Art. 2378 c.c.
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Esclusione del socio di società cooperativa per grave inadempimento
In tema di società cooperativa, le cause di origine convenzionale di esclusione di un socio devono essere indicate nello statuto in modo tassativo e non generico, al fine di evitare un’eccessiva discrezionalità dell’organo amministrativo e, pertanto, quando un’ipotesi di esclusione fa riferimento alla gravità dell’inadempimento è necessario che sia indicato chiaramente sia la prestazione richiesta, sia la gravità dell’inadempimento stesso.
Determinazione del compenso degli amministratori di società di capitali
In base al combinato disposto degli artt. 2364, co. 1, n. 3, e 2389, co. 1, c.c., la determinazione del compenso degli amministratori di società per azioni è rimessa in primo luogo all’atto costitutivo e, solo ove esso non provveda, all’assemblea ordinaria. Resta di conseguenza escluso che l’assemblea possa accordare agli amministratori un compenso ulteriore rispetto a quello già previsto dallo statuto, senza una apposita modifica di questo.
La disciplina dettata in materia di compenso degli amministratori nella s.p.a. è applicabile anche alla s.r.l.
Il periculum in mora nella sospensione dell’esecuzione della delibera assembleare
Ai fini dell’accoglimento della domanda di sospensione cautelare di una delibera assembleare, l’art. 2378 c.c. stabilisce che debba farsi luogo alla comparazione fra due situazioni di pregiudizio fra loro opposte, derivanti l’una dalla esecuzione e l’altra dalla sospensione della delibera impugnata. Tale quadro normativo sottende un generale interesse della società alla stabilità delle delibere impugnate (a prescindere dal loro contenuto), interesse che è destinato a cedere soltanto di fronte al fatto che il pregiudizio del socio (derivante dall’esecuzione della delibera) sia maggiore di quello della società (derivante dalla sospensione della stessa). In tale ricostruzione normativa non può trovare spazio un interesse in astratto della società alla legittimità di una certa categoria di delibere [nel caso di specie, quella di nomina dei liquidatori]. L’ipotetica sussistenza di tale interesse comporterebbe, infatti, che per tale categoria di delibere, verrebbe meno la necessità di operare la comparazione dettata dall’art. 2378 c.c., essendo sufficiente, per disporne la sospensione, la mera sussistenza del fumus bonis iuris, che fonderebbe al contempo l’interesse della società alla sospensiva. Ciò si pone però in diretto contrasto con la disposizione dell’articolo in esame che in nessun caso prevede che la sospensione possa essere disposta in presenza del solo fumus boni iuris, prescindendo dalla suddetta valutazione comparativa.
Sospensione della delibera assembleare mediante ri-deposito dell’atto di citazione, inesistenza e nullità della delibera
La norma di cui all’art. 2378, co. 3, c.c prevede, per l’ottenimento del provvedimento di sospensione della delibera impugnata, il deposito di un ricorso contestualmente al deposito dell’atto di citazione. Qualora l’istanza di sospensione venga avanzata mediante il ri-deposito del medesimo atto di citazione, devono ritenersi comunque salvi gli effetti sostanziali e processuali dell’atto qualora questo contenga tutti gli elementi ed è stato anche ritualmente notificato, unitamente al decreto di fissazione di udienza, alla controparte.
La fattispecie dell’inesistenza della delibera assembleare sussiste solo quando la delibera assembleare di una società di capitali risulta assunta con la sola partecipazione di soggetti privi della qualità di socio.
Laddove l’art. 2479-ter, co. 3, c.c. contempla, tra i casi di nullità della delibera, il difetto assoluto di informazione, tale norma si riferisce esclusivamente al difetto assoluto di convocazione. Diversamente, quando la carenza non sia “assoluta” essendovi stata convocazione, ma sussiste un deficit informativo, il vizio potrà al più portare all’annullabilità, ma non alla nullità della delibera.
Sospensione cautelare dell’esecuzione della delibera assunta senza il rispetto del quorum richiesto dallo statuto
Ai fini della determinazione del quorum deliberativo, si deve tenere conto anche delle partecipazioni possedute dal socio votante che versi in conflitto di interessi qualora si consenta a quest’ultimo di esprimere il proprio voto. Invero, tale situazione deve essere fatta valere in assemblea, non potendo rilevare in un successivo giudizio qualora si sia permesso al socio di votare.
La corretta qualificazione giuridica del ricorso cautelare di sospensione dell’esecuzione della delibera proposto al giudice anziché al presidente del tribunale (e contestualmente all’ instaurazione del procedimento arbitrale in adempimento alla clausola compromissoria statutaria) è di ricorso cautelare ex art. 2378 c.c. e non come generico ricorso ex art. 700.
Inammissibilità della richiesta di sospensione della delibera assembleare ex art. 700 c.p.c.
L’art. 2378, co. 3 c.c., richiamato per le s.r.l. dall’ultimo comma dell’articolo 2479-ter c.c., prevede che, con ricorso depositato contestualmente al deposito della citazione avente ad oggetto l’impugnazione della delibera assembleare, l’impugnante possa richiedere la sospensione della delibera impugnata. A fronte di tale previsione, che contempla un apposito rimedio cautelare deputato alla sospensione della delibera contestuale alla proposizione del giudizio di impugnazione, deve essere esclusa, per difetto di residualità, l’ammissibilità di una istanza cautelare ex art 700 c.p.c. con cui venga richiesta in via cautelare – in difetto di instaurazione del giudizio di impugnazione della delibera – la mera sospensione dell’efficacia della delibera assembleare, senza che vi sia stata adeguata prospettazione delle ragioni di eccezionale urgenza che non consentirebbero di attendere l’instaurazione del giudizio di merito per proporre la richiesta di sospensiva.
Sospensione di delibere assembleari di s.p.a.
Annullamento della delibera assembleare assunta con il voto di un socio in conflitto di interessi
L’annullamento della delibera ex art. 2373 c.c. richiede, oltre all’esistenza del conflitto di interessi, due distinte condizioni, che devono sussistere entrambe: la decisività del voto espresso dal socio in conflitto di interessi e la dannosità, almeno potenziale, della deliberazione medesima per la società. Ai fini dell’annullamento della delibera è, pertanto, irrilevante che la medesima consenta al socio il conseguimento di un suo personale interesse (ovvero anche dell’interesse di un terzo il cui medesimo socio sia portatore) se, nel contempo, non risulti pregiudicato l’interesse sociale. Il vizio rilevante ai fini dell’annullamento di una deliberazione assembleare ricorre solo nel caso in cui la delibera medesima sia diretta al soddisfacimento di interessi extra-sociali, in danno della società.
In relazione alle deliberazioni assunte dalla universalità dei soci, in presenza di tutti i componenti del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale è escluso in radice che sia stato arrecato alcun vulnus di natura informativa e che, per l’effetto, la decisione non sia stata regolarmente adottata.
Il perimetro applicativo di una clausola compromissoria contenuta in uno statuto
Nel perimetro applicativo di una clausola compromissoria contenuta nello statuto che devolve al giudizio di arbitri ogni controversia insorta tra società, soci, amministratori e liquidatori in dipendenza dell’atto costitutivo e dello statuto rientra anche la controversia avente ad oggetto la validità di delibere assembleari impugnate da un individuo nella sua pretesa qualità di socio per successione ereditaria, prospettando violazioni di posizioni giuridiche attinenti esclusivamente alla sua sfera individuale e che, quindi, non investono diritti indisponibili. L’indisponibilità del diritto conteso costituisce l’unico limite posto all’autonomia negoziale nella devoluzione agli arbitri della risoluzione delle controversie nascenti dal vincolo societario e previsto dall’art. 34, co. 1, del d. lgs. 5/2003.
Impugnativa della delibera di messa in liquidazione e cessazione della materia del contendere per revoca dello stato di liquidazione
Con la revoca dello stato di liquidazione viene meno la delibera di messa in liquidazione della società, la quale torna a tutti gli effetti in attività.
L’abuso della maggioranza consiste nell’esercizio arbitrario e fraudolento del diritto di voto per finalità di perseguimento di interessi divergenti da quelli della società, ovvero di lesione degli interessi dell’altro socio, essendo invece irrilevante la sussistenza di interessi confliggenti dei soci.