal singolo socio, chiamato dunque a manifestarlo uti singulus e non uti socius, serve a realizzare la sua estromissione da una o più delle società partecipanti alla scissione, e potrebbe essere manifestato anche in sede non assembleare, purché in tempi, modalità e forme compatibili con la certezza degli effetti dell’operazione, anche a tutela dei terzi. La pacifica manifestazione del consenso all’operazione di scissione del socio in sede di accettazione della proposta giudiziale ex art. 185-bis c.p.c. non consente quindi più al medesimo di ritornare sui propri passi, al fine dilatorio di bloccare la riorganizzazione degli assetti societari.
Assemblea di S.r.l. e potere di autoconvocazione dei soci in caso di inerzia degli organi sociali in carica
La previsione contenuta all’art. 2479, c. 1, c.c., in base a cui i soci decidono sulle questioni sottoposte loro dagli amministratori o dai soci che rappresentino un terzo del patrimonio sociale, deve essere intesa anche come facoltà dei soci che detengano la predetta soglia di capitale di convocare un’assemblea in mancanza di iniziativa da parte degli organi sociali in carica.
La cautela nella fase pre-assembleare
Anche la semplice convocazione dell’assemblea per deliberare l’esclusione di un socio legittima la richiesta di un provvedimento cautelare pre-assembleare qualora sia già palese la volontà dei soci in merito alla decisione da assumere (nel caso di specie, parte ricorrente lamentava la nullità della clausola statutaria ex art. 2437-bis c.c. in ragione della sua «genericità»). [ LEGGI TUTTO ]
Congruità del compenso dell’amministratore e divieto di concorrenza al socio uscente
La delibera che determina il compenso dell’amministratore è legittima se il compenso, pur generoso, è in conformità alla precedente prassi della società.
In assenza di espresso divieto nello statuto o nell’atto di cessione, [ LEGGI TUTTO ]
Consumazione degli effetti dei provvedimenti cautelari preassembleari al termine dell’assemblea cui si riferiscono
La sospensione cautelare degli effetti di una deliberazione consiliare (con la quale si designava chi avrebbe dovuto presiedere una futura assemblea) nonché i provvedimenti necessari adottati nell’imminenza della medesima assemblea sono da revocarsi nel momento in cui l’assemblea in questione risulta conclusa, essendosi esaurita qualsiasi residua efficacia vincolante dei predetti provvedimenti cautelari. [ LEGGI TUTTO ]
Impugnazione di delibere assembleari in tema di bilancio, nomina amministratori e aumento di capitale. Abuso di maggioranza.
Il termine di impugnazione della delibera di nomina degli amministratori decorre dalla data di assunzione della delibera stessa, e non dal momento in cui gli amministratori nominati depositano l’accettazione della propria nomina nel registro delle imprese ai sensi dell’art. 2383 c.c.
Annullabilità della delibera assembleare di società cooperativa
È annullabile, secondo quanto previsto dall’art. 2377, co. 2, c.c., la delibera dell’assemblea di società cooperativa a responsabilità limitata adottata con il voto determinante di soggetti che, alla data dell’assemblea, non risultavano ancora iscritti quali soci nel registro delle imprese, in quanto adottata in violazione dell’art. 2538, co. 1, c.c., il quale sancisce che “nelle assemblee hanno diritto di voto coloro che risultano iscritti da almeno novanta giorni nel libro dei soci.”